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dell'Opera, ch'egli aveva allora fra mano; sì perchè (egli dice) altro si conviene e dire e operare ad un' etade che ad altra; sì perchè (egli prosegue ) certi costumi ( ed il Lettore avvisti bene questo vocabolo) sono idonei e laudabili ad un'etade, che sono ad altra sconci e biasimevoli. E qui notar debbo come il Biscioni sostenendo l' identità dell'argomento di queste due Opere, e riportando (66) il paragrafo di Dante che incomincia, Se nella presente Opera, la quale è nominata Convito ec., maliziosamente tralascia le parole da me ora addotte, che dello stesso paragrafo fanno parte, e che chiaramente palesano l'assurdità della sua asserzione.

Che dirò poi di quel bizzarro trovato, che Dante colle sue opere intendesse rappresentare le tre principali etadi dell'uomo? Dirò, che le opinioni, qualunque elle siano, hanno tanto più d'uopo di dimostrazioni e di prove, quanto meno si appoggiano sulle verità già comprovate ed antiche: e rinviando il Lettore a ciò che dissi nel §. VII. della mia Dissertazion sul Convito, ove contro un seguace dell'opinion Biscioniana tenni non lungo discorso, dirò altresì, che l'unico argomento dal Biscioni portato in campo a sostegno della propria opinione, nulla vale e nulla conchiude, poichè a tutt'altro che a un disegno sistematico egli appare d'aver relazione. E se di questo visionario Interpetre volessi un momento prendermi giuoco, non potrei io concedergli tutto, secolui asserendo che la Vita Nuova, il Convito, e la Divina Commedia rappresentino l'Adolescenza, la Virilità e la Senettù con le qualità proprie di quelle, e secondo questo principio conchiudere e dirgli: come dunque la Vita Nuova, che rappresentar dee l'Adolescenza e le proprie sue qualità, vorrà esprimere, siccome voi dite, virili e filosofici concetti, e non piuttosto parlare d'amore ch'è la passione propria di quell'età?

Curioso poi ne torna il vedere, com' egli in appoggio delle proprie opinioni citi bene spesso de' passi, che fann' anzi contro di esse. Dopo avere dapprima insinuato, che le donne di Dante sono in sostanza una sola ed identica, cioè la Sapienza, viene a dirci dappoi, che desse son due, la Filosofia morale cioè, e la Scienza delle cose divine (67): la riprova e dimostrazione di ciò deducesi, secondo lui, dal noto dialogo fra Dante e Beatrice là nel XXV del Purgatorio, del quale ho fatto io pure qualche parola più sopra, e del quale ei riporta parecchi ternarii. E i ternarii da lui riportati racchiudendo le note frasi Quando di carne a spirto era salita ec, ec., le quali danno chiaro a

(66) Pag. XVIII.

(67) Pag. XXXV e XXXVI.

vedere che la Beatrice che quivi ragiona è colei delle cui corporalí bellezze fu innamorato il Poeta, e contenendo un aspro e severo rimprovero per l'amore quasi del tutto da esso obliato, mostrano il difetto de' suoi sillogismi, e distruggono i suoi deboli e vacillanti argomenti. Come infatti la Sapienza Divina potrebbe a Dante rimproverare d'aver dato opera alla morale Filosofia o scienza umana, se più chiamare si voglia, che pur da essa divina trae origine, e immediatamente procede? Non mi valse it richiamarti al diritto sentiero colle ispirazioni e co' sogni, ella rimprovera a Dante: tanto ti abbandonasti al tuo accecamento, che per ritrartene mi fu d'uopo mostrarti i castighi delle genti perdute. Nè qui solo s'arresta; ma: dimmi, dimmi, ella prosegue (Canto XXXI ), se questo, di che io ti rimprovero, sia vero: tanta accusa conviene esser congiunta alla tua confessione, ec. ec,. E Dante confuso e pauroso, a voce bassa risponde di sì: quindi dopo la tratta d'un amaro sospiro esclama piangendo: Le cose caduche di questa terra col falso loro piacere trassero a se li miei passi, appenachè il vostro bel viso si nascose per morte. Tutto questo, e il molto più che nel dialogo si discorre, e il dirvisi che l'Alighieri dandosi in preda ad altri amori avea seguito fallaci immagini di bene, che non rendono intera alcuna promessa; e l' esortazione al Poeta a mostrarsi un'altra volta più forte nell' udir le Sirene ingannevoli, nè a porsi altrimenti d'attorno a giovinette o ad altre vanitadi, le quali han sì brev'uso, può egli veramente dirsi il linguaggio della Scienza Divina, che a Dante rimproveri l'essersi tolto da lei coll'aversi dato alle umane discipline, quasichè fosse delitto l'applicarvisi, e l'uno studio non sia piuttosto scala a quell' altro? Veda adunque il Lettore a che adduce una critica superficiale e imperfetta.

