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si averia poi a chi commettere tali carichi: tanto sono inveterati questi errori. E tutto procede dal prodigo vivere de' Francesi, li quali spendendo in un tratto il suo, sono sforzati pensare a quel d'altri. E però il parco e il civil vivere di questa eccellentissima republica si deve conservare con ogni studio, perchè è utile non solo al privato ma al publico.

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La fanteria di che si serve il re ora è Guascona e d'altre parti di Francia, poi d' Alemagna. E par quasi che de' Svizzeri non si voglia prevalere se non in caso di estremo bisogno. Di Spagnuoli non si fida: d'Italiani è chiarito, come molti altri principi, che ( per dapocaggine e avarizia delli capi) sia fatta dannosissima milizia, e sia come un' armatura di piombo, che quanto al peso è grave come di ferro, quanto al difendere non è poi di profitto alcuno. Di modo che quelli capi ita

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1 Però nel 1542, nel principio dell'ultima guerra, n'aveva quattordici mila, se Du Bellay (L. IX ) dice il vero, come non dubito.

Du Bellay non la intendeva così. « Le seigneur P. Strossy ayant «< amené trois cents soldats toscans tous signalés, ayant été ou capitaines,

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<< ou lieutenants, ou enseignes: et étaient armés de corselets dorés, avecque chacun un cavalin vite et dispos: les deux partis portant la pique et la « tierce, l'arquebuse allant toujours avec les coureurs. Et s'il était besoin « de combat ou d'assallir un fort, ou garder un passage, ou le conquérir, << soudain se mettaient à pied; et ne leur fallait nul sergent pour se met« tre en bataille, parce que d'eux-mêmes chacun savait ce qu'il avait à fai<< re, car ils avaient tous commandé. » ( L. II.) E altrove: « On tira des compagnies de gens de pied tant français qu'italiens, jusqu'au nombre de

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« sept ou huit cents archiers, lesquels se jetèrent devant la bataille pour « enfants perdus. » E più oltre: « La fuite des Gruyers ébranle même les « soldats italiens. » Ma Du Bellay, più tenero dell' onore italiano che questo ambasciatore non paja, soggiunge: « Cinq enseignes de gens de « pied italiens, lesquels étaient des plus aguerris de notre armée, de sorte « que s'ils eussent été au bataillon des autres Italiens ou Gruyers, on peut « estimer qu'il n'eût été ainsi renversé qu'il fut. » E descrivendo un'altro fatto d'arme, lo storico francese, con quella buona fede e semplicità della

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liani che servono ora il re in Francia, servono come ingegnieri e architetti, o vero con la persona sola: nè averanno mai le compagnie in essere, se non a qualche guerra d'Italia, d'Italia, più per intertenimento e per mostrare di confidare nella nazione, che per speranza d'alcuno buon servizio. La causa di questo disordine e vergogna sono stati li capitani, li quali per aver maggior carico e condotta, si hanno offerto condur più soldati di quello che erano le forze e seguito loro, di modo che erano forzati pigliar ogni vil canaglia. Oltre che, per rubare assai, ritengono e ingannano li soldati delle paghe e capi soldi promessi: li quali non essendo pagati, si fan lecito di essere transfugi d'una ad altra fazione, rubare e rovinar li sudditi che dovrebbono difendere, c far ogn' altro male per grande che 'l sia. A tale che quella gente che per il passato con buona disciplina e ordini ha soggiogato il mondo, ora, pel mal governo, è rifiutata da tutti per inutile e vergognosa. La qual cosa, se a principe alcuno importa, ed è degna di diligente considerazione, credo che a vostra serenità sia importantissima, avendo tanta e così buona parte del dominio suo in Italia, ed essendo astretta nelli suoi bisogni servirsi e difendersi con milizia italiana : la quale quando non sia fedele e buona, indarno si averiano fatte tante muraglie e balovardi, e tante spese e fatiche. E se si dicesse che in caso di necessità concorreranno genti da ogni banda e forestiere ed elette, risponderei che non fusse molto sicura cosa fondarsi su questo; ma più

quale sembra oggi perduta la traccia, osserva: « Même nos Italiens s'en alle rent en confusion..... Et si je pense qu'il y avait autant de bons soldats qu'il en fut par l'heure en Europe. »

Du Bellay ne nomina parecchi con molta lode.

prudente rimedio saria ridurre a buona milizia e disciplina li sudditi proprii ( ordinando ben le forze nostre, come credo che non sia impossibile a farsi), che fidandosi troppo nella ventura, lasciar questa parte per derelitta.

Ma per tornare al regno di Francia, ancorchè sia tanto ricco e tanto munito da ogni banda, pur quando l'imperatore, ultimamente del 1544, vi entrò in persona certo che si può dire che si trovasse nelli più stretti termini che mai per avanti fusse stato; ma non però da rovinare, perchè un paese tale non può esser superato alli di nostri se non in molti anni e da molta gente; e questo non lo può fare un solo; non trovandosi principe che possa ad offesa d'altri, e fuor de' suoi stati, da sè mantenere un esercito tre anni di quaranta mila uomini. Nè manco è da temere che una lega o vero una cospirazione di molti lo possa fare, perchè l'unione tra loro non può durar tanto, come per prova si è veduto in tutte le confederazioni passate, fatte a rovina d'un terzo. Con tutto questo dico che la Francia era ridotta allora in gran travaglio, perchè l'armata turchesca, che era stata causa (senza far utile alcuno) di provocar l'odio dell' imperatore contro il re, era partita allora di Provenza per Costantinopoli.' Dal qual esempio ognuno può considerare quanto fondamento si

possa

far sopra le armi e aiuti d'altri, massime d'infedeli. Le quali se non sono pagate da chi le chiama, co

