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cava ogni anno di entrata circa dugento cinquanta mila fiorini, e dai sali settanta e ottanta mila.

Vi sono poi le utilità di molti castelli e terreni proprj suoi, e quelle de' larici ed altri legnami, che si conducono buona parte nei luoghi di vostra serenità, sui quali sua maestà ha posto, l'anno passato, un dazio, dal quale cava da venti mila scudi e più, siccome dicono. Le quali entrate tutte ordinarie ascendono alla somma di quattrocento mila e più fiorini ogni anno, la quale però è tutta impegnata; perchè le miniere sono obbligate ai Fuccari 'ed altri grossi mercanti dell' Austria, e a diversi particolari, per danari contanti forniti sopra quelle rendite, e così sopra i castelli e dazj: in modo che non sò che resti di queste rendite alcuna cosa libera a sua maestà; o vero è così poco che non se ne tiene conto.

Le entrate straordinarie sono li sussidj che danno per via di dieta, quali però a proporzione son manco delle altre provincie. Non sono però obbligati a fornir cavalli, dei quali questa provincia fà poco numero; ma dicono bene che dà buon numero di fanti, e che sono buoni soldati; e vogliono che il fondamento di questa fanteria sia la città di Sboz ove, per rispetto del lavorare alle miniere, stanno sempre molti uomini, ed è general fama, e in corte e in altri luoghi, che si possa

Fuggers o Fouckers, negozianti ricchissimi della città d' Augusta, che hanno meritato le lodi dei biografi Bayle e Moreri per l' onorato uso che fccero delle loro ricchezze. 11 Journal des Savans, 8 gennajo 1685, riporta, sulla fede di Félibien, una prova singolare della loro magnificenza. E fu che Carlo V, dopo il ritorno d'Algeri, avendoli onorati coll'andare ad alloggiare in casa loro in Augusta, essi gli accesero un gran fuoco di cannella, mercanzia rarissima a que' tempi, colle carte di obbligazione dei grossi debiti che l'imperatore teneva con loro.

fare in detta città sempre venti mila soldati; ma è opinione falsa, perchè ha sempre cinque o sei mila fanti e non più, se bene il re mi disse un giorno dieci mila.

L'animo veramente di questi Tirolani verso sua maestà si stima che sia assai buono, per essere, come le altre provincie, già tanti anni sottoposti alla casa d'Austria; e saria buonissimo quando questa fede luterana non fusse penetrata in questa, come nelle altre provincie. Il qual buon animo è mantenuto dal procedere di sua maestà, che non altera punto i privilegj loro, e ha pochissime cose in che ella possa comandargli, se non in chiamarli a dieta; nella quale deliberano quello che a loro pare, come ho detto dell'altre provincie. Il che chi consideri, sì in questa come nelle altre provincie, giudicherà che il re non si possa dire veramente padrone, e signore delli stati suoi: e questo basti quanto alli stati patrimoniali di sua maestà.

Vengo ora al regno della Boemia, acquistato da sua maestà dopo la morte del re Lodovico di Ungaria. Questo regno è situato in mezzo la Germania, perchè da levante confina con la Moravia e parte della Slesia, da tramontana con Lusazia e Misnia, da ponente con il Palatinato e Franconia, da ostro con Moravia e Bavieviera e parte del paese di Lintz: e non ostante che in tutti questi luoghi si ragioni tedesco, nondimeno in Boemia si ragiona schiavo (slavo), il che è stato causato, come alcuni scrivono, dall' esser già molti anni due fratelli di Croazia venuti a dimorare l'uno in Boemia, l'altro in Polonia; e perchè le lingue seguono il dominio, però in tutti quei paesi è la lingua schiava.

La lunghezza di questo regno è di leghe trentasei da levante in ponente, la larghezza è ventotto; di for

ma è ovale, e circondato da monti e da boschi, il che reputano a grandissima sicurtà: e però sempre che dubitano che inimici vogliano entrare nel regno, tagliano i boschi, o parte di loro, e così serrano le strade, o le guardano con minore difficultà.

