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dinato lavoro scientifico. Come per me fu perduto, dice egli nel Convito (7), il primo diletto della mia anima (cioè Beatrice), io rimasi di tanta tristizia punto, che alcuno conforto non mi valea. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente che s'argomentava di sanare, provvide..... ritornare al modo che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio, nel quale cattivo e discacciato consolato s'avea. E udendo ancora, che Tullio scritto avea un altro libro nel quale trattando dell' amistà, avea toccale parole della consolazione di Lelio, .......... misimi a leggere quello. E avvegnachè duro mi fosse prima entrare nella loro sentenza, finalmente v' entrai tant entro, quanto l'arte di gramatica ch'io avea, e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea, siccome nella Vita Nuova si può vedere. Qui adunque l'Alighieri ingenuamente confessa, che nella sua giovinezza non possedeva le scienze, e che all'infuori del proprio ingegno e dell'arte di grammatica, valer d'altro non si potè per la composizione del suo primo Libro. Ora proseguiamo ad ascoltarlo: E siccome essere suole, che l'uomo va cercando argento, e fuori della intenzione trova oro, io che cercava di consolarmi, trovai non solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d'autori e di scienze e di libri; li quali considerando, giudicava bene che la filosofia, che era la donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri, fosse somma cosa. E immaginava lei fatta come una donna gentile, e non la potea immaginare in atto alcuno se non misericordioso. Per che si volentieri lo senso di vero l' ammirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo immaginare cominciai ad andare là ov'ella si dimostrava veracemente, cioè nelle scuole de' Religiosi, e alle disputazioni de' filosofanti: sicchè in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore cacciava e distruggera ogni altro pensiero. Da questo passo avrà il Lettore agevolmente raccolto, che Dante fino a tre anni dopo morta Beatrice non pervenne a gustare le dolcezze della filosofia, ed a cangiare il primo verace e naturale amore in un secondo intellettuale e allegorico. È forza dunque inferirne che la Vita Nuova essendo da lui stata scritta un solo anno appresso la morte di quella donzella che fu l'oggetto del suo primo amore (8), si aggiri tuttaquanta su questo e non già

(;) Tratt. II, cap. 13.

(8) Che la Vita Nuova fosse scritta da Dante un anno o due al più appresso la morte di Beatrice, si deduce dall'ultimo paragrafo del libro

sull'altro, del quale non aveva egli per anco provata la virtù e la possanza. Al Convito poi incominciò l'Alighieri a por mano, compito il corso de' suoi filosofici studi; nè v'è principio di dubbio che la donna in quel libro encomiata sia la Filosofia. Ma donde mai la piena certezza di ciò? Dalle parole di Dante medesimo: Questa Donna fu figlia di Dio, Regina di tutto, nobilissima e bellissima Filosofra (9)..... Boezio e Tullio inviarono me nell'amore, cioè nello studio di questa donna gentilissima Filosofia (10) ... Si vuole sapere che questa donna è la Filosofia, la quale veramente è donna piena di dolcezza, ornata d'onestade, mirabile di sapere, gloriosa di libertade (11) ..... Questa donna è quella dello intelletto che Filosofia si chiama (12). Anche il Biscioni, alloraquando si fa a provare che la donna del Convito è un ente puramente intellettuale, si appoggia a questi passi da me riportati, ed aggiunge che una veridica storia dell'Alighieri non si può compiutamente fare se non ricercando da Dante medesimo la verità delle cose, perciocchè a scrivere con fedeltà la vita d'alcuno o bisogna esser vissuti al tempo di colui, del quale scriver si vuole, ed avere con esso domesticamente conversato; ovvero fa di mestieri, con istudio e fatica, dalle opere di lui, o da altri legittimi documenti, che autentici dichiarare si possano, le notizie ritrarne (13). Or se questo dunque insinua il Biscioni, e perchè poscia non vuole che la storia degli amori di Dante per Beatrice Portinari si appoggi alle di lui stesse confessioni sparse nelle proprie Opere? perchè non vuole che le sincere narrazioni della Vita Nuova siano prese alla lettera, quand' egli prende pure alla lettera le altre del Convito or riportate? Il nome di Beatrice, l'età sua, la morte del Padre, e quella ancora di lei stessa, le peregrinazioni e infermità di Dante, i fatti e i detti d'altre donne ec. sono, egli dice e asserisce, tutte cose ideali, ed a figura ridurre si debbono. Ma perchè? Perchè

