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le piace per lo stimolo della natura ». E nell'uomo cerca studiosamente le cose più abiette, più sudicie, più ributtanti, dicendo che mentre gli alberi « da sè producono foglie e fiori e frutti », egli invece << da sè lendini e pidocchi e lombrichi. Quelli hanno da sè vino ed olio e balsimo, e questo ha da sè sputo, feccia ed orina. Quelli hanno da sè soavissimi odori, e questi ha da sè abominevoli fiati ». All' uomo tutto rimprovera il mistico, perfino la « brutta e vile pellicella tutta sanguinosa », della quale è vestito quando nasce; perfino i primi vagiti: «e perciò trae guai e dice il maschio A e la femmina E, le quali boci significano guai e duolo ».3 E si compiace poi nelle lunghe e atterritrici descrizioni dell'inferno e in quelle non meno paurose « de'quin

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1 Cap. IV.

2 Cap. v.

3 Più stranamente ridicolo ancora il testo latino: « Masculus enim recenter natus dicit A, foemina E, dicentes E vel A, quotquot nascuntur ab Eva. Quid est igitur Eva nisi heu ha? ».

4 È abbastanza caratteristica: « nel detto luogo si ha caldo grandissimo e fuoco arzento di natura che mai non si spegne e mai non riluce e non consuma niuna cosa ch'entro vi sia; et àvvi freddo grandissimo e neve e ghiaccio fortissimo: e queste due pene, cioè il caldo e il freddo, sono sopra le altre pene gravose. Il detto luogo è capo di tutte le infermitadi e di tutti i malori e di tutte le doglie; e però vi è la lebbra e le febbri ed ogni altra ingenerazione d'infertà; e sonvi venti e tuoni e baleni; e sonvi le nebbie e le gragnuole e le tempeste e le folgori; e sonvi vermini e serpenti di natura, che sempre rodono e mordono altrui. Quivi sono li demonj paurosi e difformati e neri, che sempre affliggono le anime d'ogni ingenerazione di tormento; e sonvi le tenebre e la carcere, et ávvi lutto e pianto e guai e stridori e terribili suoni ».....« Nel Ninferno sono dispensate le pene e' tormenti per quel modo che il peccatore contra Dio ha pec

dici segni che andranno innanzi al Giudicio », intento sempre a suscitare il terrore, a spargere intorno a sè la desolazione, a soffocare ogni gioia.

Tradotto dal latino è pure il trattato che porta il titolo di Giardino della consolazione,2

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cato. Onde per la lussuria sarà l'anima incesa per l'invidia sarà rosa.... per la superbia ștarà nella carcere.... per lo vizio della gola patirà fame e sete ». Tratt. vi, cap. 8.

1 Lo primo die si leverà il mare alto braccia quaranta sopra tutte le altezze de' monti, stando nel luogo suo come muro. Il secondo di discenderà tanto, che appena si potrà vedere. Il terzo di i pesci del mare in alto appariranno di sopra l'acqua, e metteranno si grandi le strida, e anderanno quelle strida inşino al cielo, che solo Iddio l'intenderae. Il quarto di arderà il mare e l'acqua. Il quinto die gli albori e l'erbe daranno gocciole di sangue; e, secondo che dicono alcuni, tutti gli uccelli si rauneranno ne' campi, ciascuna ingenerazione per sè nel suo ordine, pigolando, e non manicheranno nè beranno, ma spaventosi aspetteranno l'avvenimento del Giudicio. Lo sesto die ruineranno tutti i dificj; e secondo che si dice, fiumi di fuoco si leveranno da ponente contra la faccia del firmamento, correnti per infino a levante. Il settimo die le pietre si percoteranno insieme, e fenderannosi in quattro parti; e catuna parte si dice che percuoterà l'altra, e quello suono non intenderà altri che Iddio. L'ottavo die sarà generale tremuoto, cioè che per tutto il mondo tremera la terra di si grande forza che nullo uomo nè animale potrà stare in piede ritto, ma tutti caderanno a terra. Il nono die si rappareggie. ranno tutti i colli co'monti e la terra, e torneranno in polvere. Il decimo die usciranno gli uomini dalle caverne e andranno come ismemorati e ammutolati, e non potranno insieme parlare. L'undecimo die si leveranno tutte le ossa de' morti, e staranno sopra i loro sepolcri; e tutti i sepolcri del mondo, da levante insino a ponente, s'apriranno, perchè i morti ne possano uscire fuori. Il duodecimo die cadranno tutte le stelle e tutti i pianeti, e le stelle spargeranno fiamme e codazze di fuoco; e dicesi che ogni animale verranno ai campi e non mangeranno nè beranno. Il terzo decimo die morranno tutti gli uomini, acciò che risuscitino poscia insieme co'morti. Il quartodecimo dì arderà il cielo e la terra. Il quintodecimo di sarà cielo nuovo e terra nuova, e tutti risusciteranno ».

