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sempre osservato verso li navilii de' sudditi suoi in ogni tempo il simile, e massime durando la guerra turchesca, nella quale le navi francesi, e altre assai che si servivano di quel nome, avevano potuto portare a Costantinopoli e ricondur per ogni loco quel che gli aveva piaciuto con estremo danno delli nostri, e commodo infinito de' Turchi. E pur vostra serenità con cento galere ch'aveva allora, averia potuto proibire, che anche quasi li vascelli non fossero passati. Se questo non era stato concesso ai nostri far con Turchi, pregava che manco fusse permesso a Francesi far con Cristiani, allegando molte altre simili ragioni, a tale che vostra serenità si degnò laudare l'operazioni mie allora, e star di me satisfattissima. La risposta del re cristianissimo fu, che mi rimise al suo consiglio privato, ove mi saria fatta giustizia, provandosi quel che bisognasse; allegando che vostra serenità in simili casi faceva il medesimo. Nè si mutò di quella sentenza per repplica che sapessi fare, dicendo che le cose de' principi non potevano mai bene esser decise da giudizii ordinarii, essendo le leggi e li rispetti suoi molto più alti e d'importanza, e d'altra natura che nelle leggi comuni; e che quel che pareria giustizia in uno, saria ingiustizia nell' altro foro; e che però sua maestà sola poteva esser buon giudice in questa cauinfine si levò confirmando quel che mi aveva detto. Pensando io di quanto danno era la lunga dimora, sollecita l'udienza del consiglio, e l'ebbi quel giorno istesso. Parlai più diffusamente, e mi convenne dire il tutto in latino per rispetto del signor cancelliere e dell'avvocato fiscale, dal quale mi fu risposto, e fatte alcune opposizioni di niun momento, come è a dire che queste navi portavano viveri alli nemici suoi, il che era seguo

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ostile; che però si dovevano trattare come da nemici. Al che risposi di sorte, che vedendo il signor cancelliere ch' io aveva sciolto veramente in tutto le dette opposizioni, prese lui la persona dell'avversario: disse che le obiezzioni fattene erano due, come pareva nel processo: una, che le navi, inteso che ebbero da un batello inglese la venuta dell'armata francese, cercorno salvarsi in porto di Cambria '; che se navigavano per quei mari come amici, non dovevano fuggire in Inghilterra. La seconda, che avevansi testimonii dei nostri, che dicevano che queste merci erano e andavano a certi Veneziani che già più di quattro anni stavano in Londra, per il che erano fatti Inglesi per li ordini di là, e per conseguente nemici al re cristianissimo; e che se a queste due cose rispondeva bene, o ver provava il contrario, avria satisfatto al tutto. E con questo mi diedero tempo di mandare alle navi per istruirmi; e mi lasciorno pigliare un sommario del processo che avevan fatto. Frattanto spacciai a vostra serenità, avvisandola di quanto era seguito, supplicandola che mi commettesse come nell'avvenire mi doveva governare, e continuai a menar la cosa tanto a lungo, che potesse ritornare la risposta. Ma mi fu scritto dal re, e mandato con corriero a posta da San Germano a Parigi, sollecitandomi a provare quel che voleva, perchè bisognava espedire il negozio; il che mi fu mal segno di quel che aveva a venire. Mandai una scrittura dichiarando come si dovevan intender li detti delli testimonii, li quali in fatti, sebben parevano, non erano però contra di noi. Protestai che non si procedesse a sentenza finchè non si mandava a tor li libretti del carico,

Nome latino del paese di Galles.

e il segno delle botti, che erano cose certissime per chiarire se quelli vini erano delli figli e commessi che stavano in Londra, o pure delli lor padri e maestri da Venezia. E dato che fussero stati delli detti figli e fattori, niuna legge del mondo faria mai perdere il suo ad un mercante forastiero per una nova civiltà acquistata contra sua voglia, come era in questo caso. Alla qual civiltà, e ordini inglesi, non sapeva che altro rispondere, non mi essendo prodotta nè mostrata cosa alcuna; ma sapeva bene che tali privilegii d' incolato si davano per favore, e non a rovina e danno. E sì come li banchieri italiani che tanti anni sono stati in Lione, non erano trattati da nemici in Londra, così non dovevano esser giudicati tali li nostri in Francia. Quanto al ritirarsi delle navi in Cambria era stata cosa ordinaria, perchè navi di mercanzia non possono guadagnar cosa alcuna con legni armati: e però se queste navi potevano andare a Londra per il suo diritto cammino, potevano anco ritirarsi in Cambria. Fra questo tempo venne a trovarmi un padrone della Contarina, e un figlio del Ragazzoni venne d'Inghilterra, e mi portorono il salva condotto del signor di Montluch; mi narrorno con che fondamento si partirono di

