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si scalda molto volentieri nelle cose che si trattano, quanto potrìa. È umanissimo signore, e drizza sempre ľ opere sue a buon fine e con molta prudenza. E perchè sente del governo di questa eccellentissima repubblica assai bene, e da lei gli par d'avere ricevuto in diversi tempi molti piaceri dei quali scrba memoria, dimostra essergli non poco affezionato, e dove ha potuto l'ho sempre ritrovato desideroso di compiacerla e pronto ad operare che nelle domande sue fosse soddisfatta; per il che riverentemente esorto la serenità vostra a tenerselo con ogni uffizio che possa sempre benevolo, perchè non può se non aspettar da questo nelle occorrenze sue, che accadono per la vicinanza delli stati, appresso il re ottimo giovamento.

Al secondo, che è spagnuolo nutrito con lui fino in Spagna, ha molta affezione. Questo aveva prima titolo di tesoriere, e per lui si soleva il re governare, sì che esso quasi faceva il tutto (ed invero è stimato ed onorato uomo pronto d' ingegno, savio ed accorto molto); ma perchè non era grato a Tedeschi, e pareva che non lo potessero vedere, il re è stato costretto allontanarselo dalla corte; di modo che gli ha donato alcuni castelli sopra Villach, che gli danno d'entrata forse otto mila fiorini, e fattolo conte di Ottemburgh, dove egli stà il più del tempo dell' anno, e poco s' impaccia ora più del governo.

Il capitano Roccandolfo, che è il suo gran maestro, è germano tedesco ); ha praticato in Spagna e nelle guerre d'Italia lungamente, ed è riputato uomo di cuore, e che intende le cose della guerra meglio che alcun' altro germano, e però il re gli diede il governo delle genti tutte che aveva in Ungheria e lo fece capitano di tutta quella impresa.

L'Hostman, che è ora il tesoriero, è pure germano, ed ha molta grazia appresso il re; ma in vero il reverendissimo cardinale di Trento è quello che ha più autorità di tutti li altri su lui, e gli è quasi sempre appresso.

Oltre di questi ha poi li suoi consiglieri di giustizia, tra li quali è il conte Leonardo Nogarola, gentiluomo vicentino, che fu figliuolo del conte Girolamo già bandito per causa di ribellione dalla serenità vostra', non mediocremente amato, e da lui assai adope

↑ Le più laboriose indagini mi sono tornate insufficienti a determinare la colpa cui questo conte Girolamo fu debitore dell' esiglio. Il Sansovino, l'unico scrittore nel quale io abbia trovato menzione di questo individuo della casa dei Nogarola, tace, genealogista adulatore, tutti quei fatti la cui memoria poteva non tornare gradita ai viventi della famiglia, come, ad esempio, la decapitazione del cavaliere Giovanni nel gennajo del 1413 per aver voluto aiutare un tentativo degli Scaligeri sopra Verona ( Sanuto, Vita del doge Michele Steno, in Rer. Ital. Script. Vol. XXII, c. 875). Induco però abbastanza fondatamente, cred'io, che la colpa della quale è discorso fosse una dimostrazione di favore usata da detto conte a Massimiliano nel tempo della guerra della lega di Cambrai contro Venezia. Dice dunque il Sansovino : « Hiero« nimo cultissimo et elegante poeta, fu di tanta cognizione di buone e belle « lettere umane che Massimiliano imperatore, favorendo molto la virtù sua, lo fece suo secretario; onde onorato da lui di ricchezze e di gradi, fu rimesso « nel suo contado di Schio (a)» ( Famiglie illustri d'Italia, Venezia 1582 c. 149). Queste ultime parole soltanto ci danno indizio che detto conte Girolamo avesse incorsa la disgrazia del suo governo, quantunque il vederla poi continuata nel suo figlio Leonardo non si accordi molto col fu rimesso che qui leggiamo. Intorno il quale Leonardo ecco quanto ne riferisce l'Alberti, che, sebbene ritenuto nel suo scrivere dagli stessi rispetti che il Sansovino, ci dà pure la certezza di questa colpa del padre di cui parla la Relazione: « Fu Leonardo degnissimo filosofo ed eccellente teologo e non « meno eloquentissimo oratore, il qual essendo molto dalla fortuna tra« vagliato, ovunque passava però era onorato portando seco tutti i suoi « beni come faceva Biante Prianeo. Ora essendo fuori della patria gra« ziosamente fu ricevuto da Clemente VII pontefice e poi da Massimiliano « imperatore, e mandato ambasciatore a diversi principi e diverse nazioni; << che (oltre alla dottrina che aveva) era perito nell'idioma francese, ale« manno, spagnuolo, ungarese, turchesco e schiavone. Onde era tenuto che non fosse quasi lingua alcuna a lui nascosta, tanta era la eccellenza del suo (a) Trovo in altri riscontri che questo era veramente uno dei possessi dei Nogarola.

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rato, il quale avendo io conosciuto prima in Augusta, e poi nella corte dell' imperatore, che seguì in Fiandra come nunzio del re, m'è parso sempre gentiluomo prudente molto e modesto.

