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anzi si troveria senza dubbio in guerra assai difficile, e con molta spesa. Perocchè non si potendo sua maestà partire di Germania, dubitando che non si ribellasse, e convenendogli sempre stare armato, gli bisogneria spesa doppia; e volendosi pure partire per venire in Italia o andare in Fiandra, dove le fanterie sono ora ridotte in miglior termine che non erano, gli sarebbe necessario lasciare il re, o altra persona notabile con molto maggiori forze di quelle che tiene ora sua maestà, perciocchè la presenza della sua persona importa assai. E s'aggiungono le speranze di quelli principi; che io so che essendo il mese passato stato affermato in Augusta per lettere di certi mercanti che la lega di qui era fatta', tre principi che si trovorono insieme mostrorono di averne grandissimo contento, fra i quali era il duca di Baviera: e tanto maggiormente speravano in essa, quanto che era scritto che vostra serenità era entrata nella lega; il che era ancor molto a core a sua maestà cesarea, perchè pubblicamente tutti quei cesarei dicevano non stimare la lega del papa e Francia purchè non vi fossero Veneziani. E monsignor di Granvela disse allora a persona, che egli sapeva che me lo riferiva, che l'imperatore amava tanto questo stato che se tutte le terre sue se gli volessero dare

Paolo III tardi avvedutosi che i fini della condotta di Carlo V in Germania non si accordavano con i suoi, dolendosi apertamente di lui, nou solo richiamò le sue truppe nel corrente dello stesso anno, 1546, nel quale erano state spedite, ma si dette a riannodare una lega con Francesco, la quale forse, senza la morte di questo principe, accaduta il dì 31 marzo 1547, si sarebbe conclusa. Seguitò però le trattative a questo medesimo fine con Eurico 11, e si sforzarono insieme a tirare seco loro in unione il senato veneziano. Ma, prima, la renitenza de' Veneziani ritardò la conclusione di questa lega, poi la morte, indi a non molto avvenuta, di Paolo 111, la lasciò senza effetto.

mai le accettaria; e questo per tema che vostra serenità non entrasse in lega; e non senza ragione, perchè avendo vostra serenità armata superiore a quella di sua maestà, ed essendo ora il regno di Napoli così mal contento per essere stato tanto danneggiato e villaneggiato da quel vicerè ' (e sua maestà se bene ne fu richiesta e supplicata da tutto il regno, non l' ha però mai voluto levare da quel governo), ed essendo così grosso numero di fuorusciti per l'Italia, deve ragionevolmente dubitare che quel regno si potesse perdere facilmente, e con quello il regno di Sicilia, che sono due delle principali colonne che sostentano sua maestà. Vede poi che essendo lo stato di vostra serenità, da terra ferma, in mezzo tra la Germania e stato di Milano ed altri luoghi italiani suoi, nè potendo ella passarvi che per quello, massime avendo contro gli Svizzeri ed i Grisoni, che sariano senza dubbio favorevoli a questi e alla lega, bisognaria che facesse la guerra con estrema necessità e pericolo. Perchè oltra che si potrebbe da noi, volendo, uscire in campagua, massimamente con aiuto delle genti della lega, e vietare che un esercito cesareo passasse di Germania in Italia, nel quale caso le cose d'Italia restariano abbandonate; presupponendo che si lasciasse passare, non potria sua maestà servirsi più di questa provincia per far venire nè una banda di fanti, nè cavalli per supplimento, come bisogna avere a chi fa guerra; non potria servirsi di vettovaglie, non di danari, non pur mandar un corriero ad un personaggio, o una lettera, il che apportaria incomodità grandissima e discontento e forse

Allude alla nota insurrezione di Napoli, del 1547, contro la inquisizione che volevasi stabilire in quel regno da Pietro di Toledo vicerè di detestata memoria.

danno notabile a sua maestà; la quale mentre senza questo impedimento potria servirsi da quattro provincie sue proprie d' uomini e di danari, Germania, Fiandra, Spagna e Italia, vede che la guerra con vostra serenità gl' impediria quasi tutto. Perchè di Germania, se bene sua maestà potesse disporre di quella provincia, resterebbe però la difficultà ch'io ho detto del mandare in Italia le genti, e il simile della Fiandra, perchè, per la vicinità e confini della Francia, le genti che venissero da quella provincia in queste parti non potriano fare altra strada di quella che fanno Tedeschi. D' Italia non potria sua maestà servirsi d'alcuna cosa, e massime di danari, perchè dove è la guerra non corrono li dazj nè le entrate ordinarie, perchè allora gli uomini delle città si partono e vanno altrove col suo, ei contadini, la maggior parte, massime nello stato di Milano assai mal soddisfatto ancor lui per le molte angarie, abbandonano le case loro, nè lavorano le terre. Resta solo la Spagna, la quale avendo questo anno dato il donativo, e spedite le corti (cortes) non è da credere che potesse dar molto danaro: nè potria sua maestà aspettare genti di quei regni, perchè l'armata di vostra serenità, unita a quella di Francia, restaria sempre superiore a quella dell'imperatore nel mar Tirreno. Tutte queste cose si vede che fariano gran difficultà all'imperatore in questi tempi, quando una lega nella quale fusse questo illustrissimo dominio lo volesse molestare; e quando ancora vostra serenità se ne stesse da parte, dovria sempre dubitare che questo illustrissimo dominio, se non da principio, almeno dopo si scuoprisse contro sua maestà, come già scrissi che dicesse il Castaldo al duca d'Alva, o perchè non vorrauno vedere periclitare questo poco di lume che resta in Italia in mano