È questa provincia fertile quanto alcun'altra di formenti e biave di ogni sorte, ma fa pochi vini, in luogo dei quali si servono della cervosa, che fanno bonissima di formento e orzo. È abitata tanto che essi dicono, ed il re lo conferma, che in questo regno sono trentasei mila ville, e settecento ottanta due fra città è castelli. Io l'ho trovato veramente molto popolato, ma non credo a tanto, perchè le città sono, come ho detto degli altri stati, piccole e di poca importanza. Fra queste vi è Praga metropoli di tutto il regno; città antica ed assai grande, che, congiungendo insieme la vecchia e la nuova, potria circuire circa sei miglia italiane. La città non è bella per essere mal compartita, e tutta di fabbriche vecchie, e divisa dal fiume Moldavo (Moldau), sul quale è un ponte di pietra di ventiquattro archi, bellissimo veramente, e opera magnanima, fatto da Carlo IV. Questa città non è forte, se bene è serrata da torri; ma parte sono di legnami, ed in alcuni luoghi non vi sono fossi. Nè anco il castello è forte, nel quale abita sua maestà con parte della corte. Generalmente in tutti i luoghi è buon aere, come è quasi in tutta la Germania, se bene alcune volte l'inverno vi è maggior freddo che in molte altre parti di quella provincia.

In questo regno sono tre qualità di persone in considerazione, e si chiamano li tre stati; baroni, nobili, e cittadini. Vi solevano essere i preti, ma da poi che si sparse la fede di Giovanni Hus, che ebbe principio in

questo regno di Boemia, la quale sopra tutte le altre cose biasimava li preti cattolici, furono estiuti, ed i beni loro usurpati da questo e da quello, che gli era più vicino. Dei villani ancora non ragiono, perchè non hanno voce alcuna in dieta; anzi li baroni hanno potere sopra di loro in civile ed in criminale, con solo l'appellazione al reggimento. Sono fra questi stati alcune persone assai ricche, massime fra' baroni e nobili, e la maggiore entrata loro stimano che sia delle peschiere, che fanno artificiali, ove conservano ed augumentano i pesci, e poi due volte all'anno gli scolano e mandano in questo o in quel luogo a vendere. Tra li baroni è il Prenestan, che ha di entrata cento settanta mila tallari. Sono i Boemi persone libere, che non sono tenute al re se non nella fede che gli giurano in Praga, in modo che il re non ha autorità sopra di loro, se non che in chiamarli a dieta, essendo obbligato farglielo intendere un mese innanzi; nella qual propone il bisogno suo e del regno, e aspetta poi che fra loro risolvano se vogliono soddisfarlo in alcuna cosa, misurando l' angaria dalle stime, come negli altri stati; ma queste stime danno loro in nota sopra le loro coscienze, per essere stata cosa nova ed in tempo di questo re. La quale stima mi è stato affermato essere questa; che li beni de' baroni, nobili, e cittadini sono in stima di valore di dieci milioni di tallari, e si preleva dugento trentasei mila; e quelli dei villani cinque milioni, sui quali si levano dugento venticinque mila tallari; e tanto si può dire che sia l'entrata di sua maestà di quel regno, oltra il dazio della cervosa, che ha posto per tre anni soli. Questi stati non hanno obbligazione a sua maestà di cavalli ed altro, se non in caso che bisogni difendere il regno;

e allora, andando sua maestà, sono tenuti di andare tutti quelli che possono portare armi; non andando, mandare quella parte, che sarà giudicata bastante: e dicono loro poter fare dieci mila uomini a piedi, e cinque in sette mila a cavallo armati; ma io credo assai manco, perchè non è nazione che più prometta di sè stessa, e che più esalti le cose sue di questa; e so bene che quando fecero gente nel tempo che il re andò in Sassonia, che volevano che dovessero essere più di dieci mila, non furono sette mila; e gente poi, ragiono di quella a piedi, della quale a me pare che si debba far poco conto, per essere persone rozze, mal armate, senza ordinanza, e senza alcun capo de' suoi che sia soldato. Portano la maggior parte qualche arme indosso, chi una cosa, chi un'altra, ma con tanto mal modo che fanno piuttosto ridere le persone, che temere. Portano le armi sopra i saj lunghi, e le celate sopra le berrette di pelle: portano li schioppi piccoli, che fanno poca passata, e non si possono tirare di mira, e sono fallacissimi; e quanto alle aste, portano di quelli spiedi da caccia per porci, o simili armi corte, e molti certe aste ferrate come quelle con che si batte il formento; e quando il re gli ha voluto dar picche, l'hanno tagliate per mezzo, dicendo l'asta essere superflua. Vogliono nondimeno li Boemi, e il re lo dice, che siano animosi assai di natura, e che non fuggano; il che può essere, perchè in loro si vede un non so che di feroce, ed hanno fama di essere uomini omicidiali e crudeli. Gli uomini a cavallo in vero compariscono assai bene, per essere di buona perso

bene armati, ed avere cavalli assai belli del paese. Questi tutti come siano amati dal re, e qual' animo abbiano verso sua maestà, assai si può comprendere dalla

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