Di lui ed in Augusta, ed in Aquisgrana mi parlò il re più volte instandomi con tanto studio ed affezione ch'io lo raccomandassi alla serenità vostra, che più non potrei dire; ma in vero fece in ciò uffizio tale che, come in mie lettere fino da allora scrissi, mostrò di amarlo estremamente: per il che non crederei che potesse se non giovare assai ancora alle cose di questo eccellentissimo dominio gratificarlo, se si potesse, almeno in qualche parte delle petizioni sue. Costui è quello che ora è mandato dal detto serenissimo re ambasciatore al signor Turco'.

ingegno. Mancò tanta non gloria solamente di Verona ma d'Italia questi an« ni passati in Trieste ove era capitano, signore di Belforte, consigliere « dell'imperatore, conte e cavaliere di san Giacomo. Non potrei scriver « tanto di quest'uomo quanto le degnissime sue virtù ricercano » ( Descrizione dell'Italia. Ediz. Bolog. nel 1550 pag. 416).

Il Sansovino e l'Alberti ci danno questo conte Leonardo per Veronese; io però per la testimonianza dell'Ambasciatore e del Sabellico al luogo che sono per citare più innanzi, e per quanto mi pare di potere ragionevolmente indurre dalla stessa confusa genealogia del Sansovino, lo ritengo di patria Vicentina, e di un ramo diverso da quello in cui si è perpetuata la famiglia dei Nogarola Veronesi, e del quale vivevano al di lui tempo tranquillamente ed onoratamente in Verona tre fratelli, Luigi, Alessandro, e un'altro Leonardo lodato da un Pier di Dante Alighieri in una egloga pastorale citata nell'antico giornale dei letterati di Venezia (T. IX p. 118), e stamṛata da Aldo Manuzio nel 1564 in un volume contenente le due orazioni funebri dei nominati fratelli di questo secondo Leonardo scritte da Valerio Palermo: libro rarissimo.

« Ferdinandus ubi fit certior Solymanum prima agmina per Thra« ciam extendisse, ad eum cum muneribus ac aequissimis de pace foedere man« datis tres legatos mittit, quorum princeps erat Leonardus Nogarola nobilis « Vicentinus litterarum ac multarum linguarum peritia insignis. » (Sabellici historiarum suppl. L. XV. Ediz. Basilea, T. III. p. 355. B.)

Ha inoltre il re diversi altri appresso di sè, che usa frequentemente nei consigli suoi. Ma con li primi soli tratta tutte le cose pertinenti alla pace ed alla guerra, e con questi altri poi le cose sole di giustizia. Delle quali però molte, che gli pare che abbiano bisogno di maggior istruzione e più diligente esame, manda sempre, prima che le spedisca, a vederle alli consigli suoi che tiene uno in Vienna ove si giudicano tutte le cose dei contadi d' Austria, Stiria, Carintia e Carniola, e l'altro in Ispruch che ha da terminar tutte le cose del contado di Tirolo. Li quali delle cose rimessegli dal re intendono, consultano, e riferiscono secondo il parer loro; la cui relazione avuta egli, o la segue come nella parte maggiore delle cose suol fare, o siccome gli par poi, moderandola, l'impedisce a modo suo.

Egli, medesimamente come fa l'imperatore, vuol conoscere tutte le cose sue, nè alcuna rimette altrui, se non quelle che vanno per l'ordinario, e questo fa con somma diligenza, perchè ogni giorno ha le sue ore determinate dell' udienza, che son sempre ordinariamente la mattina per tempo, e il dopo pranzo subito per due ore, e così del consiglio dove s'entra finita l'udienza. Dal che nasce che le espedizioni sue si fanno più celeri assai che quelle dell'imperatore, onde pare che non senza meraviglia si veda due fratelli, così d'animo e di voler congiuntissimi, essere e di complessione e di costumi quasi in tutto contrarj e diversi. Ambo savj e prudenti e molto intelligenti di tutte le cose, ma l' imperatore più considerato, più riservato e più grave; questo più pronto, più efficace, più espedito e d'ingegno molto vivo, che parla di tutte le cose di stato e dei governi molto risolutamente, e dell' altre ancora che quo

tidianamente ne'familiari ragionamenti occorrono, bene e con buon discorso, sì che di niuna pare ignaro, e che intrattiene assai domesticamente tutti quei signori ai quali accade qualche volta aver che fare con lui.

Ha non solamente le lingue tedesca, francese e spagnuola, come ha anco l'imperatore, prontissime, ma l'italiana ancora e la latina assai facili, sì che e l'una e l'altra intende e parla assai accomodatamente, benchè l'italiana non usa così frequentemente e così volentieri, e nella latina facetamente dice che parla al modo militare, e che se pur qualche volta dà dei buffetti a Prisciano crede che questo sia lecito a lui, non gli parendo che Prisciano avesse autorità d'imponer leggi al re.

Nell'udienze sue ascolta volentieri ognuno, e poi gli risponde con brevi parole ad ogni parte assai risolutamente. È ben vero che per essere di complessione collerico e di natura più caldo, con più riguardo ancora è bisogno che gli parli chi gli ha da esporre li casi suoi, e che non così liberamente dica cosa che lo punga, perchè non saria in ciò così paziente ad udire, nè così mansuetamente gli risponderia forse come l'imperatore; ma esponendogli comodamente li negozj che occorrono al proposito, risponde ad ogni parte con tal forma, che manda da sè via ognuno ben soddisfatto. Nel viver suo è magnifico assai, e nel vestir suo e delli suoi, che da lui hanno le vesti, compare molto onorato e più riccamente si dimostra, quando esce in qualche pompa, che non fa l'imperatore. Ma nelli atti di liberalità ( avendo trovato le entrate sue impegnate dall'imperatore Massimiliano, e la camera carica di debiti, ed essendo stato sempre per causa delle guerre seguite fino ad ora gravato di spese, si che gli è conve

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