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di vettovaglia per quattro o vero sei giorni al più, con esercito molto debole e con tanti impedimenti, che pareva che l'esercito fusse fatto per guardia d'essi, e non essi per commodità dell' esercito.

Fu invero ardita e troppo perigliosa deliberazione questa; perchè se o non si ritrovava vettovaglia nel paese nemico, o se i Francesi, avendo modo di poterlo fare, ci avessero fatto fermare con dare all'armi e con dimostrarsi, ne conducevano a necessità insopportabile. Ma provvide l'abbondanza delle vettovaglie che si ritrovava in tutte quelle ville, e il camminar sempre come per paese amico senza pur veder un soldato fuor che l' esercito imperiale; il quale ogni giorno si andava scemando o per infermità, o per morte, o per sbandarsi per rubare, o pel crescere degl' impedimenti, di modo che molti di que' capitani mi dissero non aver mai veduto esercito men atto a faccende di quello: e il giorno che s' ordinò e divise l'esercito in battaglia (che fu quando passammo Chalons) si vide chiaramente che li carri ed altri impedimenti erano tanti, e così senz' ordine, che nè l'antiguardia poteva esser soccorsa dalla battaglia, nè la battaglia dalla retroguardia: di maniera tale che fu molte fiate in pensiero dell' imperatore di comandare che tutti s'ardessero; ma fu dissuaso con dimostrargli che ciò era un disperare e un far forse mutinare li soldati tedeschi.

Si videro finalmente li nimici in battaglia il giorno seguente che lasciammo Chalons, e così vicini che non potevan essere un miglio italiano. Era però un esercito separato dal fiume della Matrona (Marna), la quale in molti e diversi luoghi si poteva guadare. E v'era un ponte già fatto, il quale ancora che fusse stato rotto dai Francesi in alcune parti e quasi tutto fracassato, pur

agevolmente rifarsi poteva e ridurre alla prima forma e a modo servibile. Fu opinione d'alcuni, anzi di tutti quasi, che si dovesse tentar la fortuna e la giornata ; e Cesare era più che alcun altro a ciò pronto ed intento. Ma gli fu dimostrato che per andar a ritrovar li nimici, bisognava in faccia a loro passar il fiume, e che di poi era di mestiero condursi per alcune paludi, e nella fine assalirli nelli lor forti con grandissimo disavantaggio e con pericolo evidente. Dicevano quelli che combatter volevano, e che avevano l'animo intrepido ed ardito, che non si sogliono avere le vittorie senza rischio, e che quanto maggiori erano li perigli tanto maggiore era il premio per il quale si combatteva; e che li nimici vedendo l'ardita passata dell' esercito cesareo, e con quanto animo andava a ritrovarli, giudicando le forze maggiori che nel vero non erano, spaventati e atterriti dalla novità della cosa, si romperiano da sè stessi e fugirebbero: e che avendo Cesare animo di combattere, com' egli aveva, non più se li offerirebbe occasione di poterlo far con tanto vantaggio quanto allora; imperocchè ogni giorno più s'ingrossava l'esercito francese, lasciando le guardie di quelli luoghi che conosceva di non potere essere offesi, e che ogni giorno li nemici maggior animo pigliavano avvezzandosi alla viltà dell' esercito nostro. Finalmente vinse l'opinione dell' andar più oltre ', con animo che uscendo li nemici del forte si andassero a combattere. Rimesse però assai dalla sua opinione lo imperatore la presa del conte Guglielmo di Furstemberg, il quale aveva condotto per quella via con tanta facilità l'esercito, ed era pratico del sito, ed era colonnello d'una gran banda di Te

1 Verso Parigi; ma s'intende sempre seguitando la destra della Marna.

deschi, e aveva grandissima autorità con tutto il rimanente della nazione. ' S' andò così ancora più oltre ardendo e ruinando ogni cosa per dovunque passava l'esercito. Non è, serenissimo principe, alcuno spettacolo più miserabile che ritrovar li paesi, le città, le case abbandonate dalli proprj abitatori loro, ed in qualsivoglia parte che si drizzi la vista non veder altro che fuoco e fiamma inestimabile.

