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carta lacerata. Il Riccardiano invece 1668 ha due iniziali: «E da che m'ebbero benedetto et sengniato scrissero B et Z nella matricola loro, secondo che filosofia disse ch'io era chiamato ». Se anche queste due iniziali potessero significare Bono Zamboni, il che è molto dubbio, resterebbe sempre a notarsi che questo manoscritto è del secolo xv, onde non può avere in siffatta que. stione grande autorità.

Si è anche asserito che la Introduzione alle Virtù sia stata imitata dalla Consolazione della Filosofia di Boezio. Ma la somiglianza invece tra i due libri è ben tenue. Tutt' al più si può trovarla nell' avere introdotta a parlare la Filosofia; ma è certo che la Filosofia dell' ascetico scrittore del medioevo è sostanzialmente diversa da quella di Boezio.3

Ad ogni modo, però, l'opera, di cui parliamo, non è priva di una certa caratteristica origina

1 Questo codice ha un capitolo finale, che manca agli altri manoscritti che ho veduti. Ivi si racconta una visione del paradiso, e termina con queste parole: « Nel nome di Dio et della sua madre Vergine Maria et di tucti sancti piacque al nostro signore Jhu. Xpo. dimostrare alla sopra dicta persona lo modo delle pene che ano l'anime dannate. Et questa autra visione fue passati tre di dalla sopra dicta cioè una domenica nocte nelli anni domini mille trecento trenta et uno a di sei del mese di ferraio. amen ».

2 Lo disse il Rosini nella ediz. di questo libro; lo ripeterono il Tassi e il Nannucci.

3 C'è però al principio del libro una conformità con Boezio che non vogliamo tacere. Questi scrive: « Haec dum mecum tacitus ipse reputarem, querimoniamque lacrimabilem stili officio designarem, adstitisse mihi supra verticem visa est mulier » E nella Intro

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lità, specialmente nella sua seconda parte, cioè dove l'autore intraprende il viaggio « per andare alle Virtudi », sotto la guida della Filosofia. Quivi comincia un allegorismo che merita di essere notato. I due viaggiatori giungono dapprima « a uno prato, là dove avea una bellissima fonte a una ombra di pino ». La Filosofia dice che ivi presso abita una virtù « che s'appella Fede Cristiana ». Rimontati a cavallo, giungono all'albergo della Fede, che era « uno palagio molto grande, le cui mura erano tutte di diamante e d'oro, con buone pietre preziose. La Filosofia e la Fede si salutano, si abbracciano 5 cenano insieme; e la Filosofia quindi presenta il « valletto », dicendo che egli viene per essere aiutato a conquistare il regno del cielo. La Fede lo interroga sopra i sette sacramenti, sui comandamenti di Dio, sul Credo, lo fa giurare di star fermo in tali credenze; e

duzione: Lamentandomi duramente nella profondità di una oscura notte, nel modo che avete udito di sopra, e dirottamente piangendo, sospirando e luttuando m'apparve di sopra al capo figura, che disse ec. ». Notiamo ancora che Boezio è citato in questo stesso capitolo: « Or non si ricorda di quello che disse Boezio? » e in qualche altro luogo dell'opera.

1 Questo viaggio potrebbe lontanamente ricordare quello del Te

soretto.

2 Cap. XIV.

3 Ivi.

4 Cap. xv.

5 In uno scrittore mistico può far meraviglia il leggere che la Fede s'inginocchiò per baciare i piedi alla Filosofia; ma questa « non lo sofferse, ma pigliolla per la mano, e rizzolla; e quando fue ritta in piedi l'abbraccioe, e cominciaro per la grande letizia a lagrimare ». Ancora è da osservare che la Filosofia chiama la Fede sua figliuola.

