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onore dall'isola di Vich (Wight '): e non sapendo ch' altro fare per l'armata nemica, che sempre aveva a fianco, sbarcò sotto Bologna una parte di gente e tre mila guastatori, e diede principio a un forte, il quale si mise in difesa in dui mesi susseguenti: che fu cosa rara, e forse mai più intesa, che in faccia di una terra gagliarda, a un certo tiro di cannone, si fabricasse una fortezza in campagna rasa. Il qual forte, come ho detto, fu difficilissimo da fare: ma fatto, non diede poi quella speranza, che si credeva per quella via d'assediar Bologna. L'armata si disfece, e non stette fuori che trentadue giorni, che fu da' 18 luglio a' 9 d'agosto.

Queste poco onorevoli riuscite non furono di molto dispiacere al papa, le offerte e contribuzioni del quale contra Inglesi non furono acettate dal re cristianissimo, come non convenienti nè a sua santità nè a sua maestà. E perchè vostre eccellenze intendano meglio la radice di questo rifiuto, gli dirò. Siccome esse si debbono ricordare, aveva il papa, nel negozio del reverendissimo di Ferrara, dato più presto parole che fatti, perchè gli pareva più difficile e pericolosa cosa dar aiuti al re contra l'imperatore, ch'a prometterli. Per questo menando la risoluzione in lungo, era entrato sul darin deposito Parmae Piacenza, e non volerla consegnare allora a monsignor d'Orliens per dote della nipote 3, ancorchè il predetto reverendissimo dica che già il tutto era accordato con

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Dove la flotta francese aveva approdato sulla fine di luglio

2 Negoziatore, avanti la pace di Crepy, di una lega tra la Francia e il Pontefice.

3 Una delle condizioni del sopradetto trattato era di dare la figliuola di Pier Luigi Farnese in moglie al duca d'Orleans, con in dote Parma e Piacenza.

sua maestà, quando il re strinse la pace con l'imperatore. E per questo il negozio di esso reverendissimo, come dice lui, fu da ogni banda mal avventurato: perchè, ove non concluse nulla, che fu con vostra serenità', ognuno lo intese; e ove aveva fermate le cose, che fu a Roma, bisogno servare silenzio. Ma, come si sia, la trattazione fu lunga ed intricata, e con poco ardore di fare quel che si prometteva. Il che essendosi denique scoperto da' Francesi, sentendosi aprir la strada dell'accordo con l'imperatore, volsero più presto accettar Milano, e una nipote di Cesare, che Parma e Piacenza con una nipote del papa. E così fecero con sua maestà cesarea la pace senza saputa d'alcuno, dicono, perchè non gli fusse disturbata. E quando erano dal nunzio dimandati, francamente affirmavano che mai si faria cosa senza intelligenza della sede apostolica; e tamen si concluse il tutto senza communicazione alcuna. Del che il papa restò poco onorato, e in qualche pericolo. Pure il desiderio del maritar la nipote, e del chiarirsi se vi era mal alcuno, più presto che mandare a Cesare a far offizio alcuno, spinse un'altra fiata il Dandino3 in Francia sotto coperta di allegrarsi della pace, ma in fatti per concludere il matrimonio con monsignor di Vandomo, poichè non aveva potuto con Orliens. E promise, oltra una onesta dote a Vandomo, dare al re cristianissimo contra Inglesi otto mila fanti pagati, decime di clero, ed altri favori assai, come saria

Abbiam veduto, pag. 263, come anche Venezia fosse stata sollecitata in nome del re, dal medesimo cardinal di Ferrara, a entrare in detta lega.

↑ Per non compromettere maggiormente il papa con l'imperatore, ora che tra questi e Francia erasi conchiusa la pace.

3 Monsignor Dandini Cesenate, allora segretario di Paolo III, e nel 1551 fatto poi cardinale da Giulio III: uomo lodato per molte lettere, e per molta conoscenza dei negozj politici.

di mandare il reverendissimo di Inghilterra con l'esercito su quella isola per dar occasione a' popoli di sollevarsi, e aiutare a questo modo quella impresa. Ma il maneggio del matrimonio non ebbe intenzione alcuna: dal che parse al papa potersi desistere, e mancare delli tanti aiuti promessi. E così quando venne il tempo delle facende, si trovarono infinite scuse, e cautele, e tanti intrichi, offerendo pagare otto mila fanti, quattro mila del danaro della chiesa, e il resto di decime che metteria al clero di Francia. Il che sua maestà non volse assentire, dicendo che il possesso delle decime del suo clero era suo. Però il re risolse lasciar più presto simili favori, che pigliarli, dicendo che Francia non era ridotta ancora a termine di vendere la libertà sua per così poco prezzo, vedendo che per quattro mila fanti (che più non poteva avere) bisognava che si obbligasse a non poter far accordo alcuno con Inglesi, senza saputa e approbazion del pontefice. E così da un canto e dall' altro furono riconfirmati li discontenti. Dal che ne nacque che sua santità, per assicurarsi da quella banda, fu astretta buttarsi in braccio dell'imperatore, e con buona somma di da