La Francia gustava in quei tempi i più acerbi frutti che possa dar la guerra, e che giammai gustasse. Ma non si venne a giornata, e già s' incominciava uno stretto parlamento di pace, quando alli otto di settembre si pensò passare il fiume già nominato della Matrona, lasciati tutti gl' impedimenti, e andare ad assalire animosamente ed intrepidamente l'esercito inimico, che dall'altra parte del fiume era accampato, essendosi data voce che era già mosso e partito dal suo forte. Si ordinorno più ponti e il signor don Ferrante mi mandò a dire che risolutamente l'imperatore aveva deliberato d'appresentar la battaglia al nemico la mattina seguente; e, accettandola quello, di combattere ad ogni modo. Fu ritrovato poi che egli ancora non s'era mosso. Lo chè accrescendo la stanchezza dello spirito e delle membra, non fu più parlato di condursi verso Parigi, che si trovava ormai impresa malagevole per le picciole forze nostre e per i danni che ci potevano derivare dall' esercito del re, che ne saria

Dice du Bellay che il conte Guglielmo di Furstenberg, il quale aveva lungamente servito in Francia (dove però la sua brutalità gli aveva attirato l'odio di tutti) conoscendo un guado nella Marna, pel quale si riprometteva di poter cogliere alle spalle l'esercito nemico, e volendolo prima verificare sino all' opposta riva, cadde nelle mani di alcune sentinelle avvanzate che l'arrestarono e lo condussero al campo; di dove su mandato a Parigi ed ivi chiuso nella Bastiglia.

stato sempre alle spalle. E quando fusse successa l'impresa felicemente d'entrare in Parigi, dicevano molti non essere alcuna più certa ruina all'esercito di Cesare di quella. Perchè la gente occupata ed intenta nella preda e nel saccheggiare, o si saria sbandata e disfatta tutta da sè stessa, o saria stata rotta trovandosi già di minori forze che non erano quelle che aveva il re in effetto. E però non si potendo o non si volendo combattere, e sendo cosa mal sicura l'entrare in Parigi o in altra città ricca e d'importanza per le ragioni dette di sopra; essendo oggimai mezzo settembre; vedendo che il re d'Inghilterra non s'affrettava; nè essendo avvisato l'imperatore che Bologna era nel termine che era ', o se ben era avvisato non lo credendo; considerando che quanto più andava innanzi, in tanto maggiore e più evidente pericolo si poneva; vedendo che non vi restava via di tentar più per allora la ruina del re; dubitando anco, anzi tenendo per certa una correria del Turco, l'anno seguente *; egli si risolse a far quella pace3, della quale prima non aveva voluto udir parola, e la quale poteva fare con maggior vantaggio e con più utile ed onor suo. Tutti li suoi ne dimostrarono discontento, e degli autori e consultori liberamente parlavano, tacciandoli infinitamente e fingendo molte cose contra di essi poco vere, e di poco momento, anzi tutte vanitate e follie; pure mormorando del fine che poteva avere la capitolazione fatta tra queste maestà.

Ha veduto la nostra età, serenissimo principe, molte

Questa città capitolò il 14 settembre, e la pace di Crepy tra Carlo V e la Francia fu conclusa il 18.

2 Che però non ebbe luogo.

3 Di Crepy. Vedi la nota prima a pag. 263.

gran cose; ma forse questa è una delle maggiori ch'ella abbia vedute: che dui principi naturalmente inimici, tra li quali vi sono stati tanti odj invecchiati di tanti anni, e così giuste cagioni di inimicizie volute acquetare da tanti principi cristiani, nè mai quetate: e per questo l'uno con Turchi l'altro con luterani aver tentata la ruina l'un dell'altro, e della cristianità; quando s'aspettava una giornata in mezzo della Francia, ridursi a far quella pace che tante ragioni per innanzi, e tanto bisogno della cristianità mai aveva potuto indurli a fare. Per il che molti credono che la sola necessità indusse l'uno e l'altro a farla, con l'animo preparato che, come gli fussero ritornate le forze, torneriano all'antico e inveterato odio loro naturale. E l'imperatore, oltre molt'altre obbligazioni ch'egli ha alla morte, che gli ha fatti pervenire tanti e sì diversi stati alle mani, gli ha anco questa; che facendo morire il duca d'Orliens ha lasciato questo dubbio negli animi di molti che volesse o non volesse dare ciò ch' egli aveva promesso. In ogni guisa egli ha conservato uno stato di tanta importanza di quanta sono o tutti li Paesi Bassi o lo stato di Milano.

Avendo brevemente veduto le forze dell' imperatore, il che è stato considerare gli stati suoi, l'entrata di lui ordinaria, e l'estraordinaria, le spese, la qualità, natura e valore dei capitani di terra e di mare, la qualità de'soldati, e parimente quello che ha fatto con queste forze, e li successi delle guerre, nelle quali io mi sono ritrovato, incominciando dall'ultima passata di Spagna, fino alla conclusione della pace, per conclusione di questa parte mi resta a dire delle fortezze, delle vettovaglie, e dell'artiglierie di sua maestà; delle quali tutte dire particolarmente non posso perchè tutte non l'ho vedute.

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