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delle paghe loro passate, quando l'imperatore venne in Fiandra, buona somma, sua maestà cercò ogni mezzo possibile per fare che si contentassero della metà, e sebbene non volsono consentir tanto, pure si contentorono di lasciare il terzo, e toccare allora la metà del restante, e l'altra metà alle due paghe seguenti che hanno a fare questi stati del sussidio promesso: ma non s'intese però in questo accordo la compagnia del duca di Gheldria, per il rispetto che se gli ha, la quale si saldò di tutto il suo credito compiutamente.

Hanno adunque le signorie vostre eccellentissime inteso fin qui quante e quali sieno le entrate e spese così ordinarie come straordinarie, e parimente tutte le forze di mare e di terra che ha l'imperatore separatamente da tutti li stati suoi; le quali è opinione di persone da cui sono state particolarmente conosciute, che se fossero meglio governate e dispensate che non sono, sarian atte a far molto maggiori effetti che non si son veduti di esse. Ma sia per tal cagione, o per li interessi grandi patiti nelle obbligazioni fatte ai mercatanti, che la somma promessa a tempo gli pagavano in contanti, o che il carico grande delle guerre avute abbia portato questo, non pare che tutte le predette entrate ancora insieme abbiano bastato alle spese. Anzi l'imperatore, oltre tutte quelle, nel partir che fece di Spagna, dal re di Portogallo, per l'accordo delle navigazioni sopradette, ebbe ducati quattrocento mila: venuto in Italia ha toccato dalle signorie vostre, nella pace fatta, ducati cento mila: dall'illustrissimo signor duca di Milano medesimamente ducati trecento mila: dal signor duca di Ferrara per la vendita ed investitura di Carpi ducati cento mila: giunto in Alemagna, del milione e dugento

mila ducati che ebbe dal re cristianissimo, ha spesi ducati dugento mila: in Fiandra, delli stati lasciatigli in pegno dal medesimo per ducati cinquecento mila, ha avuto ducati sessanta mila: degli argenti ed ori trovati nella morte di madama Margherita, che fece battere in moneta, ducati cinquanta mila; li quali tutti fanno in somma ducati un milione e dugento dieci mila. Nè questi ancora sono stati sufficienti a tutti li debiti che aveva con le genti sue di guerra, e con altri principi e signori particolari, tra li quali resta debitore di ducati trecento sessantuno mila cinquecento.

che

Per il pagamento de' quali debiti ed altre spese aveva per pagare e vestire la corte sua, gli convenne domaudare a questi stati suoi la somma grande de'denari che loro richiese, ed oltre di questo tentarli che fossero contenti non solamente di pagargli allora di contanti la porzione di un'anno, ma ancora che si potesse obbligare la porzione delli anni due seguenti, da esser pagata ai tempi suoi a quelli che allora lo servissero di tutta la somma dei contanti; in che si mostrorno molto difficili, dicendo volere che le pensioni seguenti rimanessero libere, acciocchè, se venisse qualche bisogno di guerra, con que ste potessero supplire alla spesa senza far altra nuova provvision di denari: e così non potè ottener altro se non che

· Per una clausula del trattato di Cambray (5 agosto 1529) che modificò le condizioni di quello di Madrid (14 gennajo 1526) col quale Francesco I, fatto prigioniero a Pavia (24 febbrajo 1525), aveva pattuito la libertà.

2 Una delle condizioni del trattato di Madrid era stata la cessione della Borgogna propriamente detta a Carlo V, il quale vi pretendeva ragione come erede legittimo di Carlo il Temerario per la sua ava Maria. Questa condizione fu cambiata nel trattato di Cambray cou quella di uno sborso di circa due milioni di ducati da farsi dal re di Francia; per una porzione dei quali ipotecò alcune sue castellanic e contee nelle Fiandre, ciò a che si riferisce qui il discorso dell'ambasciatore.

le provvisioni si pagassero di sei mesi in sei mesi innanzi tratto.

Pagati questi suoi debiti nella forma detta, le signorie vostre possono vedere come la maestà cesarea viene a restare con tante entrate sue ordinarie, e con quell'altre facoltà di trovar denari estraordinariamente libere in tutti li bisogni suoi, ch'io ho detto; le quali son tali che, se per qualche tempo non avrà impaccio di guerra, si stima che mettendonsi diligenza a meglio governarle e con più cura dispensarle ( al che par che essa sia per attender assai ) in pochi anni si debba poter mettere da canto nell' erario suo una gran somma d'oro. Ma oltre di questo si sa ch'essa si ritrova al presente in mano un milione di scudi posti in deposito, nè vuol che si tocchi per alcun bisogno, come dice, se non in caso che s'avesse a far guerra col Turco, o la guerra gli fosse rotta dal re cristianissimo. Quei denari sono il resto del milione e dugento mila ducati avuti dal cristianissimo.

