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e che sono tante che, come s'intende di certo, di tutte le dette entrate ordinarie non ne perviene alle mani dell'imperatore, nette dalle sopradette spese, più di ducati dugento mila; li quali però da lui poi si spendono tutti in doni o in altre cose diverse, che non si possono così certamente esprimere, sì che occorrendogli alcun bisogno di guerra od altro estraordinario, come per il passato gli è accaduto più volte, è necessario che venga alle provvisioni estraordinarie dette di sopra, e a tutte l'altre che a tempo di tali necessità si possono ritrovare.

Oltre li servizj e provvisioni si ordinarie che estraordinarie di sopra dette, ha ancora sua maestà da questi regni suoi altre comodità e servizj di non piccol

momento.

E prima ha, che tenendo il luogo di gran maestro delli tre ordini, conferisce tutti li benefizj che vacano di tempo in tempo di tali ordini, li quali son molti e di grande entrata. Appresso, parte per privilegi antichi e parte ch'essa medesima ottenne da papa Adriano ' confermati poi dal presente pontefice, ha ancora facoltà di nominare non solamente nelli juspatronati regj, ma eziandio in tutti li vescovadi di qualunque sorta nullo excepto, ed abbazzie concistoriali di Spagna ciascuno che vuole, delli quali tutti vescovadi e benefizj l'entrata è grandissima. La rendita veramente di ciascheduno di questi della seconda sorte, mentre dura la vacanza è tutta del pontefice, oltre le annate sue 3, le quali sono maggiori o minori, secondo che più o meno

I Sesto.

2 Clemente Settimo.

3 Annata dicevasi il reddito di un anno d'ogni benefizio, che ad ogni nuova investitura pagavasi alla corte di Roma.

cadono le vacanze, o che più tosto o più tardi se gli provvede; di che riceve sua santità utile assai, massime dal re presente per la molta tardezza che usa innanzi che venga alla denominazione delle persone che vuole, sì che di qualcuno di questi dura la vacanza un' anno e due e più, nel qual tempo le entrate tutte si riscuotono come ho detto a nome del pontefice da uno esattore che tiene sua santità continuo, solo per tal'effetto, in Spagna.

Li luoghi delle commende pare che per le pragmatiche di Spagna non si debbino conferire se non alla nazione spagnuola: nondimeno sua maestà li dà ancora qualche volta ad alcuno di altra nazione, ma ben ciò fa rare volte.

Il medesimo accade delli vescovadi ed altri benefizj ecclesiastici, che non suole se non rarissime volte nominarvi alcuno che non sia della nazione spagnuola; e nelli vescovadi va con maggior rispetto ancora che in alcun'altra cosa, per non discompiacere, rompendo gli ordini di Spagna, alla nazione, che sempre repugna in tutto quanto può, ma nelli vescovadi maggiormente, come in quelli che sono di maggior importanza.

per

Delle collazioni delle commende ha sua maestà, che ciascuna se gli paga, l'entrata di un anno, che si potria dire l'annata per il suo piatto, la quale per comodità di cui hanno a pagare, se gli paga in due anni. Ma delle collazioni, ovvero denominazioni degli altri benefizj ecclesiastici non ha in sè utile o benefizio alcuno, se non che con questo modo remunera molti che l'hanno servita, e soddisfa a diversi signori e nobili di Spagna, a cui facendo di essi mercede se li obbliga di modo che da molti, o per la speranza di tali bene

fizj, o perchè n'abbino di già conseguito qualcuno per il quale si sentono obbligati, è ben servita.

Si serve poi ancora dei detti regni sua maestà in diversi altri modi; perciocchè quando è guerra in Castiglia tutti li signori sono obbligati a servire con certo numero di lance, o di cavalli leggieri o giannetti, chi con dugento, chi con più, chi con meno, secondo lo stato loro, finchè dura la guerra, pagando sua maestà a ciaschedun uomo d'arme con due cavalli non più di ranta maravedis al giorno. Fuor di Spagna non sono tenuti veramente a servire nè con genti, nè con la persona, se non vogliono, in alcuna guerra.

I

qua

Lecittà medesimamente e i regni non sono obbligati di pagare o servir di gente in alcuna guerra fuori di Spagna, oltre l'ordinario, cosa alcuna. Ma quando fossero esse proprie città o regni dai nemici o assediate o molestate, senza altri nuovi pagamenti o sussidj, e dagli ordini di Spagna sono astretti e da sè stessi si muovono a pigliare la propria difensione; nel qual caso si proveggono così di cavalli come di fanterie, secondo il bisogno e forza loro: e dicono che s'è veduto alcuna volta le donne armarsi alla salute non solo della patria propria, eziandio della città vicina.

