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e disegnato ha alcune volte per ricompensa torgli un paese suo sopra Sona, che si chiama la Bressa, contermino a Lione ed a Ginevra, che è fortissimo, nel qual pretende egli aver ragione di successione di sua madre '. Ha anco l'occhio sopra a Ginevra ',e già vi ha mandato monsignor

A migliore intelligenza di questi fatti rechiamo qui la parte che ci bisogna della genealogia della casa di Savoja.

Amedeo VIII, primo duca per creazione dell' imperatore Sigismondo nell'anno 1416, quello stesso che abdicò il trono, e poi fu papa, sotto il nome di Felice V, e quindi abdicò pure il papato, ebbe per successore il duca Luigi che mori nel 1465, lasciando due figli Amedeo e Filippo.

Amedeo primogenito, nono det nome suo, mori nel 1472.
A lui successe il suo figliuolo Filiberto I che mori nel 1482.
A questi successe il fratello Carlo 1 che mori nel 1489.

A questi successe suo figlio Carlo II, morto senza prole nel 1495.

Nell'epoca della morte di quest'ultimo viveva ancora Filippo, il fratelio minore di Amedeo IX il quale per dissapori avuti col padre, col fratello e coi nipoti vivevasi ritirato in Francia, ove nel 1471 aveva sposato Margherita di Borbone, della quale aveva avuto due figli, Filiberto e Luisa, e nel 1485 era passato a seconde nozze con Claudia di Brosse, della quale aveva avuto altri sei figli. Morto Carlo II fu egli dunque per legittima successione chiamato al trone; ma la tarda età non gli permise di goderlo che un'anno. A lui successe il figlio suo del primo letto Filiberto II, il quale morì senza figli nel 1504, passando la corona a Carlo, che fu il terzo del nome suo, primogenito dei figli della seconda moglie di Filippo. Quest'ordine di successione fa manifesto che Francesco I di Francia non aveva alcuna legittima pretensione a tutta o parte delia successione di Savoja, ove erano in vigore gli statuti medesimi della legge Salica di Francia, e i titoli medesimi della dote di sua madre, ch'egli pur mise innanzi, erano ingiusti perchè la stessa Luisa vi aveva già rinuziato con atto autentico del 10 settembre 1523, per il quale anzi dichiarava, quantunque non fosse mestieri di tal dichiarazione, di rinunziare altresì ad ogni altro diritto ch'ella potesse emettere contro la casa di Savoja. (Guichenon, Preuves, Par. IV.) L'unico diritto di Francesco I era l'odio concepito contro il duca di Savoja, e la comodità che dal possesso degli stati di lui sarebbe stata per derivargli ai suoi disegni in Italia. Ci resta a dire che il paese di Bresse era un' antico possesso dei conti di Savoja, e che fu tenuto da Filippo fratello d'Amedeo per tutto il tempo del suo allontanamento dalla famiglia.

2 Come abbiamo detto nella Relazione precedente, pag,78-79, la città di Ginevra erasi ribellata ai duchi di Savoja, e il 27 agosto 1535, per una solenne deliberazione aveva adottati i principj della riforma religiosa ed abolito il culto e l'esercizio della religione cattolica. Ciò la teneva in guerra col duca

il quale

di Vera, savoino, suo gentiluomo di camera ', par aver reputazione in quei luoghi. Questi avendo dimandato la compagnia del signor Renzo, d'ottanta uomini d'arme ed arcieri cento cinquanta, al luogotenente della provincia, con lettere credenziali del re cristianissimo all'istesso, dai paesani ed alcuni soldati del duca che tenevano l'ossidione del territorio di Ginevra, guardando i passi stretti, sono stati disfatti di sorte che non sono ritornati cavalli cento cinquanta. Tutti gli altri sono stati fatti prigioni, si che furono presi più di cavalli duecento, ed ottanta uomini da bene 3. Per

di Savoja, che voleva pure riporla sotto la sua potestà. Ora Francesco I, il quale faceva abbruciare gli eretici nel proprio regno, ma li favoriva all'estero per tutto ove un interesse politico lo consigliasse, pensò volgersi in soccorso dei Ginevrini, come in questo luogo nota la Relazione.

