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fare di Bretagna, che di ragione gli perveniva per il testamento della duchessa Anna di Bretagna sua avaŊ), ora che con la pace aveva ottenuto il suo disegno, la morte gli levava questa consolazione e contento, oltra che si sentiva il disfavore del rimaner interrotto l'accordo con l'imperatore'. Nondimeno sua maestà non volse che alcuno di corte portasse corrotto, nè facesse segno di mestizia: anzi continuandosi nell' istesso modo di viver di prima, in un tratto fu scordata quella morte *.

Si scrisse a Costantinopoli questa nova, ma assai tardi, perchè non seppero presto risolvere che partito pigliare in questo accidente inopinatissimo; e dettero ordine a monsignor di Monluch3 che andasse più avvertito, e procedesse con la sicurezza di Francia. E siccome prima il re si mosse, per sdegno dell'esser stato abbandonato dall'armata turchesca a tempo ch'aveva più bisogno di lei, ad obbligarsi con l'imperatore di dargli seicento lancie, e dieci mila fanti pagati per la guerra d'Ungheria (parendogli vendicarsi con il Gran Signore); così fatta tal promessa, accortosi quanto importava scoprirsi nemico di un tanto principe, restando quasi del tutto a discrezion di Cesare, per non venire a questo scoprimento, propose la tregua fra il signor Turco, e sua cesarea maestà, comprendendo con lei tutti gli altri principi cristiani. E l'aria voluto certissimo, perchè la gli portava riputazione, e mitigava il mal nome che aveva acquistato col far venir Barbarossa a combatter Nizza; e in

S'intende: essendo venuta a mancare questa garanzia di pace fra loro.

« A l'imitation de David, prit la fortune come chose venant de

« Dicu. » (Du Bellay )

3 Da Venezia passato ambasciatore a Costantinopoli (il prete ! ).

4 Nell'aprile del 1544, dopo tentato inutilmente, come più sopra abbiamo veduto, l'assedio della fortezza di Nizza.

sieme assicura va le cose sue da ogni banda, massime con Turchi, li quali dubitava che un giorno non venissero ai danni suoi, siccome la regina di Navarra mi accennò ragionando meco della pace fatta con Cesare, la quale gli aveva fatto il signor Turco nemico, e l'imperatore poco amico. Per questi rispetti, la tregua si procurava di buon core; e il re si dolse meco, che l'imperatore stesse troppo su la riputazione e su i pontigli, dicendo che con Turchi non bisognava star sul punto d'onore, ma espedir presto li negozii suoi. Ma poichè successe la predetta morte di monsignor d'Orliens, si mutò pensiero, e si volse obbligare l'imperatore, se voleva pace con Turchi, a non poter rompere con alcuno altro cristiano. La qual condizione non parendo degna nè conveniente a Cesare, fu ributtata, e le cose riuscirono (come la serenità vostra intese) in nulla. E così il re cristianissimo mostrò buon animo verso il signor Turco, e il medesimo verso la cristianità: e con lo intrico che naèque dalla morte di monsignor d'Orliens, della consiguazione di Milano, e restituzion di Piemonte, si venne a liberar dall' obbligo di scoprirsi nemico del predetto signor Turco.

Venuta la fine del quarantacinque, la maestà sua si ritrovava in più incerti termini che prima, perchè con Anglia non aveva guadagnato nulla, ma bene speso assai. Si trovava li Scozzesi discontentissimi, e Cesare in molta dubbietà, il qual mai si lasciò intendere schiettamente che animo avesse. Però si deliberò quanto più presto si puotè, contentar l'animo di quelli dui re ad un tratto, veder quel che si potea fare, pensando che il peggio che fusse per Francia, era lo stare in quella incertezza. Però si cominciò l'accordo con Inglesi per via

di protestanti, che già tre mesi avanti si avevano offerto mediatori: e si praticò anco il medesimo per via dell'imperatore, mandandosi l'ammiraglio a Bruges per veder di fermare l'amicizia con sua maestà cesarea col mezzo del matrimonio di madama Margherita nel principe di Spagna, essendo morta già quattro mesi la principessa di parto. Si videro di bellissimi tratti in questi negozii in terzo. L'imperatore voleva esser l'arbitro di quelli dui re, intrattenendogli con il maneggio della composizione, non curandosi molto di ultimar il negozio. Le due maestà regie, accortesi di questo, furono concordi ch'a quel tempo istesso per mezzo de' protestanti si trattasse tra loro il medesimo accordo, per non dipender del tutto dall' imperatore. Il serenissimo d'Anglia, rissentendosi di sua maestà cesarea perchè non si aveva mantenuto nemico di Francia, e per non gli aver conceduto il passo per gli Alemanni cli' andavano a' suoi servizii, si lasciava intendere a' imperiali, che se si continuava a quel modo, saria forzato esso serenissimo d'Anglia accettar una lega dal re cristianissimo, difensiva e offensiva contra ogn' uno, che gli era tuttavia offerta. Con Francesi poi dicea che Bologna era sua per esser stata presa di buona guerra, e che era più onorevole assai lasciar a lui quella picciola terra facendo la pace, e tenersi Piemonte e Savoia, che lasciar queste per aver l'amici, zia con l'imperatore, e non esser certo di ricuperar Bologna. Il re cristianissimo all'incontro, non potendo credere di non aver pace con Inglesi, si mostrò molto gagliardo con Cesare, non volendo mai assentire alla restituzion

