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e a questo effetto principalmente la fece venire: ma non fu a tempo, perchè Cesare, prevedendo ciò, usò incredibile diligenza nel passare (ancora che spendesse nel viaggio trentacinque giorni ); e l'armata turchesca non venne così tosto come aveva promesso, e come aspettava il re, sì come avviene sempre nelle cose importanti. Se compariva l'armata di Barbarossa nelle marine di Genova per tempo, erano gli stati di Fiandra in certo e manifesto pericolo di perdersi, e senza fallo se n'aveva da dubitare. Perchè questo passaggio per Italia e per Germania gli era impedito; quello di Francia medesimamente; restava quello del mar Oceano, il quale non s'avria potuto fare così tosto; perchè con piccola armata non poteva condurre molte forze bastanti a resistere al nemico, nè andar così spedito come la necessità in cui si ritrovavano gli stati suoi richiedeva.

Arrabbiava la povera regina Maria, ogni giorno ansia e sollecita d'intender la passata di Cesare, come quella che conosceva che la sua sola salute dipendeva da ciò. E però benchè fosse chiamato l'imperatore dal serenissimo suo fratello alla difesa dell' Ungheria, e che il resto de' cristiani giudicasse che non dovesse mancare al fratello nè alla cristianità, giudicò però essere minor male conservar prima gli stati suoi patrimoniali; li quali, come ho detto, senza dubbio vedeva andare in ruina, con attendere allora ad altra impresa. Venne adunque in Germania, ed ebbe quella fortunata vittoria, la quale l' ha fatto padrone dello stato della Gheldria, molto opportuno, quando sia in mano d'altri, ad offendere tutti quelli di sua maestà nella Fiandra ed altrove ancora.

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Di questo stato, serenissimo principe, non si trae molta entrata, ma è stato che produce uomini molti atti alla È guerra. posto quasi tutto tra dui fiumi, che sono il Reno e la Mosa; dal che avviene che v' ha luoghi fortissimi e inespugnabili. È divisa la Gheldria in quattro città principali, Arnheim, Nimega, Zutphen e Ruremonda. Ha altre diciotto città, quasi tutte forti oltra modo, e castelli e villaggi infiniti. Hanno Gheldresi fatte si lunghe e continue guerre coi Brabantini e Fiamminghi che è odio antico e naturale fra loro, e ancora al presente in ogni piccola occasione non mancheranno di scoprirlo.

Ora ingrandito Cesare da quella vittoria, che è stata molto importante, molto opportuna, e e di gran conto alle cose sue; contra l'opinioni e il volere di molti, e tra gli altri del signor Stefano Colonna, volse tentare anco Francia. Non dirò particolarmente i successi, come andò a Ghisa, come si ritirò, e che in quel tempo gli sopravvenne la gotta, e che deliberarono di ricovrar Landres (Landrecies *), perchè tutte queste cose si sono scritte da chi vi si ritrovava in quel tempo, e che aveva di far questo officio particolar cura. Non dirò medesimamente che luogo sia Landres, in qual sito, quanto tempo vi dimorassero sotto, come fu soccorso dal re, come furono per combattere, come fu meravigliosa cosa che non combattessero, perchè tutte le lettere mie dal primo fino alli quindici di novembre ne sono piene, ed io già mi ricordo per le dette aver da

Si perchè questa impresa era ne' suoi disegni, si perchè la Francia gliene aveva dato giusto motivo, movendosi a sostenere, con aperte ostilità, il duca di Cleves.

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Presa, con alcune altre piazze, nella prima correria de' Francesi.

to alla serenità vostra particolar ragguaglio di tutti i successi. Dirò solamente come per comune opinione, anco delli medesimi Francesi, perdè l'imperatore una grande occasione di vincere l'esercito inimico, dove si ritrovava il re con i figliuoli, e con la nobiltà tutta di Francia.

Fu lodato il re nel modo di soccorrere Landres, fortemente, sugli occhi dell'esercito inimico facendolo disloggiare. Fu ripreso poi, soccorso Landres, non si ritirare in tutto; perchè in quel caso aveva fatto assai a quello che intendeva di fare. Nell' imperatore si può lodare il desiderio e l' ardore di combattere, conducendosi all' esercito in persona, ancora non molto sano, e appresentando al re la battaglia; il quale gli aveva mandato a dire ch'egli s'era fermato per aspettarlo e per venir seco a giornata. Si riprende in lui o in li suoi ministri il non aver voluto passar certa acqua, e prender alloggiamento sopra un colle che era cavaliero e superiore all' esercito nemico.

