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In questa relazione, che è l'ultima parte della le

gazion mia, serenissimo principe, conosco dovere avere più considerazione a quello che io debbo lasciare di dire, che a quello che io debbo dire. Imperocchè ad ambasciatore ritornato d'un imperatore così grande, com'è Carlo V, e nel tempo nel qual sono state guerre ardentissime, unioni e leghe quasi incomportabili, paci inesperate, non può mancar materia di dire assai; ma a'me pare che avendo rispetto alle altre occupazioni di questo illustrissimo consiglio, debito mio sia di dire, vostra serenità desiderio di udire, solamente quelle cose dalla cognizione delle quali ne possa venire un chiaro lume alle eccellentissime signorie vostre nelle sue deliberazioni occorrenti, e con questo quella utilità per la quale io credo che principalmente sia stato instituito che tutti gli ambasciatori nel suo ritorno riferiscano alle eccellentissime signorie vostre.

Però lasciando io di repplicare quello che ho scritto per diverse mie lettere, e commemorando solamente alcuni passi, considererò brevemente due cose necessarie; l'una, le forze di quel principe dal quale io ritorno (nella qual parte si diranno tutti gli stati suoi, le cn

trate, le spese, le qualità de' capitani di terra e di mare, come siano uniti fra loro o divisi, come grati a sua maestà, le condizioni de' suoi soldati, fortezze, artiglierie e monizioni; commemorando in questa parte i successi di quelle azioni che sono avvenute nel tempo della mia peregrinazione di trentaquattro mesi ); l'altra, le condizioni e qualità dell'animo che sua maestà ha verso tutti i principi fedeli ed infedeli, e massimamente verso vostra serenità (ove toccherò alcune cose della natura, qualità ed animo de' suoi consiglieri, e dei modi con i quali si può sperare d'essere loro amici ); le quali cose tutte mi sforzerò di raccontarle e dirle minutamente con tanta brevità, che spero non eccedere lo spazio

di tre ore.

Quella prima parte a me sarà tanto più difficile che agli altri, quanto ch'io debbo oggi parlare di un principe che ha molti stati potenti, divisi e lontani l' un dall'altro; per il che non potrò di tutti dire le particolarità per non esser stato nè in Spagna, nè in gli altri suoi regni. Non è però che per ciò ne sia per venire danno alcuno alle eccellentissime signorie vostre; perchè quello ch' io non potrò compitamente satisfare, da altri ministri è stato e sara riferito alla serenità vostra; e quello che un solo ministro non può fare di tutti gli stati dell'imperatore, per non vi si essere ritrovato nella sua legazione, tutti insieme lo fanno ritrovandosi, per i continui viaggi e spesse cavalcate che fa sua maestà, ora uno in uno de' suoi regni, ora l'altro in un'altro. E però trattando io degli altri stati dell' imperatore brevemente, di quelli di cui m'ho potuto informare narrerò più lungamente, che sono gli stati della Fiandra, nelli quali, quando non sia stato alla guerra, fu l'imperato

re il mezzo tempo delli trentaquattro mesi della mia peregrinazione.

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Ha dunque l'imperatore nella Spagna tutto quasi quel regno; dico quasi, per rispetto di quella poca parte di Portogallo, la quale per tanti e così stretti parentadi che hanno insieme, e per esser l'infante molto debole e poco atto a lasciare adolescenti di sè3, gli potrà cader nelle mani (di che non si potria dir quanto sariano mal contentissimi i Portoghesi per la naturale ed antica inimicizia che hanno con la casa di Castiglia). Ha i regni dell'Indie. Ha in Italia il regno di Napoli, quello di Sicilia, e lo stato di Milano, delli quali è padrone assoluto; e tutte l'altre repubbliche, signorie, e principati a sua devozione, eccetto il pontefice e vostra serenità. Ha nella Germania inferiore i contadi di. Brabanzia, di Fiandra, d'Artois, di Enao (Hainault), di Namur, di Lucemburgo, e quasi tutta insomma la terza parte della Francia chiamata dagli antichi Belgica. Ha ancora l'Olanda, l'Isseland, la Frisia, e la Gheldria acquistata ultimamente 4.

* Noi avremmo volentieri trascurate le seguenti nozioni statistiche, tanto più che non sappiamo persuaderci della loro rigorosa esattezza, se le avessimo trovate in tutto conformi a quelle recate nella precedente Relazione del 1532. Ma l'essere alquanto discordanti fra loro ci ha appunto determinato a mantenerle, perchè il lettore possa trarre dal confronto delle medesime quelle conseguenze che gli parranno migliori.