Appresso ancora, se ha bisogno di fanterie in Spagna le comunità servono di queste, pagandosi per sua maestà solo trenta maravedis al giorno per uomo, e sono obbligate esse comunità a trovar dette fanterie, perchè essendo poco lo stipendio, e sapendo loro di dover poco

Ve n'ha di due sorta, maravedis de vellon (ossia di lega) e maravedis de plata antigua (ossia d'argento), e non so bene qui di quali si parli. Sempre però è moneta di assai poco valore. Ecco un esatto ragguaglio: 34 maravedis de vellon sono eguali a 26 centesimi di franco, 34 maravedis de plata antigua sono eguali a 50 centesimi.

servire, e non poter rubare nè guadagnare cosa alcuna per altra via, molto difficilmente si trovano che venghino a servire volentieri. Ma se essa si vuole servire di queste fuor di Spagna le fa fare a tamburo, e ne trova quante ne vuole con questo stipendio di trenta maravedis il giorno, solo finchè son condotte al luogo della fazione o servizio che hanno a prestare; dove poi sono altrimenti pagate, siccome di quelle si è fatto che di tempo in tempo si sono condotte fuora: le quali quanto durino e vagliano poi in ogni fazione, Italia, tra l'altre provincie, ha con suo grave danno lungamente sentito, e le signorie vostre n'hanno ancora veduto più volte

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Ha la maestà sua tanta copia di navi e di genti buonissime per esse in tutta la Spagna, e specialmente in Biscaglia, che di queste può fare quanto numero vuole; ma di galere non ha così il modo, che n'ha poche, gente non molto atta al governo di tai legni: pure al presente si ritrova sua maestà, con quelle che furono ultimamente fabbricate in Barcellona, fusti di galere numero ventidue, senza quelle di Genova, Napoli e Sicilia, con le quali ha fatto alcuna volta conto con qualcuno che averia, ogni volta che volesse, al servizio suo ben armate quaranta galere; e tutto questo è quanto io ho potuto intendere delle cose di Spagna, che mi sia parso degno di relazione.

Ora venendo alli stati che ha l'imperatore in Germania, e lasciando quelli che nelle divisioni fatte ha concesso al fratello, delli quali si dirà quando si ragionerà del serenissimo re dei Romani, esso tiene di qua e di là dal Reno e tra le bocche sue molti stati, delli

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Per il di qua s'intende la destra, per il di là la sinistra del fiume.

quali quelli di là dal Reno, ancorchè per Cesare ed altri antichi fossero posti nella Gallia Belgica, io però inetto in Germania, perchè essendo dopo Cesare in varj tempi da diversi popoli di Germania state occupate quelle regioni, quasi in tutte queste è restata la lingua tedesca (benchè alcuni delli grandi specialmente usino ancora con questa la francese, che non è però la gallica antica, ma la latina corrotta, com'è anco la nostra italiana), e per tal cagione dalli posteriori scrittori è stata quasi tutta quella parte oltre il Reno, dove questi paesi sono posti, detta Germania.

Tiene adunque di là dal Reno li ducati di Brabanzia e di Lucemburgo, li contadi di Fiandra, d'Artois, di Henault, di Namur e di Malines; tra due rami del Reno e il mare, Trajetto, acquistato con parte del paese di Overissel e Olanda; e dinanzi la bocca della Mosa ed una del Reno, le isole che si chiamano Zelande. Di qua dal Reno tiene, sopra la riva del mare, il resto del paese di Overissel, e la parte della Frisia più occidentale, che, come si dice, è la maggiore e la più fertile delle altre due che ora possedono il conte di Frisia ed il duca di Gheldria. Di questi stati tutti la Fiandra e la Brabanzia sono li principali e li maggiori, e tutti stanno situati e congiunti insieme di sorta, che dall'uno all'altro si

Utrecht, latinamente detto Trajectum Rheni, per distinguerlo da Trajectum Mosae, Mastricht. Questa città che più propriamente avrebbe dovuto dirsi posta sopra un ramo del Reno, è detta qui tra due rami, cioè tra quello sul quale ella è, e quello che passa a Rotterdam, perchè la città muova, che ne è la parte più abbondante, è tutta sulla riva sinistra di quel medesimo ramo. Nel 1527 il vescovo Enrico di Baviera, con pretesto di mettere il suo popolo sotto l'egida di una potente protezione, cedette il principato della città e sue dipendenze a Carlo V e suoi discendenti, come Duchi di Brabante e conti di Olanda; la qual cessione fu confermata con bolla di Clemente VII nel 1529, al che la Relazione accenna più oltre.

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