Francesco di Montbel signore di Veray.

2 Lorenzo Orsini signore di Ceri, più comunemente conosciuto sotto la denominazione di Renzo di Ceri. Fu condottiero di molto valore. Militò durante la lega di Cambray agli stipendj de' Veneziani, e si distinse negli assedj che sostenne in Crema ed in Bergamo. Ma disgustato dell' Alviano, che si era mostrato pure nemico del conte Niccola di Pitigliano suo cugino, passò nel 1515 al servizio di Leone X, e condusse per lui la felice ma indecorosa impresa di Urbino. Dopo la morte di Leone militò agli stipendj di Francesco I, e si segnalò nel 1524 nella difesa di Marsilia contro il contestabile di Borbone comandando un corpo che fu già di sette mila ed era allora di quattro mila Italiani, la più parte fuggitivi per ragione politica dalla lor patria. Nel 1527 accorso in Italia alla difesa di Roma minacciata dallo stesso contestabile fu meno felice per la viltà del popolo del quale gli fu mestieri valersi. Ritiratosi in Barletta, ivi difese lungamente la parte dei Francesi; finchè astretto a ripararsi di nuovo in Francia, servi Francesco fino al 20 gennajo 1536, nel qual giorno morì cadendo da cavallo in una partita di caccia.

3 Guichenon uarra il fatto con qualche variante: « Le roi pour favori. a ser ceux de Geneve commanda à François de Montbel seigneur de Veray (a) gentilhomme de sa chambre de lever douze cent hommes de pied <«<en Lyonnais et de les mener à Geneve. Comme il fut en chemin près de

(a) E non Veretz, come scrive Du Bellay, che incorre troppo spesso in simili errori.

la qual cosa essendo andati i gentiluomini dell' una banda e dell'altra al re cristianissimo, ed al duca di Savoja, il re per lettere direttive a monsignor di Chalant, maresciallo della Savoja, fece intendere che non avea saputo cosa alcuna che questi suoi dovessero andare a Ginevra. Il duca di Savoja ha dimostrato di credergli; e ha deliberato di restituire gli uomini, e scusarsi di non poter restituire anco i cavalli, i quali di già sono dispersi in tali luoghi che non si possono più riavere, e quando pure a sua maestà piacesse, che egli glie li pagherà. E con questo ordine è andato il conte di Chalant per dirgli apertamente che egli non volea guerra con sua maestà, la quale gli è parente e padrone. Io, mò, nelle montagne scontrai seicento fanti da guerra che passavano per andare a Ginevra. Ed in conclusione, sino a che il duca di Savoja aderirà a Cesare, sarà sempre nemico di Francia, il quale per la debilità del suo stato e povertà sua, non può contrastare con il re di Francia: e stantibus rebus sic, se il re ha da cominciar guerra contra Italia, è opinione di tutti che la si comincerà in Savoja. Egià, o per dimostrazione di guerra, o per poter far pace con miglior condizione, il re cristianissimo ha mandato il signor Marcantonio Clurano (Clauran) al duca di Savoja, a fargli intendere che sua maestà voleva tutto quello che gli apparteneva, e che egli occupava; e che

« Salenone, le seigneur du lieu, fort affectioné au duc, avec quelques trou« pes du voisinage qu'il assembla tumultuairement, s'opposa à son passage; « et sur cela survint le comte de Chalant mareschal de Savoje qui donna « combat à Veray, le defit, et le fit prisonnier. Le roy piqué de cette de« faite envoya la compagnie des gens d'armes italiens entretenue en Frandont Rence de Cere, baron romain, etait capitaine; la quelle arrivée « au pays de Gex fut aussi taillée en pieces par le baron de la Serra. »

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(L.

per tal causa mandava monsignor Poieto del regio suo consiglio', a cui volesse far subita risposta: perchè altramente, non gliela dando, egli procederebbe in riavere il suo per altra via.