stesso, dal cap. I. del 'Tratt. I. del Convito, e dallo squarcio superiormente riportato. Anche il Boccaccio narra che Dante la compose nel suo anno ventesimo sesto; e nel suo ventesimoquarto la vuole composta il Biscioni. Che il Boccaccio abbia intorno a ciò narrato il vero, e che la Vita Nuova sia stata scritta da Dante nel 1291, o nel 1292, lo proverò pienamente alquanto più sotto.

(9) Tratt. II, cap. 13.

(10) Tratt. II, cap. 16. (11) Ivi.

(12) Tratt. III, cap. 11. (13) Pag. IX.

(egli risponde, e il Lettore noti bene questa magistrale risposta) perchè elle non furono con più particolari distintivi specificate dal Poeta (14). Ma Dio buono! è egli possibile di bevere così grosso? è egli possibile di produrre in buona fede di cotali ragioni? E sarà egli d'altronde possibile, che un Lettore sensato voglia più prestar fede agli altrui sogni che non al proprio discernimento? Narra in questo suo Libretto l'Alighieri, che la prima volta che Beatrice apparve davanti a'suoi occhi, non aveva ancor nove anni d'età: narra che essa era di sì nobili e laudabili portamenti, che di lei poteano dirsi quelle parole d'Omero,, Ella non pare figlia d'uom mortale, ma di Dio „: narra che se trovavasi in luogo, ov' ella fosse, un repentino tremore per tutta la persona assalivalo: narra che abbenchè Amore baldanzosamente il signoreggiasse, tuttavolta la bella immagine della sua amata non sofferiva, che ei lo reggesse senza il fedele consiglio della ragione: narra che egli cercava con ogni studio di celare altrui quest'amore, e che d'altre donne fingendo essere innamorato, fece d'es se schermo alla verità attalchè molti non conoscendo la femmina per cui distruggevasi, non si sapeano come chiamarla (15): narra che

(14) Pag. XII.

(15) Cade qui il destro di por sott'occhio del critico lettore la corre zione che nella mia edizione del 1839 credei dover fare nel passo della Vita Nuova, che così dice: Alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu da molti chiamata Beatrice, i quali non sapeano che si chiamare. La correzione consiste in questo: nell'aver cambiato i quali in e quali, dappoichè io tengo che la prima lezione sia errata. E che sia tale apparirà da ciò che sono per dire. In questo luogo dice Dante che la sua Donna fu chiamata da molti Beatrice: or come potrebb'egli tosto soggiungere i quali (molti) non sapeano che si chiamare, cioè non sapeano come chiamarla? Ben s'accorse della contradizione il Trivulzio, e però nel suo testo stampò: i quali non sapeano che si (cosi) chiamare; correzione ingegnosa, ma a mio giudicio non vera. Narra Dante in questo libretto che studiavasi celare altrui l'oggetto della sua passione, e che a ciò ottenere pose in opera alcuni artifizj, i quali per alcun tempo servirongli, ma che finalmente il suo segreto fu da molti discoperto, mentre ad altri rimase tuttavia occulto. Or, saputo ciò, - non è egli facile il vedere che in questo inciso Dante ha voluto dirci lo stesso? Alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu da molti chiamata Beatrice, e quali non sapeano che si chiamare, cioè, ed altri non sapeano come chiamarla. Che se ad alcuno venisse difficoltà nell'ammettere una correzione del testo, non autenticata

compose un Serventese in lode delle sessanta più belle donne della città, fra le quali collocò pure la donna sua: narra che uno de' più grandi suoi desiderii era quello di venir da lei salutato: narra che un dì la vide venir appresso Giovanna, la donna del Cavalcanti, e che quand'ella passava per via, tutti le si facean d'attorno per ammirarla: narra infine che essa morì il 9 Giugno del 1290 nella giovanile età di cinque lustri, e che egli a disacerbare alquanto l'immenso dolore ch'erasi fatto distruggitore dell'anima sua, scrisse la Canzone Gli occhi dolenti ec.