Manifesta l'Alighieri nel Convito (68) che a togliere ogni falsa opinione, per la quale fosse sospettato, il suo amore essere per sensibile dilettazione, aveasi posto a dichiarare i vocaboli, le frasi e i concetti nelle sue filosofiche Canzoni contenuti. E il Biscioni, avvistato quel passo, e legatolo coll'altro della Vita Nuova (69), nel quale l'Autor medesimo confessa, che pesavagli duramente il parlare che alcuni del suo amore facevano oltra i termini della cortesia, dice al solito che queste due Opere hanno insiem tra di loro una stretta corrispondenza, ed al solito esclama: Chi non vede che Dante vuole, che Beatrice non fosse creduta donna vera, com' egli prevedeva dover seguire? Io però ne' passi indicati non so punto vedere quella corrispondenza

(68) Tratt. III, cap. 3. (69) Vol. IV, pag. 675,

non'

e quel legame che il Biscioni vi scorge. E se il primo parla dicendo che l'Amore, nel Convito descritto, non era di sensuale dilettazione (e in ciò non v'è principio di dubbio), l'altro della Vita Nuova parla n ́meno chiaro, esponendo come Dante a celar l'amor suo per Beatrice, forse allora maritata a Simone de' Bardi, mostravasi tanto preso d'un'altra femmina, che molta gente ne ragionava oltra i termini della cortesia: lo che dando all' Alighieri, come quegli ch'amava per gentilezza di cuore, voce e fama d'amatore vizioso, pesavagli duramente. Anzi io dico all'opposto, che se la femmina del Convito è la Filosofia (70), se l'amore per essa è lo studio (71), se il senso è il core (72), se il riso, gli occhi ec. sono le sue persuasioni e dimostrazioni (73) ec., e se tutto questo. ripetutamente l'Alighieri fa noto e dispiega al Lettore; e perchè non fec' egli altrettanto nella Vita Nuova, candidamente dicendo e dichiarando che gli amori in questo libro descritti non doveano intendersi alla lettera, ma che si stavano a rappresentare de' simboli?

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Un anno appresso la morte di Beatrice, Dante incominciò a innamorarsi d'un'altra gentile donzella, giovane, bella, e savia, principalmente per questo, che gli si mostrava pietosa nella sua tribolazione (74). Ond'è che due contrarj pensieri facéano battaglia nell' animo suo; l'uno del primo amore per Beatrice già morta, l'altro d'un nuovo affetto per codesta gentile. Ed il Monti opinò che sotto la figura d'una tal nuova femmina, Dante rappresentasse la filosofia, pel grande amor della quale andava dimenticando l'amore di Beatrice, emblema della Teologia. Veramente quello che ho già detto più volte, che, cioè, soltanto nel dar cominciamento al Convito, Dante dichiarò d'aver fatto succedere al primo naturale affetto l'amore per la Sapienza, fa rilevare l'erroneità dell'opinione del Monti; e chiunque d'altronde legga il racconto del nostro giovine innamorato, e veggā in qual modo confessi d'essere stato tentato di una nuova passione per quella compassionevol donzella, non può a meno di ritenere, ch'ivi parli del tutto fuori d'allegoria. Egli vi dice primieramente, che vedea colei farsi ad una finestra, e guardarlo in atto pietoso; e secondariamente chiama vilissimo il pensiero che di lei parlavagli, e dicelo anche avversario della ragione, desiderio malvagio e vana

(70) Tratt. II, cap. 13, cap. 16, Tratt. III, cap. 11, ed altrove (71) Tratt. III, cap. 12.

(72) Tratt. II, cap. 7.

(73) Tratt. III, cap. 15.

(74) Vita Nuova, poco innanzi la fine.

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tentazione, come quello che movea da un amor sensuale. Or, come questo sarà egli da ritenersi per un linguaggio allegorico da potersi convenientemente applicare alla morale Filosofia?

Il Marchese Trivulzio nella Prefazione alla stampa della Vita Nuova da lui procurata in Milano (Prefazione che nella massima parte qui in nota (75) riporto), facendo osservare che Dante istesso

(75) „, Che nella Vita Nuova si tratti della rigenerazione operata nel„ l'Autore da Amore, è indubitato. Ma quest' amore è poi reale o alle» gorico? reale od allegorica la donua che n'è l'oggetto? Il Canonico » Biscioni risponde: La Beatrice di Dante non essere (come già avea » molto tempo innanzi opinato Mario Filelfo) donna vera, e perciò non » quella de' Portinari ec. ec. . . . . Chi poi dal Biscioni passa a Monsi» gnor Dionisi, l'ode tessere la storia della passione amorosa che Dante ebbe nella sua adolescenza par la famosa Beatrice, contro di chi opinò „ e scrisse, lei non essere stata figlia di Folco Portinari, nè donna vera ec.... Degli altri Critici quale si accosta al Biscioni, e quale al Dio» nisi; e chi senza alcuna preoccupazione si fa a leggere la Vita Nuova » rimane irresoluto s'ei debba attenersi piuttosto all'una opinione che ,, all'altra. Poichè talvolta incontrasi in cose che gli farebbero conchiudere trattarsi qui d'un amore reale con donna vera, o direbbe il Dio. " nisi, con donna

