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mentre che tu se' fatta bestia di molti capi; e per questo ti sforzi con lo infermo intelletto per diverse cose ravvolgerti, avendo errore nello intelletto speculativo e nel pratico, ed errando nello affetto. Tu non curi lo intelletto superiore che ha in se ragioni insuperabili, e non riguardi il volto inferiore della esperienzia, nè ancora l'affetto dolce della divina persuasione, quando per la tromba del Santo Spirito t'è sonato: Ecco quanto buono e quanto giocondo è che i fratelli abitino in uno.

QUOMODO ROMANUS POPULUS DE JURE SIBI ADSCIVERIT OFFICIUM MONARCHIAE SIVE IMPERII.

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Quare fremuerunt gentes, et populi meditati sunt inania? Astiterunt reges terrae, et principes convenerunt in unum, adversus Doninum, et adversus Christum ejus. Disrumpamus vincula eorum, et projiciamus à nobis jugum ipsorum. Sicut ad faciem causae non pertingentes, novum effectum communiter admiramur: sic, cum causam cognoscimus, eos qui sunt in admiratione restantes, quadam derisione despicimus. Admirabar siquidem aliquando, Romanum populum in orbe terrarum sine ulla resistentia fuisse praefectum, cum tantum superficialiter intuens illum, nullo jure, sed armorum tantummodo violentia, obtinuisse arbitrabar. Sed postquam medullitus oculos mentis infixi, et per efficacissima signa divinam providentiam hoc effecisse cognovi: admiratione cedente, derisiva quaedam supervenit despectio. Cum gentes noverim contra Romani populi praeeminentiam fremuisse: cum videam populos vana meditantes, ut ipse solebam: cum insuper doleam reges et principes in hoc unico concordantes, ut adversentur Domino suo, et uncto suo Romano Principi. Propter quod derisive, non si

COME IL POPOLO ROMANO S'ATTRIBUI DI RAGIONE L'OFFICIO DELLA MONARCHIA OSSIA IMPERO.

Perche hanno fatto romore le genti, ed i popoli hanno pensato cose vane? Sonosi fatti innanzi i re della terra, ed i principi sono concorsi in uno contro al Signore e contro al Cristo suo. Adunque rompiamo i loro legami, e removiamo da noi il giogo loro. Come quando noi non pervegniamo alla faccia della cagione, comunemente ci maravigliamo del nuovo effetto; così quando noi conosciamo la cagione, con una certa derisione disprezziamo quelli che restano in ammirazione. Io già mi maravigliavo del romano popolo che sanza alcuna resistenzia, nel circolo della terra, fasse prefetto, quando solamente secondo la superficie risguardavo che quello non con ragione, ma con forza d'arme, pareva che avesse ottenuto il principato. Ma poichè io ho i fondamenti meglio veduti, e per efficaci segni ho conosciuto, questo essere fatto dalla Divina Providenzia, non mi maraviglio più, ma con derisione è sopravvenuto un disprez zo: avendo io conosciuto le genti contro alla preminenza del popolo romano fare romore; e vedendo i popoli pensare le cose vane coine io solevo, e massime dolendomi che i re e i principi in questo s' accordino a contrapporsi al Signore suo ed allo unico Principe romano.

ne dolore quodam, cum illo clamare possum, pro populo glorioso et pro Caesare, qui pro Principe Coeli clamabat: Quare fremuerunt gentes et populi meditati sunt inania? Astiterunt reges terrae, et principes convenerunt in unum, adversus Dominum, et adversus Christum ejus. Verum quia naturalis amor diuturnam esse derisionem non patitur, sed ut sol aestivus, qui disjectis nebulis matutinis, oriens luculenter irradiat, derisione omissa, lucem correctionis effundere mavult, ad disrumpendum vincu la ignorantiae Regumatque Principum talium: ad ostendendum genus humanum liberum a jugo ipsorum. Cum Propheta sanctis simo me subsequentem hortabor, subsequentia subassumens: Disrumpamus, videlicet, vincala eorum, et projiciamus a nobis jugum ipsorum. Haec equidem duo fient sufficienter, si secundam partem praesentis propositi pro sequutus fuero, et instantis quaestionis veri tatem ostendam. Nam per hoc, quod Romanum imperium de jure fuisse, monstrabitur, non solum ab oculis Principum, qui gubernacula publica sibi usurpant, hoc ipsum de Romano populo mendaciter existimantes, ignorantiae nebula eluetur; sed mortales omnes esse se liberos a jugo sic usurpantium recognoscent, Veritas autem quaestionis patere potest non solum lumine rationis humanae, sed et radio divinae authoritatis, Quae duo cum simul ad unum concurrunt, coelum et terram simul assentire necesse est, Igitur fiduciae prachotatac innixus, et te

Per la qual cosa con derisione e con dolore posso clamare pel glorioso popolo e per Cesare insieme con colui che clamava pel Principe del cielo: Perchè hanno fatto romore le genti, ed i popoli hanno pensato cose vane? Sonosi fatti innanzi i re della terra, ed i principi sono concorsi in uno contro al Signore e contro al Cristo suo. Ma perchè il naturale amore non patisce che la derisione sia lunga, come il sole d'estate non patisce i nuvoli, lasciata addietro la derisione, vuole spargere luce di correzione per rompere i legami della ignoranza di tali re e principi, per mostrare la generazione umana essere libera dal loro giogo. E però io co! Profeta santissimo ini conforterò, così dicendo: Rompiamo i loro legami, e rimoviamo da noi il giogo toro. Queste due cose sufficientemente fareno se io seguiterò la seconda parte del nostro proposito, e mostrerò la verità della presente quistione. Imperocchè mostrando il romano Imperio essere stato ragionevole, non solainente si leverà la nebbia degli occhi de' principi, i quali usurpano per sè il governo, e mendacemente stimano questo del popolo romano, ma eziandio tutti gli uomini conosceranno se essere liberi dal giogo di questi usurpatori. La verità di questa quistione può essere manifesta non solo per lume di ragione umana, ma eziandio per raggio della autorità divina. Le quali due cose quando insieme concorrono, è necessario che cielo e terra v'acconsentisca. Adunque con questa fidanza, e pel te

Vol. 111.

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