Dopo tentato inutilmemte l'assedio del castello di Nizza, il dì 8 settembre 1543, Barbarossa lasciando quella impresa si condusse a svernare in Tolone, di dove sulla fine dell' aprile seguente fece vela per Costantinopoli, dopo commessi orrori inauditi tanto in Provenza che nelle coste d' Italia, ch'egli toccò nel suo viaggio.

me non era Barbarossa dal re cristianissimo, è forza però donargli l'equivalente quasi dello stipendio: e pagandole, costano un mondo; et tamen all'una e all'altra via non servono, non son fedeli, e sono di estremo pericolo senza utile alcuno: come si vide che tutto ciò intervenne al re cristianissimo nel tentativo di Nizza; e d'avantaggio nè riportò poco onore appresso d'ognuno: e col Gran Signore fu cagione e principio di discontentezza, e non di obbligazione, e non di maggiore amicizia, come altri pensavano.

Il serenissimo d'Anglia a quel tempo si era obbligato di passare a Calais con ventiquattro mila persone', entrando l'imperatore per Schampagna, come fece, con trenta mila. E per Francia, il Turco non era per muovere in Ungaria cosa alcuna, essendovi stato l'anno precedente; d'Italia non si aspettava aiuto del mondo, massime poichè la vittoria di Cerisola apportò così poco favore alle cose del re, come fece, essendo stata ricompensata e mortificata con la rotta dello Strozzi. Dal

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Du Bellay dice trenta mila.

La battaglia di Cerisola in Piemonte, viuta il 14 aprile 1544 dai Francesi, comandati da Francesco di Borbone conte d'Enghien, contro gl'imperiali guidati dal marchese del Guasto, battaglia il cui esito pareva dovere assicurare ai Francesi il felice successo di quella guerra, fu, come dice l'ambasciatore, resa vana per la rotta toccata, due mesi dopo, da Piero Strozzi in un ardito suo tentativo sopra Milano. Questo emigrato fiorentino aveva avuto in dono dal re Francesco la città, già veneta allora imperiale, di Marano sulle spiaggie del Friuli, tradita due anni innanzi ai Francesi. Lo Strozzi vendutala per trentacinque mila ducati in contante ai Veneziani, aveva usato quel denaro a raccogliere un corpo di truppe di dieci mila uomini, la più parte emigrati italiani, coi quali, dopo la vittoria di Cerisola, si era offerto di secondare l'impresa disegnata dal conte di Enghien contro Milano. Ma il conte scemato dal re di parte delle sue forze quando appunto gli richiedeva un sussidio, essendo stato obbligato a desister dal suo disegno, lo Strozzi, che già erasi dalla Mirandola avviato sul Piacentino, rimasto solo a fronte del nemico, fu sorpreso mentre cercava di raggiun

canto de' Svizzeri si aveva intesa la risoluzione loro nella lor dieta, di non dare aiuto nè soldati a' Francesi, per publico decreto. Di modo che queste avversità facevano temere con ragione a tutto il mondo, dell' afflizion di quel regno. Pure in pochi giorni si scoperse che, da Cesare in poi, gli altri non erano nemici per la rovina di Francia, ma ben per travagliarla e abbassarla alquanto. Il serenissimo d'Anglia non volse passare verso Parigi, come era tenuto per la capitolazion sua, ma si fermò per impadronirsi di Monterlo (Montreuil) e Bologua, parendogli che quel gli bastasse a forzar li Francesi a pagargli quanto doveano. Gli Alemanni mancarno delli aiuti e danari promessi nella dieta, parte per il costume ordinario, e parte perchè vedevano le cose andar troppo innanzi. Li Svizzeri, quel che non vollero fare in publico a favore del re, lo fecero in privato, lasciando andare alla guerra quanti del loro paese volle sua maestà cristianissima. Tutte queste cose, come si giudicò in Francia, fecero tardare li Cesarei (dopo ripreso Lucemburgo e Ligny senza contrasto '), sotto San Disier, fino a'17 d'agosto, non perchè non avessero potuto venir innanzi, se volevano (come fecero poi lasciandosi addie

gere i Francesi per San Giovanni e Tortona, e a cinque miglia da questa città circondato, e il suo esercito battuto e disperso.

■ Perchè il vero nemico è sempre il più forte, nessuno veramente voleva la totale depressione di Francesco I, che lasciasse senza freno e senza rivale l'imperatore; il quale in tanto solo secondavano in quanto ciò si accordasse coi loro particolari interessi, e non certo per molta devozione verso di lui. Durante la prigionia di Francesco I era stato offerto ad Enrico VIII di partirsi con Carlo V la Francia; ma egli per la ragione allegata, e memore dell'esito della partizione del regno di Napoli tra la Spagna e i Francesi, non solo si ricusò, ma si ristrinse alla Francia col trattato di Moore.

2 La guerra del 1542 si era riaperta nelle parti del Belgio colla invasione del Lussemburgo, operata dal duca d' Orleans.

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