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dere da tutti che l'imperatore generalmente è ora più odiato che non era prima.

Ma mi si potria dire che par che l'imperatore otten

ga da loro per timore quel che vuole, sì che servendosi delle forze di quella provincia, tanto gli saria se lo facessero per amore, e tanto danno porterà a'suoi nemici. Al che rispondo che quando pur questo fosse, si doveria però fare molta differenza dal veder che ottenesse dalla Germania quanto volesse per timore o per amore: perchè in un caso quelle forze sariano durabili e perpetue, e nell'altro dureranno tanto quanto le cose sue anderanno prosperando. Ma dico poi che non vediamo finora questo, che l'imperatore per timore abbia ottenuto quello che vorria sopra tutte le cose: perchè se bene non volevano il concilio, e che abbino nondimeno deliberato di starvi, questa deliberazione è stata tenuta dai principi solamente, che le terre non hanno voto, ma stanno come assistenti, o più presto auditori di quello che consigliano e determinano i principi. Inoltre questa deliberazione è sopra cosa troppo giusta e che non si poteva negare; perchè essendo differenza tra loro di fede, nè potendosi questa diffinire se non per via d'un concilio, non potevan dire di non volerlo: nè manco denegar la camera dell'Imperio, che è tanto necessaria che senza quella l'Alemagna è senza giudicio; il che causa da molti anni in qua grandissimi danni e pregiudizj a'particolari di quella provincia. E però dico che bisogneria vedere che i principi di Germania ed essa provincia concedessero, o avessero concesso a sua maestà alcuna cosa che meritasse essere denegata da loro, e che apportasse danno a loro ed utile all'imperatore, e che potendo per utile o per giustizia restare di farla, nondimeno l'avessero fatta per timore

di sua maestà; il che non s'è veduto finora. Anzi l'imperatore è proceduto e procede in molte cose con molto rispetto; che nonostante che la dieta rimettesse in arbitrio di sua maestà il regolare il modo del vivere che si doveva tenere in Germania finchè si vedesse il fine del concilio, e che sua maestà accettasse questo carico, non ha però voluto procedere risolutamente e da sè solo, dubitando di qualche moto, e di concitarsi maggior odio di costoro ; ma ha richiesto alla dieta che si eleggessero uomini da bene e dotti che trattassero questa materia insieme con li suoi, e così fu fatto ', in modo che pare che si possa tenere che l'imperatore abbia finora più presto perduto che guadagnato in questa guerra: dico finora, per

L'accordo dell' imperatore e del pontefice per l'estinzione dell' ercsia era piuttosto apparente che sostanziale. Avvegnacchè Carlo V risguardando l'eresia non come il fine ultimo contro il quale dovesse indirizzare ogni sua opera, ma come utile pretesto ad abbattere la potenza temporale degli stati e principi di Germania, misurava l'energia de' suoi sforzi dalle esigenze della politica. Nè i trionfi riportati in queste ultime guerre lo avevano illuso sulla gravità degli ostacoli che frapponevansi ad estirpare una dottrina, che aveva potuto mettere in campo cento mila combattenti. Così mentre Paolo III sdegnato di alcuni segni di tolleranza o d'accordo coi protestanti che apparivano nelle operazioni di lui, trasportava il concilio dalla città di Trento a Bologna sì per dar prova dell'animo suo, e si per rendere lo stesso concilio più indipendente dall'influenza tedesca, Carlo V, sia conoscendo e temendo le forze che ancora restavano alla riforma in Germania, sia sperando di compier meglio colla moderazione religiosa gli effetti della vittoria, incaricò Pflug, Elding e Giovanni Agricola (i due primi dignitarj della chiesa romana, ma di uno spirito pacifico e conciliativo, l'altro teo logo protestante) a redigere una dottrina che servisse di norma alla Germania finchè o il concilio ricondotto in Trento, come Carlo e la dieta desideravano, o un' altro libero concilio statuisse definitivamente in proposite. Il provvedimento addottato dai tre teologi, il quale benchè tutto in senso cattolico, pure mostrava ancora una certa deferenza a talune dottrine de'riformati, fu detto Interim, cioè intermezzo, non cosa definitiva ma temporanea. Nou appagò per vero alcunà delle due parti, ma ciò stesso ci dà la misura della mente di Carlo V in questa materia.

chè potrebbe essere che fra poco tempo vedessimo il contrario, e che sua maestà avesse guadagnato assai. Il che come io intenda dichiarerò in questo modo.