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In carne e in ossa e colle sue giunture;

„, e talvolta ei trovasi per modo assorto fra le astrazioni ed il mistero, che gli è forza di confessare non poter essere questo amore di Dante altro che allegorico. Se non che

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„Hi motus animorum atque haec certamina tanta

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Pulveris exigui jactu compressa quiescent;

e questo pugno di polvere lo prenderemo dal Convito Tratt II, cap. ,,1. Ivi l'Autore dice chiaramente, che le Scritture si possono intendere, „ e debbonsi sponere massimamente per quattro sensi, i quali sono da lui individuati nel letterale, che dicesi anche istorico, nell' allegorico, „nel morale e nell' anagogico, cioè sopra senso. E queste medesime co„se egli ripete nella Lettera latina, con cui dedica la terza Cantica della Divina Commedia a Can grande della Scala; dove, come pure nel ,, Convito, arreca gli esempj a dichiarazione di ciascun senso.

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,, Ora, dov'egli spiega il senso anagogico, prende ad esempio il Sal„\mo In exitu Israel de Ægypto, domus Jacob de populo barbaro: Facta est Judaea santificatio ejus, Israel potestas ejus; e dice (Trattato II, cap. 1). Che avvenga, essere vero secondo la lettera, sie manife„sto, non meno è vero quello che spiritualmente s'intende, cioè che nell'uscita dell' anima dal peccato, essa si è fatta santu e libera in sua

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dichiara nel Convito, come le Scritture si possono intendere e debbonsi esporre massimamente per quattro sensi, i quali sono da lui individuati nel letterale che dicesi anche istorico, nell' allegorico, nel

„podestate; soggiungendo poi, che in dimostrare questo, sempre lo letterale dee andare innanzi, siccome quello nella cui sentenza gli al„tri sono inchiusi; . . . . che in ciascuna cosa naturale e artificiale è "impossibile procedere alla forma, senza prima essere disposto il sug» getto, sopra che la forma dee stare, siccome impossibile è la forma „ di loro venire, se la materia, cioè lo suo suggetto, non è prima dispo»sta ed apparecchiata; . ... che la letterale sentenza sempre sia sug"getto e materia dell' altre, e cose simili. Dal che noi deduciamo, che

letteralmente ed istoricamente la Beatrice della Vita Nuova sia la figlia ,, del fiorentino Folco Portinari, di cui Dante innamorò in età di nove „ anni; in cui egli contemplò ed amò finch'ella visse il complesso di tutte le virtù morali ed intellettuali; che vicina e lontana occupava » tutti i suoi pensieri, quantunque ei cercasse di far credere altrimenti ad ognuno; cui lodò nelle sue Rime fra le sessanta più belle della città, confondendola tra esse, e ponendone il nome sul numero nono; e » che immaturamente rapitagli dalla morte gli fu cagione d'amarissimo dolore e di alto sbigottimento; di che forse cercò di consolarsi accasan„dosi colla Gemma de' Donati. Su questo fondamento istorico della ve„ra Beatrice, adorna d'ogni virtù, e donna del cuore di Dante, noi ,, crediamo senza tema d'errare, che sia piantata l'allegoria della Bea„trice fantastica, donna della sua mente, a cui pose amore nella sua puerizia, cioè della Sapienza, ch' egli coltivava collo studio di tutte le » scienze e di tutte le arti, d'alcuna delle quali credevasi per gli altri „ ed era fatto credere da lui, ch' ei fosse unicamente invaghito. E si no„ti che nel Convito (Tratt. II, cap. 15) egli scrive della Sapienza con ,, Salomone: Sessanta sono le regine, e ottanta le amiche concubine; e ,, delle ancelle adolescenti non è numero: una è la colomba mia e la » perfetta mia. Ma la Sapienza che tutti a se traeva gli spiriti del gio,, vinetto Dante era la Scienza morale, quella che nel Convito paragona ,, al nono cielo, e senza la quale dice che l'altre scienze sarebbono cela➜te alcun tempo, e non sarebbe generazione nè vita di felicità, e indar

no sarebbono scritte, e per antico trovate; quella che mette capo nella „Scienza divina, ch'è piena di tutta pace e perfettamente ne fu il Vero „, vedere, nel quale si cheta l'anima nostra (Tratt. II, cap. 15), siccome ,, il nono cielo precede immediatamente all' Empireo, a cui egli dice ,, che ha comparazione la Teologia. Per tal modo, morta la Beatrice al,,legorica, cioè raffreddatosi in Dante l'amore d'una tale Sapienza (e » forse ciò avvenne nel tempo che la Portinari mori) indarno col cede

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