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cinque gentiluomini; dieci da venti scudi l'uno al mese, e quindici da quindici, e cinquanta alabardieri da quattro scudi.

Al capitan generale dell' artiglieria sono dati duecento scudi al mese, e cinquanta scudi ad alcuni che aiutano l'officio suo. Ha quattro maestri di casa a venti scudi l'uno; sei alabardieri a tre scudi l'uno, e infiniti bombardieri. Laonde egli mi disse un giorno che l'artiglieria costava al mese sei mila scudi.

Ha il capitano dei cavalleggeri scudi trecento.

Il maestro di campo ha scudi dugento, e parimente il signor Camillo Colonna, bench' egli in questa ultima guerra di Francia non avesse officio deliberato, e solo facesse alcuna fiata l'officio di maestro di campo.

Li quattro capitani italiani, che ha don Francesco d'Este, hanno scudi ottanta; ed il conte della Somaglia è stato pagato a ragione di cento scudi al mese.

È, serenissimo principe, fra tutti questi capitani che ho nominati, una infinita concorrenza, anzi uno estremo occulto odio; perchè gl' inferiori non vogliono stimare li superiori, e gli eguali concorrono. Di qua nasce che le cose del principe vauno a mal cammino, e che li buoni consigli e ricordi sono alle volte, anzi del continuo, biasimati, per non lasciare ingrandire alcuni più di quello che sono. La maggior parte di questi capitani o mi ha tentato o fatto tentare di venire al servizio di vostra serenità, fuor che il signor don Ferrante; del quale però si disse, quando parti dalla corte, che era venuto a Venezia per voler tentare il luogo del capitano generale.

Oltra questi capitani italiani (nelli quali era l'importante maneggio dell' esercito e tutto il vigore) vi so

no capitani fiamminghi, tedeschi ed alcuni spagnuoli; delli quali prima che altro dica dirò, che se fra gl'italiani, che è una nazione sola, vi è concorrenza, molto maggiore è tra quelli di diverse e straniere nazioni; i quali per dimostrare di sapere più che gli altri, o non conoscono i buoni partiti che la fortuna gli mette innanzi, o conoscendoli li lasciano fuggire.

Li fiamminghi sono il duca d'Aerscot, i conti d'Hoochstrat di Barbasson ed altri tali, i quali tutti, in una parola concludendo, dico che se tanto sapessero quanto credono, sarebbero quei capitani che voglion cssere tenuti; e nel vero poi vivendo come si vive nella Fiandra, sempre in bere e far buona ciera, come eglino dicono ed è veramente, sono atti a poc'altre cose: sono però in grazia e in buona riputazione con Cesare.

I tedeschi sono, della gente a cavallo, il duca Maurizio di Sassonia, e il marchese di Brandembourg, giovani animosi ma senza consiglio, e superbi tanto che non volevano obbedire nè in fatti nè in dimostrazione. Di fanteria sono quattro colonelli; de' quali sono il conte Guglielmo di Furstemberg e Giorgio di Ratisbona, riputati pur essi della persona loro molto valenti, ma non molto prudenti, nè atti a prender quelli partiti che sogliono prendere generalmente in ogni occasione i buoni capitani.

Gli spagnuoli sono stati tre de' quali si possa dire alcuna cosa: don Alvaro di Sande e Luis Perez, tutti dui capitani della gente vecchia spagnuola, e Basco di Cugna che conduce la nuova venuta ora di Spagna. Don Alvaro è riputato d'animo e di cuore, e forse troppo presume di sè medesimo, e dice ch'egli ardirebbe con quattro mila Spagnuoli correre la Francia e superare i

fatti di Giulio Cesare. Luis Perez è assai più considerato, e dalli medesimi Spagnuoli è giudicato d'intender meglio la guerra. Basco di Cugna in una parola si può dire che sia capitano del tempo antico; si ritrovò alle guerre che fece Massimiliano in Italia, e fu in Verona.

Oltra quello che ho detto brevemente, si può dire che pochi fanno la guerra per onor loro, o per affezion del padrone. Disegnano tutti l'utilità loro particolare, nè vengono per altro ora alla guerra che per arricchirsi, quando non possono delle prede dell' inimico, delli danari dell'istesso loro padrone.

Ha avuto l'imperatore in queste guerre soldati tedeschi, fiamminghi, spagnuoli e italiani. Di tutte queste genti quella che serve peggio è la tedesca.