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Questo loco e questa acqua, ritornato dalla guerra di Francia, ho veduto io, e molti altri lo volsero vedere. E nel vero da chi lo può giudicare, e da uomini di fede degni, fu riputato che in ciò consisteva la certa e indubitata vittoria di Cesare. Il Castaldo veramente, che come maestro di campo doveva fare l'alloggiamento, disse all' imperatore: il passar quest'acqua e salire a questo colle vi fa oggi padrone e signore non pur di Landres ma di Francia e di tutto il rimanente, e vi farà vincitore dell' esercito inimico indubitatamente. E il medesimo re di Francia, per quello che dopo si è inteso da molti, essendo avvisato e fatto certo che l'esercito di Cesare era all'a

cqua, tutto irato e alterato, in voce terribile disse: Baillez moi mes armes: il che vuol dire: datemi le mie armi, che mi convien combattere. Sendo poi avvisato e accertato dall'ammiraglio che gl'inimici s'erano fermati di là dall'acqua si consolò ed allegrò tutto, designando di ritirarsi la notte, come egli fece. La qual ritirata chi crederà che si facesse così secreta e tacita, che l'esercito inimico così vicino non l'udisse se non all'apparir del giorno? ed è pur così il vero, ed io l'ho inteso dire ed affermare da segnalati uomini, che ivi si ritrovorno e videro ed intesero il tutto. E questa è anche una delle cose che ho udito alle volte riprendere, che non si sapesse in tempo la ritirata del re. Nel che però si vede eziandio che la sorte e buona fortuna del re operò assai; perchè il Secco, soldato il quale insieme con Don Francesco d'Este era stato preso', ed era allora nel servizio dei Francesi, mandò prima un suo servidore per ragguagliar Don Ferrante di questo consiglio del re (il quale servidore si perdè, nè mai più s'è udito nuova di lui); poi esso medesimo (vestendosi degli abiti che aveva indosso un altro, acciocchè quelli che gli facevano la guardia credessero che fosse quel medesimo) travestito, di notte, si mise in via per

Don Francesco d'Este fu fatto prigione sotto la fortezza di Guisa da Piero Strozzi; « il quale (dice Luca Contile nel 3.o libro della sua curiosa «< istoria di Cesare Maggi) dopo la sua rotta in Piemonte, ritornando di <«< Francia ove in prima s'era presso che solo ricoverato, e passando sempre « fra paesi nemici, in varie e diverse trasformazioni di suo aspetto, or con « barba posticcia, or con capei lunghi, or da villano vestito, or sopra so« mari, or sopra cavalli di villa, e in qual altra strana sembianza arrisi«< candosi, raccolse circa quattro mila fanti de' migliori d'Italia cc. ec. » coi quali poi venne a capo di raggiungere la frontiera di Francia, e ricondursi in campo contro gl'imperiali nelle parti di Fiandra.

2 Capitan generale degl'imperiali in questa impresa di Francia.

farlo egli medesimo intendere. E volse la disavventura ch'egli cadesse insieme col cavallo, sul quale cavalcava, in un fosso così profondo che non si potè sollevar se non di giorno. Laonde la cosa andò che il re onorevolmente si ritirò; e son io certo che se non si partiva la notte il re, era costretto l'imperatore la mattina partirsi, e già di ciò s'aveva ragione, per la vettovaglia, e per lo freddo ed altro necessario.

Dopo questo avvenimento, l'imperatore fu veduto mesto e doglioso, e medesimamente li capitani di sua maestà, che intendevano pur che d'ogni parte risonava come avevano malamente perduta la più certa vittoria che fossero mai stati per avere. Incolpavano l'un l'altro; e tutti volevano che se le sue operazioni fossero state ascoltate, intese bene, ed eseguite, la cosa a loro fusse felicemente successa.

Dopo questa ritirata tentò il duca di Lorena, morto', la pace, quando venne in Valenziana, come quello che dalla guerra erano pervenuti anco allo stato suo molti danni. Ma non potè ottener altro che quando gli fossero proposte e dichiarate oneste condizioni di pace, non mancheria di accettarle. Tentò tregue, e a queste si ritrovavano tutte quelle malagevolezze ch'io scrissi. Finalmente egli in due giorni fu ispedito, perchè Cesare ne aveva poca voglia, e per non dare sospizione al re d'Inghilterra. Tentò anco il pontefice la pace, avendo mandato a Cesare il cardinal suo nipote* ; il quale pure fu risoluto

Vuolsi intendere il duca Antonio, morto nel 1544, e non il duca Francesco suo figlio, morto pur egli all'epoca di questa Relazione, dopo un solo anno di regno; ma come appare dall'anno della morte del padre, non ancor duca nell'epoca della trattazione di che si parla.

2 Alessandro, primogenito di Pier Luigi Farnese duca di Parma.

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