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per tanti muli, carrette, lettiche, cavalli e servitori, che bisogna avere, pagando sempre il tutto quasi il doppio dell' ordinario.

La maestà sua, della prima figliuola del re Aluisi XII, che fu madama Claudia, ebbe tre figliuoli, Francesco, Enrico e Carlo; poi altrettante figliuole, Luisa, Maddalena e Margherita; ma ne è stato poco fortunato: perchè Francesco, che era il delfino, principe di grandissima speranza, morì del 1536 quasi senza male alcuno'; Luisa in età nubile mori con estremo dolor del padre, perchè era promessa all'imperatore; Maddalena morì regina di Scozia senza eredi; Carlo, che fu il duca d'Orliens, per chi si è fatta tanta guerra, e morto allora che doveva vivere, e pigliar il frutto delli travagli passati, quietando Italia e la cristianità tutta ad un tratto*; Margherita, di anni ventidue e forse più, stà senza marito, sebben in vero è degna di qualunque gran principe sia al mondo, per le preclare virtù sue, così di prudenza, modestia, come d'umanità e prontezza d'ingegno; ma sopra tutto erudita, e ben dotta nella lingua latina, greca, ed anche italiana3. E così pare che la buo

Vedi la nota prima a pag. 205.

La pace di Crepy (18 settembre 1544) per comporre terminativamente le contenzioni tra Carlo V e Francesco 1 intorno il Milanese e le Fiandre, aveva pattuito che il duca d'Orleans o sposerebbe la secondogenita del re Ferdinando con in dote il Milanese, ed allora la corona di Francia rinunzierebbe ad ogni titolo o diritto sopra le Fiandre, o sposerebbe la primogenita dell'imperatore con in dote le Fiandre, ed allora rinunzierebbe per sè e per i suoi ad ogni pretesa sul Milanese. I duca d' Orleans mori prima della conclusione di alcuno di questi due parentadi (9 settembre 1545); ma, nonostante i trattati, dubito forte che rimanendo egli in vita, Carlo V avesse rispettato le convenzioni.

3 Andette sposa, come altrove abbiam detto, il 27 giugno 1559, a Emanucle Filiberto di Savoja.

na fortuna che dovevano avere tutti gli altri, siasi ristretta ed unita in monsignor delfino presente, il quale dà con le virtù sue infinita speranza a' Francesi, che debba riuscir il più valoroso principe che sia stato in quel regno gia dugento anni; il che è grandissimo refrigerio a quei popoli, che mitigano il dolore di qualche avversità presente con la speranza del bene che ha da venire. Questo principe è di anni ventisette', fortissimo di corpo; e riesce nelli esercizii dell' armi benissimo. È di complessione alquanto malinconica; non è molto bel parlatore, ma risponde risolutamente; e osserva quel che dice etiam mordicus, perchè è molto fisso nelle opinioni sue. È di mediocre ingegno, più presto tardo che pronto; la qual sorte d'uomini suole riuscire molte fiate benissimo, maturando tardi, come li frutti dell' autunno, e così portano più commodità al mondo, che la prestezza delli frutti di primavera o dell' estate. Disegna questo signore aver piede in Italia, perchè non è stato mai d'opinione che si ceda il Piemonte. Intrattiene gli Italiani che della patria sono mal contenti; e spende il danaro con gran misura, ma molto onoratamente. Non è molto dedito a donne: solo si contenta della moglie, e della pratica e conversazione della gran siniscalca di Normandia', donna di quarantotto anni. Però alcuni credono che questo amore, ch'è grandissimo, non

Era nato il 13 marzo 1519.

La miglior parte del Piemonte era stata conquistata dai Francesi fino dal 1536, nel bel principio delle nuove guerre ricominciate tra la Franc.a e l'Impero in occasione della morte del duca di Milano. La pace di Crepy nou risguardò in modo definitivo gli affari di quel ducato, che non fu restituito al suo legittimo principe se non nel 1559 per la pace di Castel Cambrese, dopo ventitre anni di dominio straniero.

3 Diana di Poitiers.

sia lascivo, ma come materno filiale, avendo la detta dama pigliato carico d'instituire, correggere, avvertire, ed eccitare esso monsignor delfino a pensieri e operazioni degne di tal principe. E in fatti gli è riuscito bene, perchè di burlatore e vano che era prima, di un voler poco bene alla sua moglie, e qualche altro errore giovinile, ora è fatto del tutto contrario a quel che era. E gli esercizii di guerra, e esservi in persona, gli piacciono sommamente: ed è giudicato da ogn' uno molto ardito, come ne diede prova a Perpignano, ed in Schampagna.