È cosa incredibile, serenissimo principe, l' insolenza di questa nazione. Sono empi non solamente contra nostro signor Iddio, ma contra il prossimo in fatti ed in parole. Ho veduto io nella guerra di Francia le chiese fatte stalle de' cavalli, e le immagini di Cristo nostro signor crocifisso bruciate. Li ho veduti tutti disobbedienti, arroganti, imbriachi, e finalmente non atti a far cosa alcuna buona; stimati più per la riputazione delle cose passate e per la ordinanza che portano dal ventre della madre, che per giudizio o pratica ch' eglino abbiano alcuna di guerra.

È gente che non teme la morte, ma non sa però prevedere alcun vantaggio, nè servirsi d'alcuna occasione nelle espugnazioni delle città, ove è bisogno di cuor grande, d'animo invitto, e di destrezza e agilità di corpo. In somma è la peggior gente che possa darsi. Non esce alla scaramuccia; conduce seco molti impedimenti; è impazientissima della fame, e della sete. Vuol

sempre esser pagata al tempo deliberato; nè vogliono li capitani che si faccia la rassegna più d'una fiata, ma che si continui a pagar sempre le medesime paghe sino alla fine della guerra, ancorchè dei loro pochi

ve ne restassero.

E poichè nelle imprese grandi e guerre d'importanza conviene che avvenga che non vi siano sempre vittuaglie o danari abbastanza, e che alle volte manchino, però il capitano che averà il nerbo delle sue forze di questa gente starà in sospetto sempre mai di ammutinamenti, e avrà minor numero di gente di quello ch' egli crederà avere, nè vi potrà rimediare. Le medesime e quasi conformi parti hanno tanto quelli di questa nazione che servono a piedi, quanto quelli che servono a cavallo.

La gente da cavallo va armata in due modi; la maggior parte in armi bianche sopra cavalli che hanno tutti un trotto, come gli uomini a piedi tutti un passo. Le selle loro sono molto basse, e appoggiano la schiena in due rami incrocicchiati di ferro, che escono dall'uno e l'altro capo della sella; le quali selle sono tali, che chi le vede giudica che malagevolmente gli uomini incontrati dal nemico possano star fermi e mantenersi a cavallo. Alcuni, oltre l'armi bianche dette, sono ancora armati d' archibugio. Alcuni altri hanno inoltre presso alla sella, e tengono sotto il braccio, uno spiedo da porci: costoro erano molto dalli Francesi temuti.

Li Fiamminghi sono naturalmente poco buona gente da guerra per diverse cagioni, delle quali, per brevità, dirò alcuna solamente. Hanno perduto quella virtù per la quale fu questa nazione riputata al tempo antico forte e

bellicosa; perchè essendo allora la Gallia Belgica senza commerci veruni e piena di selve, avean quelli del ferrino e dell' intrepido assai. Ma essendosi ora in queste parti ridotti tutti li commerci possibili, ed essendo tutto quel tratto di terra pieno di bellissime e spessissime città, sonsi introdotte anco quelle cose che hanno snervato l'antico nervo e valore. Quella però che era al servizio del principe d' Oranges' è stata così buona gente, come abbia avuto da quelle parti giammai Cesare; il che da altro non procedeva che dalla cura che vi poneva il principe in farli esercitare ed ammaestrare. Usava gran diligenza l'istesso principe nella elezione degli uomini capandogli, e gran modi nel fargli insegnare ogni tratto di guerra, e molta liberalità in trattenerli, dando loro, oltra l'ordinaria paga che gli davano i ministri di Cesare, del suo assai; da che nasceva l' obbedienza e reverenza grande che gli portavano. Da questo derivava che non ricusavano mai fatica nè pericolo alcuno; e molte fiate, essendo camminati tutto il giorno, se a loro avveniva di dover far spalla alle vittuaglie, o soccorrere alcuna parte dell' esercito, quando fossero venuti assaliti, o riconoscere qualche luogo, o scoprire il paese, il principe li faceva non pur rimuovere allegramente dell'alloggiamento preso da essi allora, ma, correndo sopra un ronzino, li aveva sì fattamente ammaestrati che dietro senza aspettare altro ordine, comandamento, o invito, gli correvano.

La medesima gente, subito dopo la morte del principe, parte si sbandò, e il resto d' essa cominciò ad in

Renato di Nassau, ucciso il 15 luglio 1544 sotto San Dizier. Essendo morto senza figli, la sua eredità e i suoi titoli passarono al suo cugino Guglielmo, fondatore della repubblica d'Olanda.

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