Ancora si vede che ha attualmente al soldo suo ordinario d'armata marittima, tra le galere di Spagna, e quelle di Sicilia, di Napoli e del capitano Andrea Doria, armate galere trentacinque. Lancie in Spagna mille, nel regno di Napoli seicento, e in Fiandra trecento, che fanno in tutto, senza la guardia dei dugento gentiluomini suoi, e senza quelli d'accostamento, ordinarie lancie mille novecento. E cavalli leggieri in Spagna, senza li detti di accostamento, computando però li seicento giannetti, mille e seicento; nel regno di Napoli ottocento, e nelli stati suoi di Fiandra seicento, che fanno in tutto ordinarj cavalli numero tre mila. Ed in fine un esercito in Italia di fanti eletti vete

rani ed esercitati in tutte le guerre passate, che, tra Sicilia, il regno di Napoli e Lombardia, non sono forse meno di dieci mila.

Questo veramente è il nervo di tutte le forze dell'imperatore che nel presente si trova avere in effetto senza altra giunta, che può sempre sperare non piccola e dal serenissimo re de' Romani, e dall'Impero in ogni urgente bisogno suo; il qual nervo e potere è di sorte ancora, che senz'altro augumento mi pare che debba essere alli amici di somma speranza e sicurtà, ed alli nemici, per grandi che fossero e formidabili, di somma estimazione. E poi venendo qualche bisogno più grande si può con le entrate estraordinarie che ha, come ho detto di sopra, tanto così accrescere, che nessuno è al presente, ch'io mi creda, dei principi e stati cristiani che per sè solo n'abbia o possa averne maggiore; il che sapendo io che dalla serenità vostra è ottimamente considerato e conosciuto, non mi affaticherò a più lungamente esprimerlo, per non essere, senza bisogno, nel parlar mio più lungo e forse tedioso.

E però lasciando questa, e venendo alle altre parti non meno degne di considerazione, narrerò in qual modo sia ordinato e disposto il governo di sua maestà, in che si considera le qualità e condizione dei suoi che ha seco, ed infine le proprie sue.

Quanto al governo adunque sua maestà in principio ebbe monsignor di Chievres', ch'era di tanto rispetto ap

■ Guglielmo di Croy signore di Chièvres, nato nel 1458 di un'antichissima famiglia di Piccardia, fu eletto a governatore di Carlo per insinuazione di Luigi XII. Acquistò grandissima autorità sull'animo del giovine principe, e seppe mantenerla fino alla sua morte, accaduta in Worms nel 1521, malgrado i lamenti, che specialmente per concussioni sorsero contro di lui.

presso di lui, per essere stato quello che dall' infanzia sua l'aveva educato, che faceva esso il tutto. A lui successe monsignor di Gattinara gran cancelliere, che fu poi cardinale ; il quale benchè non facesse così il tutto, era nondimeno di tale autorità e così stimato e da Cesare e dalli altri, che Cesare si rimetteva molto alli consigli ed opinioni sue, ed a lui solo si riferivano tutte le cose che s'avevano così a concedere altrui, come a deliberare di molti: le quali esso, senza che chi domandava ne parlasse altrimenti all' imperatore, pigliava il carico d'espedire, ed espediva egli stesso. Con lui solo s'indirizzavano tutti li ambasciatori e negoziavano le cose loro, e quando si era in cammino con lui si avviavano sempre le cose innanzi che passassero alla corte, il che era molto comodo a tutti li negozianti per meglio negoziare, e poi aspettar più presta e più ottima espedizione. Esso morto, l'imperatore non ha voluto far più gran cancelliere alcuno a cui s'abbiano ad indirizzare tutte le cose; ma ha partiti li carichi per non dare tanta autorità ad un solo, e niuna cosa s'espedisce al presente di qualunque natura o condizione si voglia, che sua maestà non la voglia conoscere ed intendere e dire il voler suo; dal che viene molte fiate che le espedizioni si tardano più che non si stima, o saria il bisogno loro.

Ha sua maestà seco molti consiglieri, senza quelli che sono restati in Spagna, ma quattro specialmente

Mercurio di Gattinara Piemontese giureconsulto e diplomatico di gran nome, adoperato da Carlo V nei più importanti affari del suo tempo fino al 1529, epoca in cui venne creato cardinale da Clemente VII. Mori pochi mesi dopo essere stato assunto a questa dignità. Ebbe un fratello Gioambartolommeo che fu pure uno dei consiglieri dell'Imperatore.

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