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Non c'è di originale altro che la Storia di Teverina. Se questa possa bastare a far credere all'esistenza di un « memoriale anteriore » 2 del quale si sieno serviti tanto il Malespini che il Villani, altri giudichi. Quanto a noi, confessiamo di crederci poco.

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Anche un'altra Cronaca del secolo XII è caduta sotto i colpi della critica odierna: Lu Ri bellamentu di Sicilia contra Re Carlo, che si credè essere la leggenda popolare che correva nella Sicilia intorno al Procida. Qui pure notavansi concetti che parevano attestare la genuinità di quel documento e la sua grande importanza. Ma il prof. Michele Amari e il prof. Hartwig 4 hanno provato che essa non è altro che una falsificazione, anzi una specie di romanzo fabbricato sulla storia del Villani.

E così tutti i più antichi testi della nostra letteratura storica volgare ci vengono tolti. E ciò

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1 Cap. XVII.

2 É questa l'ipotesi del nostro amico prof. Cesare Paoli, intorno a che ved. Arch. Stor. Ital., Serie III, tomo XXI.

3 Nelle Cronache Siciliane pubblicate da V. Di Giovanni, Bologna, 1865. Era già stata pubblicata da Rosario Gregorio nella Biblioth. Arag., I.

4 Vespro Siciliano, Firenze, 1851, App. Nella Historische Zeitschr. di Sybel, XXIV.

5 Ne tentò una difesa il prof. Di Giovanni (Filologia e Letter. Siciliana, II, Avver.); ma le sue parole non persuaderanno certo nessun serio cultore degli studii storici.

6 Stimo mio debito di avvertire che non parlo qui di Dino Compagni, non già perchè io non creda all'autenticità del sommo Cronista, ma perchè il suo libro appartiene al periodo dello svolgimento

BARTOLI. - St. della Letterat. Ital. - Vol. III.

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può essere per qualcheduno doloroso ; ma non può sicuramente far meraviglia. Questo fatto anzi, questo tardo assorgere alla prosa letteraria, questa difficoltà nello staccarsi dal nazionale latino, è, come già dicemmo, naturale in Italia. Sarebbe da stupire piuttosto che fosse accaduto il contrario.

letterario piuttosto che a quello delle origini. Ed intanto esprimo il mio compiacimento per la pubblicazione del bellissimo libro del prof. Del Lungo, dopo il quale è sperabile che le logomachie Diniane abbian fine.

CAPITOLO IX

I TRATTATI

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Una delle prose, di non dubbia autenticità e d'importanza grandissima, che troviamo nel secolo XIII, è la Composizione del Mondo di Ristoro di Arezzo. Poche sono le notizie pervenuteci di questo scrittore. Sappiamo solamente ch'egli nacque in Arezzo e fu frate;1 che si dilettò nel dipingere, e, probabilmente, nel miniare; 2 come nello studio dell' astronomia; 3 e che visse dopo la metà del

1 << E stando noi nella città d'Arezzo, nella quale noi fummo nato, nella quale noi facemmo questo libro, nel convento nostro » Composiz., pag. 14, ediz. Narducci, Roma, 1859.

2 « Noi sapemo disegnare e arteficiare oro ed argento, e disegnare e mettere colori ». Ivi, pag. 35.

3 << E non troviamo errore nè opinione in ciò tra'savi disegnatori, li quali hanno l'animo sottile ad intendere e a divisare, a disegnare le cose del mondo, la quale arte per la sua sottilitade si lascia a pochi conoscere la quale noi conoscemo ed intendemo, e dilettane e piacene molto, quasi più che nulla altra, fuori della scienza delle stelle, la quale è sopra tutte; per la quale arte de' disegnatori questo libro non si potrebbe comporre senza la conoscenza d'essa, nè bene intendere; onde quando vengono a disegnare e divisare la luna, disegnano lo suo corpo rotondo e di colore chiaro, e poi d'un colore liquido e rugginoso con ombra disegnano lo viso umano: e di questo non è tra loro nulla discordia ». Ivi, pag. 58.

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secolo XIII. Altro non si è potuto raccogliere intorno a lui, per quante diligenti ricerche siano state fatte. La sua opera si può considerare come un ampio trattato astronomico e geografico. Egli attinge senza alcun dubbio molte delle sue cognizioni dalle traduzioni latine delle opere degli Arabi e di Aristotile. Si trova infatti citato Albomasar, Alfagrano, Agazel, 5 Averroe, Avicennae qualche altro arabo; e si trovano citate alcune opere di Aristotile, il « libro della Metaura» e quello « del Cielo e Mondo ».? Quello però che rende Ristoro superiore agli altri scrittori del suo tempo, si è ch'egli sembra essere stato attento osservatore dei fenomeni naturali. Non si possono intendere che come resul

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1 Lo dice chiaro la data del cod. Riccardiano 2164: « Finito e ellibro della compositione del mondo colle sue cascioni composto da restoro ella nobilissima cita dareçço de toscana. A deo sieno laude e gratie infinite. Compiuto e questo libro sotto lanni de Cristo Mille doi cento otanta e doi. Rodolfo imperatore re electo Martino papa quarto resiedente. Amen ».

2 Ved. la Lezione di Francesco Fontani Sopra un vecchio inedito testo a penna di Ser Ristoro d' Arezzo, negli Atti dell' Accademia della Crusca, I.

3 Abû Ma shar.

4 Al Farghânî.

5 Al Ghazâlî.

6 Ibn Roshd.

7 Ibn Sînâ.

8 Probabilmente il Trattato De Meteoris, sulle versioni del quale ved. Jourdain, Recherches chritiques sur l'âge et l'orig. des trad. latines d'Aristote; e la nota del signor Narducci a pag. 5 della sua edizione.

9 De Coelo et mundo. Jourdain, op. cit.; Narducci, pag. 73-74.

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tato personale delle sue osservazioni queste parole ch'ei scrive: « E già avemo trovato e cavato quasi a somma a una grandissima montagna di molte balìe ossa di pesce..... Ed in tale luogo sì troviamo di color di molte balìe rena e pietre grosse e minute e rotonde, a luogo a luogo entro per esso, come fussero di fiume.... E giù avemo trovato molti di quelli monti ». Ristoro dunque viaggiava per iscopo scientifico; e noi ce lo possiamo con sicurezza raffigurare quasi come uno scienziato moderno, colla zappa e col martello, intento a scavare ed a percuotere le roccie per trarne le sue conseguenze, le quali, se anche sono sbagliate, mostrano in lui uno spirito investigatore che osiamo chiamare meraviglioso: « E già semo issuti in un grande monte, che la sua sommità era coperta d'una grandissima lastra d'un sasso durissimo, di colore ferrugineo, la quale pareva che fosse posta per grande studio, come uomo che volesse coprire uno vaso. Nel quale era uno grandissimo castello, quasi come una cittade: la quale lastra era fondata in terreno composto d'acqua: e segno di questo si era, che, quando si cavava a sommo quel monte sotto quella lastra, in tale luogo vi si trova terra mescolata con rena, e tale luogo tufo mescolato con cotali pietre ritonde di fiume, ed in tale luogo mescolate ossa di pesce ». « E

1 Pag. 86 ed. Nard.

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