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Tiene questo re cristianissimo con Germani quanto più può stretta amicizia ed intelligenza. La causa per la quale questa amicizia si nutrisce è che il re conosce che se bene i principi germani sono congiunti con Cesare, e si partirono dalla confederazione ch'avevano con Francia (della quale loro s'escusano non aver mancato, perchè la confederazione ch'hanno con il re cristianis

3

« Maître Guillaume Poyet, président en la cour du parlement de Paris, et depuis chancelier le plus eloquent advocat de son temps, et « mieux parlant la langue française. » (Du Bellay ) Ne riparliamo altrove. • E fu la via della guerra, ma non senza aver prima adoperati i modi più insolenti per intimidire l'avversario. « Poyet arrivé, le duc lui donna au«diance en presence de son conseil: Poyet fit son discours avec beaucoup d'eloquence et de vehemence. Jean François Purpurat, president de Pie

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« mont lui repartit sur le champ, et allegua toutes les raisons et autorités « dont le duc se pouvait servir pour rabattre ses demandes et offrit d'en « faire valoir les titres: Mais Poyet qui avait sa leçon repartit ces mots « avec chaleur: il n'en faut plus parler ; le roy le veut ainsi. A quoi Pur« purat repliqua qu'il ne trouvait point cette loi dans ses livres. » (Guichenon, luog. cit.)

3 La lega di Smalcalda posandosi ed annunciandosi come corpo politico, ottenne ben presto il favore di Francesco I, che immaginò di valersene al suo costante fine di abbassare la potenza di Carlo V. E già per mezzo del suo abile negoziatore Guglielmo Du Bellay aveva posate le basi di un'alleanza tra la Francia e i principi protestanti di Germania coll'annuenza abbastanza esplicita del re d'Inghilterra, e del cattolico duca di Baviera, quando l'imperatore, misurando la portata di quei principj, sentì la necessità di recedere dalle severe determinazioni di Augusta, e di affrettare ad ogni prezzo un accomodamento tra lui e i dissidenti tedeschi. E deputato al langravio d' Assia l'elettore di Magonza ottenne, con assai larghe concessioni in tutto deroganti dalla severità degli ultimi editti, il ritorno, almeno apparente, dei principi collegati all'antica dipendenza da lui. E furono, oltre i capitoli di generale tollerenza, perdonate al langravio d'Assia le colpe capitali di fellonia, e rimesso in stato, come altrove abbiam detto, il duca Ulrico di Wirtemberg.

simo dicono non essere se non a mutua difensione), nondimeno pare a sua maestà che vedendo essi Cesare troppo grande, e temendo della libertà loro, faccia per loro tenersi amico il re di Francia, il quale solo li potria difendere. Poi, conosce che questi prencipi germani sono avari e poveri, e lui vuole esser molto largo con loro. Ma Vittembergh e langravio d'Assia, li quali in effetto sono mali uomini, e temono di Cesare per le molte querele avute o che potriano avere, non ponno fare che sempre non aderiscano al re di Francia, come quello che li mantiene in stato e reputazione. Donde viene che si dice che il re cristianissimo per tacita promissione di Vittembergh e del langravio, è per aver sedici mila fanti germani, ed altri dicono più, perchè hanno molti capitani, e tra gli altri principali il conte Guglielmo di Fustembergh, che fra' soldati germani ha grandissima reputazione. Li quali non hanno stati, e per consequente non hanno paura di perderli: stanno nelle terre franche, e non temono quelli comandamenti che vietano che fanti germani possano uscire a servizio di alcun estraneo prencipe'. E appresso il re cristianissimo è il figliuolo del duca di Vittembergh intertenuto da sua maestà onoratamente: ed ha de' franchi seimila l'anno.

Il Capefigue nel cap. XV. della sua storia della Riforma produce una lettera dello stesso langravio a Francesco I, da lui trovata tra i manoscritti di Béthune nella Biblioteca reale, che serve di mirabile confermazione a questo asserto dell'Ambasciatore: « La convention germanique n'entend de« roger en rien aux choses par nous traitées avec V. M., les quelles nous « voulons demourer saines et entières. Nous ne devons celler à V. M. que « hier et d'autres fois il nous sont venues nouvelles que nous pouvons « vous assurer d'avoir une partie des gens de guerre de tous les meil« leurs capitaines qu' eut jamais l'empereur, dont il s'est aidé à l'en« contre de votre ditte Majesté, tellement que, grace à Dieu, on en doit « bien esperer, »

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