quindi egli è ammesso per fedele, e « uno notajo che v'era ivi presso, di tutte queste cose trasse carta ».1 Seguitano il viaggio, e cavalcano tanto che giungono « in su uno monte bene alto, laove avea uno romito in una cella; e a piede avea una pianura molto grande, nella quale avea sì grande gente ragunata, che non potrebbe essere annoverata, se non come le stelle del cielo e la rena del mare ».2 Domanda il valletto chi sieno costoro, e la Filosofia gli risponde che sono le Virtù e i Vizi che stanno per venire a battaglia. <<< Ismontati e assettati a sedere sotto uno bello porticale della cella del romito», vedono « lo imperadore e signore di tutta l'oste de' Vizi » che ha nome Superbia, e sette re che sono sotto a lui, e che si chiamano « Vanagloria, Invidia, Ira, Tristizia, Avarizia, Gola e Lussuria ».3 Sentono poi << uno banditore che sonoe una tromba, e dacchè ebbe sonato, cominciò a bandire in questo modo: Il grande Imperatore messer la Superbia, fa comandare che si vadano ad armare tutte le genti; e li re e signori che sono venuti nell'oste per aiutarlo, debbiano loro gente ischierare, e dare a ciascuna ischiera buono capitano e gonfalone della sua insegna, perchè egli intende d'andare sopra i nemici ». Si formano le schiere, sotto il comando di Vanagloria, di Invidia, d' Ira,

1 Cap. XVIII.

2 Cap. XXIII.
3 Cap. XXIV.

3

di Tristizia, di Avarizia, di Gola, di Lussuria. Dall' altra parte stanno le schiere delle Virtù, sotto il comando di Prudenza, Fortezza, Temperanza e Giustizia. Segue un « aringamento della Fede, nel quale dice quando si cominciò la guerra tra Satanasso e l'uomo, e tra i Vizi e le Virtudi, e tra l'una Fede e l'altra ».1 Succedono poi le battaglie << tra la Fede Cristiana e quella degli idoli, tra la Fede Cristiana e quella di Giudea, 3 tra la Fede Cristiana e le sei Resie >>.4 Quindi la Fede Cristiana andò a Roma, vi edificò molte chiese, e vi mise ministri « per li quali si lodasse il Signore e le dette chiese si dovessero ministrare; e fece calonaci e preti e piovani e priori e arcidiaconi e arcipreti e proposti e abati e vescovi e arcivescovi e patriarchi e cardinali, e dassezzo fece il papa, che di tutti i cherici fosse signore ». Ma Satanasso non si dà ancora per vinto, raduna i Demoni e le Furie per sentire le loro proposte. « Al dassezzo si levò Mammone », e disse: «< io ho uno uomo alle mani, il quale si appella Maometti, che fino da teneretta etade è riposto nel mio grembo, et è nutricato del mio latte, e cresciuto e allevato del mio pane, e og

1 Cap. XXXVIII.

* Cap. XL.

3 Cap. XLI.

4 Cap. XLII « Come hanno nome queste Resie? Ed ella disse: Paterini, Gazzeri, Leonisti, Arnaldisti, Speronisti, Circuncisi: e catuna è dal suo prelato dinominata ».

5 Cap. XLII.

gimai compiuto e grande fatto, come ogni uomo; e hae in sè tanto iscalterimento di malizia e della retade del mondo, et è sì desideroso d'avere e degli onori e delle cose mondane, che già mi soperchia di malizia, e non mi posso vantare che io in me n'abbia cotanta. E ha una bellissima favella, e in Dio non hae alcuno intendimento. Se voi ancora da capo volete fare nuova legge contraria a quella di Dio, e insegnarla a costui, e farla per lo mondo predicare, questi la farà credere per legge di Dio, e corromperanne tutte le genti, e farà ispegnere la verace Fede Cristiana e rimetterà l'uomo in nostra podestà ». 1 I demoni fanno dunque la nuova legge « e chiamaronla Alcoran ». Essa si distende rapidamente. << Poscia la Fede Pagana fue iscesa in terra colla sua gente, e il suo navilio ebbe allogato ne' porti di Cicilia non si vide rincontro di nemico, onde avesse paura, venne pigliando tutta la terra in qualunque parte andava, sicchè in piccolo tempo. tutta Italia conquistoe. E dacchè ebbe Italia vinta, ch'era donna delle provincie a quella stagione, tutti gli altri reami e provincie feciono le comandamenta, e giurarono la fedeltà, se non solamente il reame di Francia ».2 La Fede Cristiana raduna nuovamente gli amici, e scende a battaglia, sconfiggendola interamente, e ritogliendole tutte le terre, se non « certe fortissime castella,

1 Cap. XLIV.

2 Cap. XLVII.

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