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tro Chalons e Reims, terre di maggiore importanza ), ma solo si fermarono tanto per vedere come andavano le cose degl' Inglesi. Delli quali, chiaritisi che non procedevano come desideravano, guadagnato San Disier più per difetto di munizioni che per forza, spinsero innanzi per fare una bravaria, e non con speranza di poter far più impresa alcuna di momento. Frattanto il re cristianissimo ebbe tempo di mettere il suo esercito: e a' 18 0 20 del detto mese ebbe in essere tutta la gente, che fu di trentadue mila fanti, fra Svizzeri, Grisoni, Alemanni, Guasconi e Italiani, e circa cinque mila cavalli. Provvide a Parigi meglio che si puotè, ancorchè lo facesse troppo di punto, e con estremo spavento e confusione d'ogn' uno. Al qual proposito non voglio restar di dire quanto egregiamente laudino li Francesi il governo di vostra serenità, e mai siano però del tutto per imitarlo: che egli tenga così preparato e ben ad ordine d'ogni cosa il suo arsenale e le sue città di tutte le cose necessarie alla guerra, sebben lo stato si trovi in sicurissima pace, e non faccia come loro, che, al bisogno, di cinquecento mila anime, che per l' ordinario stanno in Parigi, non troveriano cinque mila fanti, e ben tristi, e ben pagati, che volessero pigliare l'armi per la difesa delle case loro.

Con queste forze radunate, e in questo modo ordinate, non volendo a modo alcuno il re combattere in campagna col nemico, sebben monsignor delfino mostrò un giorno in un certo loco sicurissimo volerlo fare, assicurato assai bene Parigi con la sua presenza di

« Par che valga: di subito. Come diciamo: di punto in bianco. »> (Tom maseo.)

dentro, e con l'esercito di fuori, ridusse l'imperatore a termini, che se non seguiva la pace, saria stato forse mal contento esser proceduto tanto innanzi con un esercito così numeroso, con tanto poca provvisione di viveri. Alcuni, e delli grandi, in quella occasione persuadevano il re a combattere il nemico. Nondimeno sua maestà non consenti mai a tal opinione, perchè se vinceva (il che però era dubbioso), non guadagnava altro che liberarsi dui mesi più presto dai nemici per quell'anno, e l'imperatore non perdeva altro che un esercito: ma se la giornata fusse stata per Francesi avversa, averia perso in due ore l'esercito, Parigi, e quanto per quell'anno avessero potuto cavalcar li nemici. Oltra che il resto poi di Francia, per qualche malcontento che vi si trova, averia fatto sollevazione e tumulto bestiale. Dove che seguendo il consiglio che tenne nel 1536 in Provenza contra l'istesso imperatore', mise le cose sue al sicuro, sì come fece anco allora. Fu cosa bella, che quelli dui principi tanto nemici, e che si andavano incontro l'uno all'altro con tanto odio, mai però restarno, per varii mezzi, di trattar accordo, e pace. La qual cosa fu benissimo fatta, non solo perchè riuscì bene allora, ma perchè la ragione lo volle: non dovendosi mai esser tanto volti all' una parte, che non si abbia un occhio almeno all'altra 2.

Vedendo io queste cose, e intendendo quelli maneggi, giudicai, siccome scrissi in quel tempo a vostra serenità, certissimo, che la pace avesse a seguire. E so

Ritirandosi per tutto dinanzi al nemico, e desolando il paese.

2 Della presa di San Disier e degli altri avvenimenti che precederono la pace di Crepy, discorre diffusamente la Relazione che segue del Navagero.

che la pareva cosa poco credibile; e quando giunse il corriero che mandai con la nova della conclusione, si credeva più presto che avesse portata la rotta, o ver la vittoria della giornata. Si cavò onorevolmente Cesare fuor di guerra con questo accordo; e si liberò da molti travagli e servitù, perchè mantenne l'amicizia con Anglia, e vinse la querela con Francia, che fu di fargli accettare Milano come feudo novo, e non come ereditario della casa d'Orliens, siccome avendolo offerto del 1538 a Nizza e del 1540 a Gant, non fu voluto accettare. Si può anche dire che il re cristianissimo facesse uno avantaggioso accordo, ricuperando il suo per qualche via o vero a qual modo si volesse '.