2 Così leggo nei mss., e non di consolazione, come stamparono il Tassi, il Nannucci ed altri.

il quale non è altro che un libro dei vizi e delle virtù. Un codice della Barberiniana2 contiene il Viridarium Consolationis, che è l'originale, da cui proviene questo volgarizzamento. Così comincia: « Quoniam, ut Apostolus Petrus ait, Spiritu Sancto afflati, locuti sunt sancti Dei homines, oportet nos eorum dicta imitari pariter et habere, si volumus quod dicimus esse firmum. Non enim quod dicimus vigorem haberet, nisi sacri Canonis et Sanctorum testimonio probaretur. Unde magno desiderio laboravi istud opusculum compilare ad laudem Dei et utilitatem omnium, et specialiter illorum qui habent aliis proponere verbum Dei. Nam in isto opusculo invenitur in genere auctoritatum copiositas, quas ex libris Sanctorum et quorumdam Sapientium, quasi ex agricolarum hortis, collegi, ut in unum congestae locum, quasi redolentes flores, suavem reddant odorem. Vocatur autem Viridarium Consolationis istud opusculum, quia sicut in viridario flores et fructus inveniuntur diversimode, ita in hoc opusculo plura et diversa reperiuntur, quae devoti legentis animum miro modo demulcent ». E la traduzione

1 Così spiega l'autore il titolo: .... siccome nel giardino altri si consola e trova molti fiori e frutti, così in questa opera si trovano molti e begli detti, li quali l'anima del divoto leggitore indolcirà e consolerà, e troverrà molti fiori e frutti ».

2 Ved. Tassi, op. cit., LXIV. Si trova anche nel cod. Riccard. 61 (come già notò il Tassi), erroneamente segnato a catalogo Opuscula Graeca, e che è invece un miscellaneo di scritti greci e latini. Il Viridarium vi occupa 94 pagine.

BASTOLI. -St. della Letterat. Ital. Vol. III.

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italiana: «Dice messer Santo Pietro Apostolo che i santi uomini di Dio, inspirati dallo Spirito Santo, hanno parlato; e però è bisogno a noi li loro detti seguitare e avergli, se noi vogliamo che quello noi diciamo sia fermo. Non diciamo che alcuno detto abbia vigore o autoritade, se non si prova con testimonio della Santa Scrittura e de' detti de'Santi. Onde io con grande disiderio m' affaticai di proporre lo parlare di Dio; e in questa opera si trova generalmente abbondanza delle autoritadi di quelle de' libri de' Santi e d' alquanti savi, quali, come degli orti de' lavoratori, ho colte e tratte, acciocchè raunate in questo libro, come in uno giardino, come fiori oglienti, rendano soave odore ecc. ».

Se non può esserci il più lontano dubbio che il testo italiano non sia una traduzione, e letteralissima, dal latino; altri dubbi invece sorgono intorno a questo libro. L'editore di esso scrive: << Pochi per verità sono i codici da noi veduti, contenenti il presente Trattato, che, a designarne il vero suo autore, il nome del Giamboni iscritto. non abbiano in fronte ». E i codici dal Tassi citati sono il Magliabechiano II, 17, e i Riccardiani 1769 e 2618. Ora, è indubitabile invece che nessuno di questi tre, nè altri codici da noi veduti, portano il nome del Giamboni nè in fronte nè dappiede. Anzi essi contengono probabilmente

Tassi, op. cit., LXII.

2 Ivi, LXXV.

traduzioni del Viridarium fatte da diverse persone e in diversi tempi. Non parliamo neppure del codice Riccard. 1426, il quale è un testo che si scosta assai dagli altri. Ma anche l'altro Riccard. 2618, del secolo XIV, parrebbe contenere una traduzione diversa da quella dei codici Magliab. I, 17, del sec. xv, e Riccard. 1769 della fine del XIV.3 E così stando le cose, noi

1 Sebbene sia cosa affatto estranea al presente argomento, voglio riferire qui alcune parole che si leggono in questo manoscritto, e che possono essere importanti per istabilire sempre meglio che i copisti traducevano i testi da uno in altro dialetto. Ne abbiamo ora la esplicita dichiarazione: « Questo libro si è composto in hedificatione dell'anima et queste scripture sono tucte cose notabili et fiore de'sancti. Ora s'incomincia illibro delle vertudi ne lo quale sono parole di sanctitade et di filosofia, translatando di lectera in volgare ed io scriptore di vinitiano in toscano. Et per ciò secciavesse alcuna parola che fusse in vinitiano che io non sapessi bene intendere, priego voi che intendiate in vinitiano come io truovo iscripto ».

2 Ecco una parte del prologo: Cominciasi il giardino della consolazione. Si come dice l'apostolo piero, i santi di dio ispirati dallo spirito santo ànno parlato. Onde ci conviene seguitare i detti loro e anche avergli, se noi vogliamo che quello che noi diciamo sia fermo. Imperciò che quello che noi diciamo nullo arebbe vigore se non si provasse per la testimonianza de' santi. Onde con molto desiderio m'afaticai di fare questo lavorio a laude di dio e utilità di tutti e spetialmente di coloro ch'anno a proporre agli altri la parola di Dio. (Si osservi come è questo testo più fedele all'originale latino di quello del Tassi). Imperò che in questo libro si truova copia e abondanza d'autoritadi le quali io ò colto de' libri de' santi et alquanti savi quasi come degli orti degli ortolani, acciò che ricolte insieme quasi come odoriferi fiori rendano soave odore.... »

3 In questo codice segue al Giardino della consolazione, dello stesso carattere, un'orazione di Sant'Ambrogio; e vengono poi, sem. pre del carattere medesimo, due preghiere popolari in versi:

Ave vero corpo di Xpo

che per noi fosti crocifisso.

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