L'animo, mò, che abbia sua maestà cristianissima verso i principi del mondo, non saprei io già affermare qual si fusse, perchè il volere degli uomini, massime principi, è quasi impossibil cosa a sapere. Pur dagli effetti se ne può avere qualche argomento, essendo la natura di questo principe altera, brava, libera, e molto schietta, e quella dell'imperatore, parte simile quanto alla bravura e alterezza, parte contraria quanto a qualche altra cosa. Però credo certissimo che vi sia

I discreto ambasciatore cuopre di un assai modesto velo un fatto beu altrimenti giudicato dal più degli storici. L'amore che corse tra Diana ed Enrico non fu tanto materno-filiale quanto egli mostra di credere, se è vero, come pare innegabile, che di lei sortisse quella figlia naturale di Enrico, per nome Diana essa pure, che fu data in moglie ad Orazio Farnese duca di Castro, ed in seconde nozze a Francesco figliuolo del contestabile Anna' di Montmorency. Questa corrispondenza di amore fu certamente singolare in tanta sproporzione di età, e tale da far dubitare ai più gravi contemporanei che Diana avesse ricorso alla potenza degli incantesimi per mantenerla. Dice De Thou: « Diana, cum jam inclinata esset ætate philtris et magicis, « ut creditur, artibus, adeo sibi animum Henrici devinxit, ut is nunquam « alienata voluntate ad exitum usque vitae in amore illo costanter perseve«raverit. » (L. III) Noi peraltro più volentieri ci appaghiamo di quella spiegazione che Brantôme trae dalla considerazione della di lei straordinaria bellezza.

fra le lor maestà più parentado che amore: anco perchè, misurando li principi l'amore e l'odio suo con gli altri dall' utile proprio, e non dalla conformità dei costumi nè dalla dolcezza del vivere insieme, come fanno li privati, penso che questi grandi si voglino poco bene insieme, tirando ogn' uno di loro al suo profitto e commodo. E se pur talora si servono del mantello dell'onestà e della giustizia, lo fanno solo per coperta; ma il didentro è l'utile e commodo proprio. E però se venirà tempo mai, che il presente re, o suoi posteri, possino muovere le armi con speranza di recuperare Milano, Artois, Napoli, Rossiglion, e forse Navarra, lo faranno molto gagliardamente. Siccome faria all' incontro l'imperatore per avere Borgogna e Provenza, sopra le quali pretende, per eredità, ragione. Le quali radici, tanto verdi negli animi di questi dui, si può tener per certo che ogni tratto debban far sentire al mondo qualche acerbo frutto. Oltra che non solo tra questi dui principi si tratta di qualche stato particolare, ma ad un certo modo della superiorità ed arbitrio della cristianità. *

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Col serenissimo d'Anglia3, oltra che quelle due nazioni si odiano sommamente, i loro re sono al presente poco amici. E sebbene sia disceso questo re d'Inghilterra dalli conti di Bles (Blois), di nazione francese, e già successori di quel regno per un'altra linea pur fran

■ Sulla Borgogna per eredità di Maria sua avola, figliuola di Carlo il Temerario; sulla Provenza, per gli antichi diritti dell'Impero sul reguo d'Arles. Vedi Bouche Hist. de Provence L. X. e Nostradamus Hist. de Provence P. VII.

Francesco I morì il 31 marzo dell'anno appresso, ma le ostilità nou tardarono gran fatto a rinnovarsi tra il di lui figliuolo Enrico e l'Impero. 3 Enrico VIII.

cese, che furono li duchi di Normandia '; non tiene però quel conto e quell' estimazione della casa di Francia che si deve. E per dir il vero, sebbene è stato forzato unirsi con Cesare contra il re cristianissimo per riaver li suoi crediti, che mai gli sono stati pagati *, nondimeno vedendo che il re cristianissimo sta con Cesare come quasi la starna sotto il falcone, lui spera che quella tema lo faccia star tanto quatto che gli possa correre sopra senza che si muova, nè risenta. E qui laudisi il negoziar degli Inglesi ad sidera, li quali, finchè hanno occasione, non temendo nè della rovina del re cristianissimo nè della

Questa derivazione è inesatta. I Tudor, della qual casa furono Enrico VII ed Enrico VIII, derivavano bensì dalla famiglia di Normandia, ma non dai conti di Blois, che ne interruppero solo per un'istante la successione. Ecco la esatta genealogia.

Guglielmo il Bastardo duca di Normandia, nel 1066, colla vittoria d' Hasting s'impadroni del regno d'Inghilterra.

A lui, morto nel 1087, successe Guglielmo Il suo figliuolo.

A questi, morto nel 1100, successe Enrico 1, morto nel 1135, lasciando, unica prole, Matilde.

Enrico ebbe una sorella, Adelaide, la quale sposò un conte di Blois, di cui ebbe Stefano, che nella morte di Enrico I usurpò la corona a Matilde, legittima erede; ma venuto egli a morte nel 1154 senza discendenza maschile, la corona tornò nella linea di Guglielmo il Conquistatore nella persona di Enrico II figlio di Matilde e di Goffi edo Plantagenet conte di Angiò. Questa famiglia regnò trecento trentun'anni dando all'Inghilterra, del sangue suo, quattordici sovrani; all'ultimo de' quali, Riccardo III, successe Enrico VII primo re della casa dei Tudor, perchè nato di una Plantagenet o Angiojna, Margherita Beaufort, e di Edmondo Tudor, figlio di Owen gentiluomo del paese di Galles che fu marito della vedova di Enrico V. Enrico VII morì nel 1509, succedendogli il suo figliuolo Enrico VIII. L'oratore avrebbe dunque dovuto dire questo re discendente non dai conti di Blois, ma dai conti di Angiò, francesi, successori in quel regno ai duchi di Normandia.

2 Si allude a due milioni di scudi d'oro che la Francia si era obbligata di pagare all'Inghilterra, pel trattato di Moore del 30 agosto 1525, quando, essendo Francesco I prigioniero a Madrid, Enrico VIII, adombrato del soverchio ingrandimento di Carlo V, propose alla reggente la sua amicizia, che non poteva allora credersi pagata mai troppo cara.

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