2 Giovanni III, allora regnante, aveva condotto in moglie Caterina, sorella minore di Carlo V; il figlio di esso Giovanni era ammogliato a Giovanna, figliuola di Carlo V; lo stesso Carlo V era vedovo allora d'Isabella sorella del medesimo Giovanni III, e il figliuolo di Carlo, don Filippo, era, da un anno, vedovo egli pure della figliuola di Giovanni, Maria.

3 L'infante di Portogallo, don Giovanni, era bensì molto debole, come dice la Relazione, e venue a morte prima del padre, nel 1554: ma lasciò di sè un figliuolo, l'infelice don Sebastiano, l'ultimo della sua stirpe, che ritardò ancora di qualche anno la unione dei due regni.

4 Come vedremo più innanzi.

Le entrate di Cesare sono, come tutte l'altre di tutti i signori e repubbliche, di due sorta, cioè ordinarie e straordinarie.

Ha delle prime, per quanto mi sono potuto informare, dai regni di Castiglia, Granata e Andalusia più di un milione di scudi, e dagli altri regni di Spagna, che sono Aragona, Valenza, e Catalogna, pochissimo anzi niente, perchè l'entrata ordinaria che vi era è stata impegnata o venduta. Pure da questi tre regni, d'alcune altre imposizioni o gravezze può aggiungere intorno a settanta o vero ottanta mila scudi. Dal regno di Navarra trae circa trentacinque in quaranta mila scudi; e dai gradi dei tre ordini, di cui è capo, dugento e forse come alcuni dicono, dugento cinquanta mila scudi.

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I

Sono di queste entrate ordinarie di Spagna spese in giuri più di dugento mila scudi, e il resto si spende nelle guardie delle fortezze, negli uomini d'arme, nei cavalli leggieri, nella guardia del principe, nella caccia, nella musica, e in altre spese. Nelle quali cose tutte quanto veramente spenda l'imperatore è stato detto da tanti altri ambasciatori, ch' io ho deliberato di lasciarlo da canto, per non essere astretto a lasciare alcun'altre cose di maggior importanza, e dirò solamente delle particolari spese della sua casa.

La casa dell' imperatore è divisa in tre membri principali, il gran someliere, il maggiordomo maggiore, e il gran scudiere.

Il gran someliere ha ora il carico che soleva avere il gran ciamberlano, che dopo la morte di monsi

Vedi a pag. 45.

guor di Nassau (1539) non ha voluto l'imperatore fare alcun altro. Ora è gran someliero monsignor di Rieux borgognone, e sono a lui sottoposti tutti quelli alli quali è commessa la custodia del corpo del principe, quali sono i gentiluomini e serventi di camera, e tutti i medici ed officiali che sono necessarj alla vita dell' uomo. Ha, per far tavola, provvisione di scudi dieci il giorno, con li quali possa intrattenere tutti coloro che entrano e servono nella camera.

Uscito l'imperatore di camera, il carico è tutto del maggiordomo maggiore, che è il signor don Ernando di Toledo duca d'Alva, sotto l' obbedienza del quale sono due altri maggiordomi, l' uno piemontese, che è monsignor Falconetto, l'altro spagnuolo, che è il signor Giovanni Marriquo di Luna. Comandano questi a tutti i gentiluomini della bocca e della casa, e provvedono di mangiari all'imperatore ed altre cose necessarie. Ha il duca d' Alva di provvisione, per questo carico, quindici scudi d'oro al dì ed altre regalie, e dieci scudi per fare tavola; e gli altri due maggiordomi sette per uno, i quali due volte per settimana intertengono ancora essi diversi gentiluomini con quello che è preparato per l'imperatore.

II gran scudiero poi, che è monsignor di Bossut, ha esso il carico tutto, sempre che Cesare pone il piede in staffa del cavallo. A lui sono sottoposti tutti i cavallerizzi, armi e paggi di sua maestà, con tutte l'altre cose appartenenti alla guerra. Ha di provvisione ordinaria, per cagion dell' officio mille scudi. Non ha per fare tavola cosa alcuna, se non che in campo ove se gli danno cinque scudi al giorno per questo effetto.

Hanno i gentiluomini della camera e della bocca

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