■ Il famoso cardinale Rinaldo Pool (volgarmente Polo ) parente della famiglia reale d'Inghilterra, per sua madre Margherita contessa di Salisbury, figlia del duca di Chiarenza, fratello di Edoardo IV. Disgraziato presso il suo re dall'epoca del divorzio del medesimo con Caterina d'Aragona, escì d'Inghilterra, dove non rientrò che nell' assunzione di Maria al trono, presso la quale tenne i primi carichi dello stato e della chiesa cattolica in quel regno. Fu nel tempo del suo infortunio adoperato da Paolo III in missioni importanti, come questa della quale qui si parla. Mori nel decembre 1558, il dì dopo la morte della regina Maria. Molti hanno scritta la di lui vita; fra gli altri monsignor Lodovico Becadelli. Monsignor Giovanni della Casa, nella vita del Bembo, allude al cardinal Polo con queste parole: « Dei immortalis benefitio ex ul«<tima Brittania ad nos evectum, vel de cœlo potius (si ita diclu fas est) la« psum, cujus de laudibus deque tam præclara ac plana divina virtute, nemo « satis digne unquam loquetur. »

mari acquetárlo, facendolo arbitro, del tutto, delle cose della chiesa romana'.

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Mi aveva scordato a dire che nel preparar l'impresa contra Inglesi, venne la dichiarazione circa il matrimonio di monsignor d' Orliens, che fu a' 27 di marzo (1545); e fu prorogata settanta giorni di più del termine: perchè, sapendo Cesare che le scritture e accordi fra principi sono nulle quando le cose non stringono a farle eseguire, però non volse far la detta ratificazione tanto desiderata in Francia, se prima non era restituito al duca di Savoia, e di Lorena quanto era accordato. Denique per la detta dichiarazione, si ebbe speranza solo di Milano, che Francesi volevano più presto che tutti li Paesi Bassi, sebben era più ricco partito. Ma anco si sperava aver per moglie la figliuola dell' imperatore, la quale il re e monsignor d'Orliens desideravano infinitamente più che la nipote. E però si stette ad aspettare il parto della principessa di Spagna 3, con animo che, quando la facesse un maschio, fusse facile ottener detta figliuola, essendosi provveduto di uno erede alli regni di Spagna. E però il nascimento di quel figliuolo fu sopramodo grato al re e a tutta la corte. Ma avvedendosi che Cesare cennava, dando la figliuola con Milano, voler tanto augumento di appannaggio per il genero, che era ingagliardirlo troppo, e troppo debilitar la corona di Francia; il desiderio di tener unita e grande questa mortificò quello d'aver la figliuola: e così non si volse entrar più

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Di queste materie, in quanto risguardano la corte romana, troveremo più amplo discorso nelle Relazioni di Roma e nelle note corrispondenti. 2 Cioè di quale delle due principesse propostegli egli presciegliesse; che fu la secondogenita del re de' Romani colla dote del ducato di Milano. 3 Maria di Portogallo, moglie del figlio di Carlo V, don Filippo. 4 L'infelice don Carlos.

oltra in maneggio alcuno, contentandosi della nipote, figliuola del serenissimo re de' Romani, che fu la prima dichiarazione. Nè puotè monsignor d'Orliens mai far tanto col padre (che l'ama assai più che monsignor delfino), nè con madama di Estampes, nè con alcuno del consiglio, che fusse mandato il bailly di Digione, che già era stato eletto, all' imperatore per trattar novo appontamento. E a questo modo sua cesarea maestà venne a negoziare questa cosa con guadagno in ogni evento. Perchè se eran dati più di cento mila franchi d'appanaggio allo sposo, si minuivano le forze della corona, e si maritava la figliuola. Se anco seguiva altramente, monsignor d'Orliens veniva a restar poco obbligato a suo padre, e obbligatissimo all' imperatore, dal qual non era mancato di procurarsi la grandezza sua con ogni mezzo. Standosi denique su questa intenzione, di voler Milano e la nipote, per non entrare in novi intrichi, sua maestà cristianissima, e tutta Francia tenevano per certo che l'imperatore non saria mancato, se non al settembre (che era il tempo determinato), almeno al Natale, consegnare e la moglie e lo stato. Ma la mala sorte della cristianità volse che a' 9 del detto mese di settembre esso d'Orliens in quattro giorni morisse; fu detto da peste; ma in fatti fu d'etico, e da disordini. Della qual morte ne aveva data caparra certissima quel povero signore assai innanzi, come mi ricordo averlo scritto a vostra serenità tre mesi prima che morisse. Questo caso dolse al re estremamente, perchè amava più quel figliuolo per la conformità di natura e di costumi, che alcuno altro che abbia avuto; e perchè vidde che le fatiche che aveva fatte già trent'a 'anni per provvedere la casa d'Orliens di stato onorevole (in ricompensa della rinunzia che gli aveva fatta

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