Secondogenita delle figlie del re: quella che dopo tante diverse negoziazioni fu finalmente maritata, nel 1559, ad Emanuel Filiberto.

di Piemonte, massime vedendo che il negozio della tregua col signor Turco restava in mano sua, di maniera tale che il tutto si risolse in nulla. Con Inglesi, mò, per fermar la pace, si contentava d'ogni partito, eccetto che di lasciargli Bologna, e consentirgli la erede di Scozia per moglie del principe d' Inghilterra, mostrando che star in guerra tra loro era un ingrandir l'imperatore a danno comune. E così bisognava che ogn' uno di quelli tre principi (come mi disse il re cristianissimo) avesse tre faccie, come si dipingeva la Trinità, per avere rispetto alli compagni e a sè stesso. Ma il negozio fu da ogni canto tanto tirato, che si risolse in nulla. Solamente riformò l'imperatore, e confirmò con Anglia la capitolazione sua vecchia, dichiaraudo certe ambiguità de' capitoli contenuti in essa, lasciando Francia da quella banda in guerra certissima, e verso Italia in dubbia pace, con speranza che 'l desiderio di maritar la figliuola forzasse anco un giorno il re cristianissimo a cedere sul conto di Savoia. Però lasciava aperta sempre la via alla negoziazione.

In vero che il serenissimo d'Anglia ha mostrato grandissimo animo e ardire in far la guerra, e molta prudenza e magnanimità in trattar la pace; perchè essendo assaltato da tre canti impetuosamente, solo, senza aggiuto d'alcuno, si difese con galantaria, e conservò il suo antico, e l'acquistato di novo; e in tanti maneggi d'accordo (che sempre ne è stato vivo qualcuno ), mai ha voluto assentire ad articolo che non sia onorevole e di riputazione. E sebbene è molto minor principe di ciascuno delli dui altri, ha ridotte le cose sue in tal sicurezza e termine, che trattando con qual di lor si voglia, non è forzato per bisogno alcuno condiscendere a

cosa che non voglia. E questo è quello, a mio giudizio, a che ogni savio principe deve sopra ogn'altra cosa altendere, non lasciandosi mai stringere nè dalla stracchezza del far la guerra, nè dal desiderio del concluder la pace, nè dal mancamento de'danari o di gente, a negoziar accordo, perchè si fan sempre le cose disavantaggiose e poco onorevoli. Egran parte di poter aggiungere a questo segno, è non far mai pace nè guerra con troppa affezione nè impeto, come ha fatto in vero quel prudentissimo re, che al parer mio non poteva proceder nell'occasioni tutte che ha avute nè meglio nè più avvertito.

I

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L'anno presente il cristianissimo deliberò far fare un porto a Etaples, vicino a Bologna, per le galere, e continuare a lavorar li forti, e continuar l'assedio: ma Inglesi peusorno il contrario, non lo volendo lasciare continuare; e avanti che fusse finito il porto, e che l'esercito di Francia fusse in essere per passare a Marchesa a dar principio al secondo forte, loro vennero di quà dal mare con dieci mila fanti e molti guastatori, sotto il governo del loro ammiraglio, il quale con gran riputazione e autorità portò seco la guerra e la pace: e cominciò prima a lavorare a Marchesa con estrema diligenza, di modo ch'in un mese si mise in sicuro, levando del tutto la speranza a' suoi nemici di poter ricuperar Bologna per assedio, siccome prima l'aveva levata di averla per assalto. Ma eziandio, vedendo il novo attacco d'accordo con l'imperatore essere risolto in fumo, mandò poi il magnifico Bernardo in Francia a vedere come si era disposti alla negoziazione; e trovando le cose più disposte che mai, in dui mesi e mezzo (attendendo

■ Marquise. A mezza strada fra Boulogne é Calais.

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