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giona che il pontefice gli dà, sì come è stato scritto a vostra serenità, duecento mila ducati contanti, e autorità di poter alienare dei beni delle chiese di Spagna per più di cinquecento mila scudi. Il duca di Fiorenza anco non gli mancherà, e quello di Ferrara parimente, il quale per non essere in molta grazia di Cesare, è consigliato, per acquistarla, che in questa occasione lo serva di cento mila, o vero cento cinquanta mila ducati per prestito. Si ragiona anco che il concilio farà una determinazione ad istanza del sommo pontefice e dell' imperatore, che ogni altro principe cristiano contribuisca a questa impresa; capitan generale della quale è stato pubblicato il duca d'Alva, e la maggior parte crede che vi anderà Cesare stesso, benchè alcuni pochi credano altrimenti ed abbiano altra opinione; coi quali non sono io, che credo che malagevolmente potrà tenersi l'imperatore, facendosi guerra, di non vi si trovare anch'egli, così gli piace e gioisce quando vi si ritrova.' Ma queste e molte altre cose particolari di giorno in giorno intenderà vostra serenità dalli diligentissimi e clarissimi ambasciatori che vi saranno successivamente.

Il fine niuno può certo affermare qual possa essere, perchè naturalmente tutte le cose future sono incerte, nè si ponno sapere se non seguite, e molto più li successi delle guerre: ma pur quei che hanno consigliata e desiata questa guerra aspettano buonissima riuscita, fondandosi sopra questa ragione, che le forze dell'imperatore saranno grandi e la causa sua è giusta e cristiana, e ch'ella sarà favorita da nostro signore Iddio; e che le terre franche, per le utilità che traggono dalli commerci e conti

Ed in effetto vi si trovò e la diresse.

nue pratiche degli stati dell'imperatore, non daranno gli aiuti promessi, e obbligati al langravio (d'Assia) e all'elettore (di Sassonia) capi della lega '; che luterani non hanno capitani; che la gente tedesca sola non è buona, se non per fare determinatamente una giornata, la quale fuggirà l'imperatore, ma tenterà e cercherà con la cavalleria leggiera, e con la fanteria italiana (la quale è atta ad ogni esercizio di guerra) di sloggiare, faticare, ed annichilare l'esercito loro. Altri son di parere,e veramente dicono, che non fu mai deliberata guerra più pericolosa per l'imperatore e per tutta la cristianità, e particolarmente per tutta Italia che questa. E le ragioni ch'eglino adducono sono queste, che l'imperatore o comincerà a vincere o perdere, o nè vincerà nè perderà: nelli due casi, o dall'incominciare a perdere o non perdere nè vincere, dicono, e con buona ragione, che non avendo potuto nel primo impeto far altro, continuando la guerra sempre potrà sperar di far meno o di non far nulla: che incominciando a vincere, o cercherà di accordarsi o di seguir la vittoria; che accordandosi tutto quello che gli fusse promesso per cagione della religione (che per altro non si fa la guerra) sarebbe osservato finchè l'imperatore sarà in Germania con l'esercito in campo ed ordinato, e che partito, subito, non si osserverà più cosa alcuna; e così nei primi termini si sarebbe, che si è ora, con aver fatto così infinito dispendio, e mosso così numeroso esercito contro di loro; o, volendo continuare l'impresa, vi è da aspettare tosto i Turchi a danni suoi e del fratello e per terra e per mare, perchè allora

In ciò più specialmente dissero il vero, perchè appena entrato in campo l'imperatore, Ulma, Augusta, Francfort, Strasburgo ed altri tali luoghi si misero a discrezione di lui.

o da sè si muoveriano, o gli stessi Tedeschi li fariano muovere con promissioni grandi. Deve anche aspettare qualche movimento o del re cristianissimo, o del serenissimo re d'Inghilterra; i quali, e per la diffidenza e inimicizia che hanno con Cesare, e per la paura e timore che sotto questo pretesto di voler ridurre con l'armi la Germania alla religione, non si faccia maggiore, e che dopo non volga tutte le forze sue contro di essi e a danno loro, l'uno e l'altro tenteranno d'impedirlo, o dando aiuto alla Germania, o cercando di separar e dividere con ogni mezzo e industria e sapere le forze sue, assaltandolo negli stati suoi, con i quali confinano d'ogni parte. Si servono anco del tempo questi tali che si immaginano tante e così fatte cose; e dicono, che la Germania, cioè quella parte che è luterana, non si potrà così in un batter d'occhio correr tutta a stafetta, non che debellare un esercito in meno di due o forse più anni; e che, tanto ponendo, tutto resta di potere dimorare alla campagna. Aggiungono appresso ed affermano che, con poca incommodità e spesa loro, potranno quelli della lega smalcaldica fare e sostenere per molti anni un numeroso e potente esercito tutto di genti ostinatissime e bellicose, che combattendo per quella religione che sono essi persuasi esser la buona, porranno, per difenderla, e la vita è tutte le loro facultà mille non che una sola volta. Ultimamente poi conchiudono che conoscendo luterani che tutto sarà venuto dal pontefice, oltra l'odio naturale che gli hanno, insuperbiti poi o dall' aver fatto resistenza, o dall'aver vinto, volgeranno le loro forze in Italia verso Roma ed il papa, con tanto impeto con quanto mai forse sono altre volte venute le innondazioni d'altri barbari; e che questo movimento d'armi tornerà solamente in