della chiesa, o dubitando che alla fine non potendo il papa resistere, e non avendo altro in animo che lasciare i suoi nepoti grandi, non si gettasse nelle braccia dell' imperatore, e gli desse tutto quello stato per averne poi una parte per li suoi; oltra che per la vicinità di Germania a questo stato, e l'essere lui circondato dalla casa d'Austria, pare che sia in maggior pericolo, e che gli debbano essere più sospette le forze e la grandezza dell'imperatore. Ma se questo anno questi principi non si muovono, e che diano tempo all'imperatore di accomodare le cose di Germania, e che in questo mezzo venga il principe suo figliuolo con gli Spagnuoli che deve condur seco',non so che rimedio avremo poi alla guerra, e alla grandezza di Cesare. E si vede che l'imperatore non attende ad altro che a rimettere le cose sue in bonissimo termine e in sicuro, senza avere rispetto ad alcun'altra cosa; il che dimostra la presa di Piacenza in quel modo, senza avere rispetto nè al genero, che l'ha servito sempre bene e con molta spesa, nè alla figliuola e al nipote, e non badando che pur con questo effetto si scancellava quella fama che

E venne in fatti.

Il 18 settembre 1547, Pier Luigi Farnese fu ucciso in Piacenza dai nobili congiurati della città, con secreta annuenza di Ferrante Gonzaga governator di Milano, il quale, poche ore dopo commesso il fatto, si trovò con una grossa squadra d'imperiali sotto le mura della città, di cui prese possesso in nome di Carlo V ; autorizzando cosi la comune induzione che l' imperatore avesse avuto parte nel fatto, sì per l'odio che nutriva contro il pontefice, sì per vendicarsi di Pier Luigi, del quale era notorio che avesse avuto parte nella recente congiura dei Fieschi contro Andrea Doria. Paolo III, in pieno concistoro, chiese ragione all'imperatore e della morte del figlio e della occupazione della città. Ma Carlo anzichè rinunziare a un acquisto di sì grande valore, preferendo esporsi alla taccia di complice del delitto, ed all'infamia di defraudare il genero della eredità a lui spettante, eluse le sollecitazioni del pontefice, e, senza punire il Gonzaga, determinò di mantenersi in possesso della città.

voleva sua maestà avere acquistata per il passato, di non essere ambiziosa, allegando l'aver rimesso in stato il duca di Milano, conservato il duca di Cleves nelli stati suoi, e data la fortezza a Fiorenza. E si cancella ancora per la ritenzione del langravio; che non l'avendo potuto ottenere altrimenti, per avere egli sempre fuggito la prigione come la morte, l'ha avuto con inganno, avendo promesso al duca Maurizio e all'elettore di Brandemburgh che non saria tenuto prigione, onde essi sopra questo promiserlo al langravio. E mostrano l'animo suo le difficultà mosse al duca di Virtemberg, non ostante l'accordo fatto con lui, e la consignazione delle fortezze e la sborsazione de' danari per la pena della ribellione sua: et tamen ora il re de'Romani per lo istesso peccato di ribellione pretende levargli, come feudatario, lo stato, e lo farà avendo l'imperatore per giudice, non ostante che il duca sia cognato del duca di Baviera, e che abbia un figliuolo di più di trentasei anni maritato in una di Brandemburgh, germana del marchese Alberto, che verria a restare senza sostanza. Ma più potrà in sua maestà la comodità di quello stato alla casa d' Austria, per essere abbondantissimo d'uomini da guerra e di vettovaglie, e in mezzo di Franconia, Palatinato, e Savoja; non attendendo l'imperatore ad altro, come ho detto, che ha a rassettare le cose sue per ogni via'. In questo mezzo giungerà il principe

Questo povero duca di Virtemberg espiava duramente le colpe sue; perchè in ogni congiuntura che ciò tornasse comodo all'imperatore od al re, malgrado i perdoni dati, si disponeva a piacer loro di quel ducato. E pochi anni dopo quest'epoca, se Ferdinando aderiva alla rinunzia all'Impero che Carlo gli domandava in favore dell'infante don Filippo, il ducato di Virtemberg era di nuovo tolto al suo duca, per formare con altri stati un appanaggio al principe dimissionario.

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