Questa pace alla serenità vostra non debbe dar molestia nè sospizione alcuna: perchè, sebbene il re cristianissimo non si trovava molto contento di lei per il negozio del reverendissimo di Ferrara, nondimeno essendo Cesare, nelle mani del quale stette l'arbitrio delle condizioni di quella pace, satisfatto di questa eccellentissima repubblica, però lei poteva starsi sicurissima. Ma il papa che si aveva scoperto nemico all' imperatore, e non fattosi amico il re, non avendo conclusa mai cosa alcuna, nè datogli favore se non di promesse, intendendo

za,

La pace di Crepy, 18 settembre 1544, tra la Francia e l'Impero, che aveva per base la scambievole restituzione delle terre occupate dopo la tregua di Nize la ricognizione delle Fiandre o del ducato di Milano al duca d' Orleans, benchè per solo titolo dotale e non di antico diritto, era la più onorevole che la Francia avesse conclusa dal principio del secolo, benchè io ritenga, come altrove ho notato, che già non fosse Carlo V per osservarla, in quanto si riferiva alla dote del duca d' Orleans, ove anche non fosse così opportunamente per lui sopravvenuta la morte del medesimo.

• Ippolito d'Este, fratello del duca Ercole II, fu mandato inutilmente dal re, nel principio del 1544, a trattare coi Veneziani alleanza contro l'Impero.

la pace conclusa senza partecipazion sua, e senza essere ammessi li dui cardinali, che sino a Lione per questo negozio vennero, ebbe cagione di star molto travagliato. Liberata dunque la Francia dal timore degl' imperiali, restò solo di provvedere a quello degl' Inglesi, li quali, sebben fra tanto si avevano impadroniti di Bologna, nondimeno avendola guadagnata più presto per da poccagine del governatore francese che vi era dentro, che per la virtù loro, per questo fu stimata quella perdita allora di poca importanza. Si spinse tutta la gente a quella ban da per ricuperarla; ma non trovandosi quella viltà nel capitano inglese, che si aveva trovato nel francese, senza far cosa notanda si tornò indietro, e si licenziò quasi tutto l'esercito; che fu circa la fine d'ottobre '.

E queste furono le faccende e le imprese che si fecero quell' anno con tanti romori e apparati da ogni canto. E a me si cominciorno allora le fatiche e li travagli con quella infelice cattura delle due navi Contarina e Foscarina, il negozio delle quali la serenità vostra sarà contenta per mio discarico, e anco per il dovere, che brevemente gli rinnovi nella memoria.

Prese che furono queste due navi sopra la riva, furon condotte in Aura nova (l'Havre); e il padrone della Contarina venne alla corte con il viceammiraglio senza che io fussi avvertito di cosa alcuna. Il re che non ebbe uomo che gli parlasse in contrario, credendo tutto quello che dal detto viceammiraglio gli fu narrato, risolse che le dette navi fussero ritenute e guardate senza consulto del reverendissimo Tornone nè di monsignor ammira

Le ostilità coll'Inghilterra finirono con il trattato di Guines (7 giugno 1546 com abbiamo detto a pag. 216, e come più oltre si ripete.

re,

glio, li quali allora erano assenti: il che fa sospettare che questo ordine procedesse perchè sua maestà non fusse allora molto ben contenta di vostra serenità. Dopo quattro giorni io fui avvisato di questa ritenzione dal padrone della Foscarina, quando già la cosa aveva preso mal cammino. Mandai a dimandar l'udienza, e a dire al reverendissimo Tornone, che allora era giunto dalla corte di Cesache lo pregava a voler far ordine per liberar dette navi, le quali non potevano esser tolte in fallo per navi ragusee, siccome aveva inteso io che si opponeva. Sua signoria rispose, che non era dubbio che se le navi erano veneziane, le sariano rilasciate. E non aveva ancor parlato al re quando rispose di questo tenore. E l'udienza mi fu differita fino a San Germano. Andai poi io ad instruire sua signoria reverendissima di quelle ragioni nostre, che mi aveva potuto immaginare migliori, le quali la mossono tanto che mi fu affirmato da un suo secretario, che lei aveva oppugnato poi alcuni altri del consiglio che volevano essere di contraria opinione. Fra tanto venne monsignore ammiraglio, che aveva licenziato l'esercito; col quale feci quel più gagliardo offizio che seppi e potei: e con buone parole mi fu corrisposto. L'udienza mi fu data a' primi di novembre. Ma prima, sua maestà, essendo io da un canto, fece lunga disputa e consulta col detto reverendissimo di Tornone e monsignore ammiraglio: poi me gli appresentai; e non sapendo cosa del mondo, come era successo il fatto, nè essendo informato del principio nè fine di questo caso, pregai sua maestà, essendo state ritenute queste due navi dall'armata sua, ad esser contenta di ordinare che fussero licenziate come navi de' suoi amici e confederati; il che tanto più lei doveva fare quanto che vostra serenità aveva

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