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di Dio GESU CRISTO, e pe' suoi discepoli, le verità soprannaturali, e le cose a noi necessarie ci rivelò; nientedimeno la umana cupidità le posporrebbe, se gli uomini come cavalli, nella loro bestialità vagabondi, con freno non fussino rattenuti. Onde e' tu di bisogno all'uomo di due direzioni secondo i due fini, cioè del sommo pontefice, il quale secondo le rivelazioni dirizzasse la umana generazione alla felicità spirituale, e dello imperadore il quale secondo gli ammaestramenti filosofici alla temporale felicità dirizzasse gli uomini. Ed essendo che a questo porto nessuni o pochi e difficilmente potrebbono pervenire, se la generazione umana sedate e quietate l'onde della cupidità non si riposasse libera nella tranquillità della pace; questo è quel segno al quale massime debbe risguardare l'imperadore della terra, principe romano, acciocchè in questa abitazione mortale in pace si viva. E perchè la disposizione di questo mondo seguita la disposizione delle celesti sfere, è necessario a questo, affinchè gli universali ammaestramenti della pacifica libertà comodamente a' luoghi ed a' tempi s'adattino, che questo terreno imperadore sia da colui spirato il quale presen zialmente vede tutta la disposizione de' cieli. Questi è solo Colui che ordinò questa disposizione, acciocchè egli per mezzo di essa provedendo, tutte le cose a'suoi ordini collegasse. E se egli è così, solo Iddio elegge, solo Iddio conferma, non avendo egli superiore. Onde ancora vedere si può, che nè questi che ora si dicono, nè altri che mai si sieno detti elettori, così si debbono chiamare, ma piuttosto de

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divinae providentiae sunt habendi. Unde fit, quod aliquando patiantur dissidium, quibus denunciandi dignitas est indulta: vel quia omnes, vel quia quidam eorum, bula cupiditatis obtenebrati, divinae dispensationis faciem non discernunt. Sic er go patet, quod auctoritas temporalis Mo narchae, sine ullo medio, in ipsum de fonte universalis auctoritatis descendit. Qui quidem fons in arce suae simplicitatis unitus, in multiplices alveos influit, ex abundantia bonitatis divinae. Et jam satis videor metam attigisse propositam. Enucleata namque veritas est quaestionis illius, qua quaerebatur, utrum ad bene esse mundi necessarium esset Monarchiae officium; ac illius, qua quaerebatur, an Romanus populas de jure Imperium sibi adsciverit; nec non illius ultimae, qua quaerebatur, an Monarchae auctoritas a Deo, vel ab alio dependeret immediate. Quae quidem veritas ultimae quaestionis non sic stricte recipienda est, ut Romanus princeps in aliquo Romano Pontifici non subjaceat: cum mortalis ista felicitas quodammodo ad immortalem felicitatem ordinetur. Illa igitur reverentia Caesar utatur ad Petrum, qua primogenitus filius debet uti ad patrem: ut luce paternae gratiae illustratus, virtuo sius orbem terrae irradiet. Cui ab Illo sole praefectus est, qui est omnium spiritualium et temporalium gubernator.

FINIS

nanziatori della provvidenza divina. Di qui av viene che spesso insieme si discordano quelli a' quali è data una tale facoltà di denunziare; o perchè tutti loro, o perchè alcuni di loro, ottenebrati dalla nebbia della cupidità, non discernono la faccia della disposizione divina. Così adunque apparisce che l'autorità della temporale monarchia senza mezzo alcuno in esso monarca discende dal fonte della universale autorità: il quale fonte nella sommità della semplicità sua unito, in varii rivi spartisce liquore della bontà sua abbondante. E già mi pare assai avere tocco il proposto termine. Imperciocchè è dichiarata la verità di quella quistione per la quale si cercava se al betre essere del mondo fosse l'officio del monarca necessario; ed ancora di quella che cercava se il popolo romano per ragione s'attribui l'imperio, non meno che dell'ultima nella quale si domandava, se l'autorità del monarca, senza mezzo, da Dio ovvero da altri dipendesse. Ma la verità di quest'ultima quistione non si deve così strettamente intendere, che il principe romano non sia al pontefice in alcuna cosa soggetto: conciossiachè questa mortale felicità alla felicità immortale sia ordinata. Cesare adunque quella reverenza usi a Pietro, la quale il primogenito figliuolo usare verso il padre debbe, acciocchè egli illustrato dalla luce della paterna grazia, con più virtù il circolo della terra illumini. Al quale circolo è da Colui solo proposto il quale è di tutte le cose spirituali e temporali governatore.

FINE

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SOCIO CORRISPONDENTE DELL' ACCADEMIA TIBERINA TOSCANA, DELLA VALDARNESE DEL POGGIO, DI QUELLA DE PETRARCA D'AREZZO, DEGL INCAMMINATI DA MODIGLIANA, EC.

FIRENZE

DALLA TIP. DI LEOP. ALLEGRINI E GIO. MAZZONI

NELLA BADIA FIORENTINA

1839

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