Due cose ha avuto in animo l'imperatore nel principio di questa guerra; l'una, rovinare la lega di Smalcalda; l'altra, statuire e concludere una lega di Germania, per farsi, mediante quella, con ingegno, monarca: nè mai ha avuto mente sua maestà di soggiogare la Gernania, sapendo quanta difficultà abbia un principe che voglia solamente soggiogare una città avvezza a vivere in libertà, non che una provincia così grande. La prima la sua maestà ottenuto già molti mesi, perchè avendo prigioni il duca di Sassonia e il langravio capi, e nell'accordo fatto con loro e con altri principi avendoli fatto rinunziare a ciascuna altra lega, viene ad avere dissipato e distrutto in tutto la Smalcadica. L'altra non ha potuto per ancora sua maestà ottenere, se bene si principiò a trattare fino in Ulma, quando l'imperatore tornò di Sassonia; e questo perchè l'imperatore vorria includere in essa lega la Fiandra, e li stati suoi d'Italia, o almeno lo stato suo di Milano, e tutto lo stato del re de'Romani, e perchè i Germani credendo che a loro bisognerà stare sempre in guerra, ed in continua spesa per fare grande l'imperatore, abborriscono da essa.

Che l'imperatore desideri questa lega si può comprendere dall'utile che ne trarria; che facendola generale di tutta Germania, e lui capo, faria sempre da loro dichiarare che s'avessero a fare quelle guerre che a lui paresse, nelle quali si servirebbe delle forze della Germania tutta, che sariano grandissime; perchè vediamo che del quarantadue, se bene quella provincia era in tanta discordia colla casa d' Austria, diede nondimeno

per tassa, perchè andassero, come andorno, in Ungaria per far impresa contro Turchi, sotto il marchese Joachino di Brandemburg, quarantacinque mila fanti, e otto mila cavalli, non essendo in questa tassa inclusi gli stati del re de' Romani.

E perchè quattro sono i principi sopra gli altri che sua maestà vorria soggiogare e per sicurtà e per augumento delli stati suoi, Francia, il Papa, Veneziani, e Svizzeri, si potria servire contra ciascheduno di questi di detta lega. Non ragiono del Turco, perchè se bene quella impresa dovrebbe principalmente essere nell'animo di sua maestà, vediamo nondimeno ch'egli più non vi pensa; il che dimostrano chiaramente le tregue ottenute due volte, e ultimamente per cinque anni, avendogli mandato suoi ambasciatori forse non con tutta quella dignità che conveniva ad un'imperatore di cristianità di tanto nome: e mostra gran piacere sua maestà che il Turco le voglia osservare; che un di comunicandogli noi di ordine di vostra serenità li sommarj di Costantinopoli, ove era che il signor Turco aveva liberato e fatto accompagnare un prigione preso in Sicilia, e ciò per osservazione delle tregue, non si potè contenere che non dicesse che gli piaceva che quelli che hanno cercato di disturbare queste leghe non abbino avuto tanto potere. Ma della lega di Germania sua maestà si serviria contra li Svizzeri, li quali odia e per avere la casa d'Austria sempre perduto con loro, e avuto molti danni, che gli tengono ancora il contado di Habsburg, e sotto pretesto che essendo essi Tedeschi, e continuamente come tali connumerati da tanto tempo in qua, dovriano essere come gli altri sotto l'Imperio come erano prima, e perchè dauno sempre ajuto al re di Francia contro

I'Imperio e lui particolarmente, il che gli è molto a core. Ma cominciando da qual di questi gli paresse più comodo, quando avesse stretta la lega, verria a domare a poco a poco il mondo. Ma il non l'avere ancora potuto ottenere dimostra chiaro che sua maestà non può ora disporre de' principi di Germania e delle città come vorrebbe. Però è da dubitare, ed io lo tengo per fermo, che quel che non ha potuto ottenere finora l'otterrà nell'avvenire, quando però egli non sia questo anno molestato da Francia, dal Papa, da Svizzeri, e altri; perocchè, stando in Germania armato, il tempo e l'occasione gli daranno mille commodità e modi di accomodare le cose e fare quello che vuole, guadagnandosi questo principe con doni, quello con promesse e intrattenimenti, quell'altro con minaccie (e li principi che non averanno speranza di alcun moto, converrà che s'accommodino ai tempi, non avendo modo di mostrare l'animo loro), o vero pigliandoli a strazio, come si vede che ha cominciato a fare. Perchè essendo tutti principi poveri e indebitati fino all'anima, e bisognando loro stare alle diete con molta famiglia e però con grandissima spesa, come è avvenuto in questa dieta di Augusta, ove il vivere fu carissimo e per il danno che l'anno innanzi hanno fatto gli eserciti in buei contorni, e per la moltitudine de'principi e forastieri. E l'imperatore ha ancora intrattenuto questa dieta più d'alcun' altra; e se bene molte volte i principi hanno pregato sua maestà di licenziarli, non ha però mai voluto farlo, forse con intenzion di ridurli a rimettere in mano sua tutto quello di che si tratta. Ma se vedessero questi principi che le dette potenze molestassero l'imperatore, più liberamente negariano quello che gli paresse, e sua maestà non avria ardire di bravare con loro,

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