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Du main jusqu'au soir se boutoit
En tavernes li gouliars,

As biaus morsiaus et as hasars.
A son lechois tant entendi,
Que quanqu'il ot i despendi,

Si que ne sot ne ne pot vivre,
Ne sa lecherie parsuivre.

Tutto questo è compendiato in poche parole nél Conto: «E' fue uno ch'ebbe nome Boccafritta, el quale consumò tutto el suo in ghiottornie et in giocare ».

Il fabliaus continua:

En la terre ot une abaïe

Blanche de sainte gente guarnie;
Moult fu bien guarnis li moustiers
De croiz, de pailes, d'encensiers
D'or et d'argent dont il servoient
Dame Dieu qu'à servir avoient.
Li fox pensa qu'il si rendroit,
Et qu'en pès laienz se tendroit,
Tant qu'il roberoit l'abéie,

Pour despendre en sa lecherie.

Nel Conto: « E quando ebbe el suo così menato, posesi in quore d'avere dello altrui; imperciò che co li suoi compagni non poteva ispendare. Pensossi di andare in una Religione per robbare i frati, e puoi uscirne per potere usare le sue ghiottornie com'era usato. Et introe in una Religione di monachi bianchi ».

Qui il fabliaus racconta che il frate non potè fare quello, per cui era entrato nel convento:

Tant que li anz si trespassa

Qu'il ne pot acomplir son fet;

onde pensò di andarsene; ma prima volle sentire

una messa:

Si dist que pas ne se mouvroit
Tant que la messe oïe auroit.

Poi pensò di rimanere anche per l'inverno, poi anche per l'estate, e così restò nel convento per dieci anni:

Que vos iroie-je contant?

Contre son cuer demoura tant
En cest Ordre li penéanz,
Qu'il i ot bien esté dix ans.

Per dirci questo s'impiegano novantacinque versi. Il Conto se la sbriga rapidamente: «e vi stette per più di diece anni, che non potè fare quello, perchè v'era entrato. Unde esso si pose in quore d'oscire dell' Ordine; et andossene una mattina all'uscio, molto per tempo; volse escire fuore, e puoi si pose en quore d'udire una messa. Che v'andarei contando? Elli vi stette vinti anni ». Finalmente, continua il fabliaus,

Si dist pour voir que lendemain
Se partiroit de léanz main;

si

Mès une messe avant diroit

Que Diex de pechié le gardast.

Cil touz revestus vint avant

Et chanta du Saint Esperit.

E il Conto: «Venne mattina che fermamente pose in quore d'andare un poco per lo mondo: e quando venne all'uscio, si pensò che prima direbbe una messa del Santo Spirito (imperciò ch'elli era prete), et andossi a parare ».

Il fabliaus passa a raccontare il miracolo accaduto:

Si come l'oiste sainte prist,
Et par devant soi la hausa,
Li Fiuz de la Virge lensa
Sa main et l'oiste sainte prist,
Et en sa main destre la mist.

Qui il Conto, invece di abbreviare, allunga: « E quando fue al Sacramento, e che venne a levare el Signore, avvenne questo miracolo: che ine dinanzi l'altare aveva una Maestà dipinta, che teneva il nostro Signore in collo; et elli, ciò è el nostro Signore, ch' era dipinto nel muro, come piacque a Dio, distese el braccio e levoe l'ostia di mano a quello pretie ». 1

1 Troviamo raccontato un miracolo simile in Cesario Heisterbacense (Dialogus Miracul., ed. Stränge, I, pag. 65): « Transubstantiatione vero facta, panis videlicet in corpus et vini in sanguinem Christi, columba nivea ipso sacerdote aspiciente, super altare descendit, totumque ebibens quod erat in calice, rostro suo hostiam tulit et avolavit ».

Il Conto sopprime poi affatto il secondo miracolo narrato nel fabliau, che cioè, avendo il peccatore chiesto perdono alla Vergine,

Li enfés l'oiste li rendi; 1

e passa a raccontare che il prete pregò che fosse fatto raunare lo convento, che voleva a loro. parlare. E quando fue raunato, si cominciò a dire tutto el suo fallo ». Onde poi quando « l'abbate si morio, et i monaci alessero constui, imperciò ch'era diventato uno santo uomo: e visse in penetenzia longo tempo, et in fine fue santo uomo». Così nel fabliau:

Et tant que li Abés mourut
Li couvanz ensemble courut:
Si l'eslurent, vousist ou non,
Pour son miex et pour son renon.
L'onneur ne pot pas refuser,
Bel ne s'en péust escuser.
Moult se vesqui honestement.
Et maintint par amendement.

Il terzo Conto narra che un romito, per vincere le tentazioni d'una mala femmina, si bruciò le dita. Esso non è che un breve estratto 2 del

1 Cfr. Cesario Heisterb., 1. c., dove « columba rediens tres hostias... simul rostro deferens, corporali imposuit, et trium missarum liquorem de gutture suo calici immisit, ac recessit ». Cfr. Conto IX, pag. 60.

2 Köhler, 1. c.

fabliau D'ung hermite qui ardit sa main en la lanterne.1

Il quarto Conto dice che ci « fue uno cherico che serviva in una chiesa, e aveva in costume sempre di salutare la Donna. Quando alcuno lo chiamava, si lo' rispondeva: Ave Maria. Avvenne che la terra fue iscomunicata: onde questo avvenne, che, quando moriva alcuno, era portato fuore de la terra. Questo cherico, di cui avemo parlato, si morie infra questo tempo: si fue portato di fuore, come gli altri. Avvenne, quando la terra fue ricomunicata, che tutti i parenti de' morti recaro i loro a le chiese. E questo cherico, di cui aviamo parlato, non trovando amico. nè parente, che lo recasse a la chiesa, piacque a Dio, che uno cherico, andando a la scuola di fuora de la terra, si trovò la sepoltura di questo cherico, e vidde che uno gillio uscia fuore de la terra. E questi, vedendo sì bella cosa, si gí longo la sepoltura, e per paura che 'l gillio non fusse guasto, sì vi pose intorno ispine, e puoi andò al suo maestro, e disse: maestro, io abbo trovato la più bella cosa che vedesse anco. E lo maestro andò e trovoe quello gillio, sì come quelli disse; sì si pose a sedere allato a questo gillio; e, guar

1 Il Keller lo ha pubblicato (Zwei Fabliaux) sotto il titolo De la fole fame que li hermites converti. Vedi Paris, Saint Alexis, 218; e Hist. Littér., XIV, 859. Lo stesso fatto, come notò il signor Zambrini, si trova narrato nelle Vite dei Santi Padri, Parte III, cap. 139; nel Trattato della Pazienza del Cavalca, II, 25; e nelle Tre pie narrazioni pubblicate da Leone Del Prete.

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