Giovanni di Montluc vescovo di Valenza in Francia, fratello del noto capitano di questo nome, spedito nel 1543 da Francesco I a Venezia, per iscusarsi presso il Senato dell'alleanza col Turco. Questo vescovo, che fu uno dei più abili negoziatori francesi del secolo decimosesto, aveva la coscienza assai docile alle esigenze della politica; e nella orazione da lui letta in quell'incontro al Senato, e conservataci nelle memorie del fratel suo, si studia di provare, in escusazione del proprio re, che David, e Aza re d'Israele eransi pure, per ragione di legittima difesa, uniti a degli infedeli, e che i primi imperatori cristiani avevano senza riguardo incorporato nei loro eserciti e barbari ed idolatri. E suo fratello in tal proposito aggiunge: « Quant à moi si je pouvais appeler tous les « esprits d'enfer pour rompre la tête à mon ennemi, qui me veut rompre la « mienne, je le ferais de bon cocur; Dieu me le pardonneroit. >>

Venezia e di Candia, e quello che gli era incontrato per viaggio; come era successa la cattura sua; e m' istruirono, sebben tardi, di tutte le ragioni ch' avevano. Allora deliberassimo di far un consulto con un dottor di Parigi per veder di trovare qualche cosa di più a favor nostro, e regolar quel che avevamo trovato, meglio che si poteva. Ne fu mostrato una legge nell' admiraltado (ammiragliato), che faceva a nostro favore: di modo che il peggio che potessero fare, era ritenere li vini pagandogli, e liberare le navi. Con le quali istruzioni tornai alla corte, e mostrai chiaramente quanto torto ne era fatto impedendone il viaggio, non vi essendo per le leggi sue istesse luogo nè attacco alcuno da lite nè controversia. Non mi fu risposto cosa alcuna, nè repplicata pur parola. Molti circostanti approbavano le ragioni dette per me; di modo che mi pareva esser solo combattente nello steccato senza nemico. Et tamen con tutto ciò io persi vergognosissimamente, perchè, senz' altra citazione nè di me nè delli interessati, quattro o ver cinque giorni dopo, fecero la sentenza confiscatoria del tutto. Ho detto: citazione mia o di interessati, perchè era di dovere, avendo disputato dui giorni, e oltre le altre cose provato il volere e intenzion del signor cancelliere, e perchè in questo negozio v'era più interesse di vostra serenità che di particolari, e che per questo la si poteva chiamar più causa publica che mista, non che privata. Però secondo gli ordini di ragione doveva esser avvertito io e del conchiuder nella causa, e del pronunziare la sentenza: avendosi mò osservato il contrario, e il rovescio di ogni ordine e merito, conobbi che il tutto procedesse da ragioni volontarie, e non ragioni ragionevoli, come possono vedere vostre signorie eccellentissime. Consigliassimo

prima se si doveva cercare di far metter la causa in prima istanza, o vero in appellazione al parlamento di Parigi, o pur ai dodici dottori, a ciò deputati: e, considerato il tutto, fu opinion d'ognuno, che non si facesse altro sino alla giunta dell' uomo che io aveva mandato a Venezia. E la serenità vostra sia certa che non feci mai cosa dopo la giunta delli interessati, che non fusse communicata consultata e deliberata per loro. Ma del rimanente non mancai di pigliar ogni fatica, e quella parte che toccava a me, ed anche quella che doveva esser loro. Iddio ne è testimonio e la coscienza mia, quando altri mancassero (li quali però non doveriano mancare), ricordandosi essi, che come ambasciator di vostra serenità, non doveva essere sollecitatore nè avvocato a far scritture, e studiar processi, e travagliar li danari a cambio, nè far che l'alloggiamento mio fusse comune a chi di loro lo volesse accettare, si come tutte le soprascritte cose furono da me fatte con ogni carità e diligenza. In fine la cosa ebbe l'effetto che ho detto di sopra; e furono confiscate le navi, li vini, e li noli senza riservazione alcuna di grazia, così, al mio giudizio, ingiustamente, e così contra ogni ordinaria ragione, quanto altra cosa che sia seguita in Francia già cent' anni.

Sopraggiunto poi, indi a non molto, d'Inghilterra il magnifico messer Giacomo Foscarini, figlio del clarissimo messer Aluisi, al tempo del quale non si fece altro che tentare d'avere qualche remissione, furono tutte fatiche indarno le sue, siccome furono le nostre: benchè via di madama di Etampes' gli era promesso,

per

Questa favorita di Francesco I ha avuto taccia di venalità, e dicesi che Carlo V nel suo passaggio per la Francia, volendosela guadaguare, lasciasse un

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