benefizio e grandezza del Turco, il quale avrà partiti e dall' uno e dall' altro. Dall' imperatore e dal re de' Romani, perchè non si muova nè impedisca questa loro impresa; da' Germani perchè si muova e consumi le forze dell'imperatore rivolte a danni loro.

Per queste ragioni e altre molte, signori miei eccellentissimi, si ritrova l'imperatore molto travagliato e confuso della mente. Considera egli che con i capitani e gli eserciti che ha avuti si ritrova non aver potuto abbassare il re cristianissimo suo natural nemico, cón il quale ha tanti e tanti anni continuamente guerreggiato; anzi conosce che sua maestà cristianissima è per lasciare il suo figliuolo delfino se non più grande, almeno eguale a don Filippo suo primogenito, e nel vero maggiore di quello che sia stato mai alcun re di Francia, lasciando, dopo tante sue perdite e ruine, oltra il regno di Francia così unito, la maggior parte anco del Piemonte, e della Savoja, che viene sulle porte d'Italia, unita al medesimo regno di Francia.' Vede non pure non aver avuli modi da poter fare l'impresa contra infedeli da lui tanto desiderata, e la quale doveva ed era tenuto di fare come imperatore de' cristiani; ma esser stato astretto dalla necessita a condursi a domandar la pace o tregua con il Turco suo natural nemico. Conosce entrar in una guerra in Germania perigliosa e importantissima, la quale però per onor suo e necessità non gli pare poter lasciare. Si sente invecchiare, ed insieme cogli anni accrescere quelle indisposizioni dell'asma e della podagra, le quali ogni di se gli fanno maggiori; e sono infermità che gli

Abbiamo altrove notato che gli stati del duca di Savoja, invasi ed occupati dalla Francia nel 1536, non furono restituiti al legittimo loro principe che nel 1559 per la pace di Castel Cambrese.

torranno il vigore e l'animo insieme con lat speranza di poter fare più imprese. E mi disse un giorno uno che può sapere la mente di Cesare, che l'intenzion sua e il desiderio suo era d'andarsene in Spagna per non uscirne più, e ivi attendere a vivere lontano dalle guerre, e dalli travagli, mandando il suo figliuolo prima nei Paesi Bassi, poi negli altri luoghi dove facesse bisogno '.

Queste sono le cose che mi sono sovvenuto di dire alla serenità vostra e alle vostre eccellenze ritornando da questa mia legazione, nella quale io mi son ritrovato con tre ambasciatori di vostra serenità: dui appresso il serenissimo re dei Romani, l'altro il clarissimo successor mio. La virtù, le lettere, c la bontà delli clarissimi messer Domenico Morosini e messer Lorenzo Contarini sono note a vostra serenità, perchè la testimonianza verissima fatta nelle persone loro lo dimostra. Ma debbe piacere a vostra serenità che la virtù de' suoi concittadini sia anco conosciuta claudata dalli principi e genti straniere; ch'io prometto a vostra serenità che il clarissimo Morosini non solo nella corte del screnissimo re de' Romani, ma anco in quella di Cesare ha lasciato una grande opinione di sè. Il medesimo anco so, e ne voglio restare debitore, che farà il clarissimo Contarino; il quale già nella corte del principe è stimato ed amato grandemente, ed in quella di Cesare ancora, avendo le parti ch'egli ha, non potrà essere se non gratissimo. Il clarissimo successor mio, benchè meco ha discorse alte e

Chi non vede in queste parole il germe della determinazione, che Carlo misc ad effetto dieci anni dopo colla solenne rinunzia di tutti i suoi stati? Dice Bayle nella vita di lui: « Son histoire n'est qu'un melange de bon«nheurs et de malheurs. 11 avoua lui même dans la harangue qu'il fit en se « depouillant de ses ctats, que les plus grandes prosperités qu'il avait ja« mais eu dans le monde, avaient été melées de tant d'adversités, qu'il « pouvait dire n'avoir jamais eu aucun contentement. » E soggiunge: « Ceux qui le proférent à tout ce qu'il y a eu de plus grand dans l' Europe « depuis les Romains, le flattent: car qu'acheva-t-il? la guerre qu'il fit « dans l'empire pour la religion ne fut-elle point, en definitif, terminée à «l'avantage des protestants? et bien loin d'avoir conquis quelque chose sur << la France, il n'avait pas eu même la force de retirer d'entre les mains « de cette couronne ce qu'elle avait conquis. >>

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