Questi e cento altri piccoli fatti, dettagli ed aneddoti che si rinvengono nella Vita Nuova, potrann' eglino forse non dirsi bastantemente dal Poeta specificati? potrann' eglino forse ridursi a figura? Ma il Biscioni insiste e sentenzia: essere inverisimile che Beatrice fosse una donna vera, perchè Dante chiamolla la gloriosa Donna non del suo cuore ma sibbene della sua mente, vale a dire dell'intelletto (16); perchè dissela desiderata in cielo dagli Angeli e da' Santi, ove null' altra mancanza avevasi che di lei (17); perchè la predicò distruggitrice di tutti i vizj, e regina delle virtù (18), e la credè un numero nove, cioè un miracolo della Santissima Trinità (19) ec.,

da Codici, io risponderò, che mentre a por la mano nelle scritture de'nostri antichi deesi procedere con cautela e parsimonia grandissima, non hassi poi ad avere un soverchio scrupolo allorquando il contesto ed una critica sana e giudiziosa ci siano di guida e d'appoggio. La correzione pingeva con la zanca da me fatta nel testo della Commedia, Inf. XIX, 45 sulla lezione errata piangeva, non è ella stata generalmnete approvata, abbenchè non autenticata nè da antiche stampe, nè da Codice alcuno? Nè io mi sarei più che tanto fermato su questa lezione, se non vi fossero alcuni che d'essa si valgono per trarne fuori un senso il quale appoggierebbe l'opinione che Beatrice sia nella mente di Dante un essere puramente intellettuale e simbolico.

(16) » Quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente (Vita Nuova Vol. IV, p. 665).

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(18), Quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizj, e reina delle virtù ec. „ (Vita Nuova Vol. IV, p. 675 ).

(19), Questa donna fu accompagnata dal numero nove a dare ad

intendere ch'ell'era un nove, cioè un miracolo, la cui radice è solamente

prerogative nobilissime ed eccellentissime, confacevoli solo a creatura più che umana e mortale (20). Or io domando al Biscioni, se quella Laura, la quale egli dice trovare grandissimamente differente da Beatrice (21), perciocchè fu una vera donna, non riscotesse dall'innamorato Petrarca le medesime enfatiche ed iperboliche lodi. Apriamo il di lui Canzoniere, e lo vedremo ben tosto:

Gentil mia donna, io veggio

Nel mover de' vostri occhi un dolce lume.
Che mi mostra la via, che al ciel conduce.

Quest' è la vista ch' a ben fur m'induce,
E che mi scorge al glorioso fine.

Chi vuol veder quantunque può Natura
E'l Ciel fra noi, venga a mirar costei.

Non era l'andar suo cosa mortale
Ma d'angelica forma.

Laura mandata in terra

A far del ciel fede tra noi.

Se alcuno mi domandasse il perchè ( aveva già detto il Dionisi) il perchè, essendo Beatrice una femmina

In carne, in ossa e colle sue giunture,

Dante ne abbia parlato nella Vita Nuova in un modo quasi del pari maraviglioso, come se fosse la donna del Convito: per questo appunto, risponderei, che Dante era poeta, celebrò Beatrice poeticamente con lodi superiori alle umane. Ma essendochè in quella prima etade non aveva egli la cognizione delle scienze, lodolla quanto sapeva e poteva col solo lume della ragione, sforzandosi di descrivere nel suo Opuscolo un amore razionale e metafisico, non quale in fatti esso era, ma quale doveva o poteva essere dalla scorta fedele condotto della ragione. Ma poi ch'egli s'ebbe dato all'amore, cioè allo studio della Filosofia, lodò e celebrò altamente questa quasi seconda donna nel suo Convito e nelle sue filosofiche Canzoni con tutto il lume ch'egli avea di scienza e

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„ la mirabile Trinitade (Vita Nuova Vol. IV, 709). A mostrar che significhi questo numero nove, e a toglierne il miracoloso, farò parole più avanti in apposita nota.

(20) Biscioni pag. XIII, e XXXI.

(21) Pag. XII.

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