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CAPITOLO I

PRIMI TENTATIVI DI PROSA

A quale epoca si può far risalire la più antica apparizione dell' italiano, come lingua nettamente staccata dal tronco latino? La questione è meno facile a risolversi di quello che a primo aspetto non sembri. Ed anzi tutto, perchè dobbiamo noi considerare l'italiano, separatamente dalle lingue sorelle, le quali è certo che andarono formandosi insieme con esso? Se le condizioni delle varie provincie romane fossero state uguali, certo è che in tutte avrebbe dovuto simultaneamente apparire la lingua nuova, fosse pure divisa in varii dialetti. Ma queste condizioni erano invece diverse. Noi sappiamo ormai che due lingue stavano sulle labbra dei popoli romani, l'una propria dei dotti e dei gentili, l'altra de' rustici, della plebe, dei soldati. La prima va dopo il quinto secolo decadendo, spengendosi, quasi a grado a grado morendo, col morire della gentilità romana; l' altra

BARTOLI. St. della Letterat. Ital. - Vol. III.

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invece, la povera e dispregiata lingua del volgo, che erasi fino allora tenuta nascosta davanti all'aristocrazia letteraria, eccola uscire alla luce. del giorno, fatta vittoriosa da quelle spade di barbari che imponevano silenzio al nobile eloquio dei signori del mondo. Non fu però vittoria d'un giorno, nè poteva essere. Per molto tempo il latino letterario durò; durò corrompendosi ed agonizzando, ma pure durò; e questa sua vita tenace impediva il libero svolgimento di quell' altra lingua che andava però ogni giorno acquistando in estensione ed in profondità, che si dilatava e penetrava ogni classe sociale. La fondazione della Scuola Palatina, il Capitolare del 789 che ordina l'insegnamento della Grammatica, non bastano più a rimettere il sangue della gioventù nel corpo fatto decrepito: sono tentativi, vinti dalla forza fatale dei tempi; tanto è vero che soli ventiquattro anni dopo, lo stesso Carlomagno ordina che ognuno debba, se non può in latino, imparare << in sua lingua » l'orazione domenicale; e un mezzo secolo dopo, i discendenti dell'autore stesso del Capitolare sono i primi ad attestare al mondo che la nuova lingua esiste, stretta tuttavia, se si vuole, al corpo materno, ma avente già persona sua propria. I Giuramenti di Carlo il Calvo e di Luigi il Germanico dell' 842 sono il documento più antico delle nuove lingue romanze. Che lingua è dessa? È il latino, è il francese, è l'italiano, è lo spagnuolo? Noi non vorremo qui ripe

tere quello che già scrisse il Perticari di questo documento, sebbene molte delle osservazioni sue ci sembrino vere, pur rigettando il sistema della comune lingua romana. Noi sappiamo esser falsa la teoria del Raynouard; ma sentiamo insieme che nel Giuramento si nascondono e si palesano al tempo stesso, non questa piuttosto che quella delle lingue neo-latine, ma tutte insieme confuse, quasi come più feti non distinti ancora nell'utero materno, formanti tuttavia una massa che sembra unica, ma che ha in sè i germi che, sebbene in tempi diversi, si svolgeranno in altrettante vite. separate. Noi abbiamo côlto, abbiamo quasi sorpreso le nuove lingue in uno dei punti più importanti della loro formazione, mercè le parole di Carlo il Calvo e di Luigi il Germanico; le quali, se sono sempre improntate della materna effigie latina, hanno pure, ci si conceda l'espressione, una effigie del futuro francese, provenzale, italiano e spagnuolo. Insieme però con questo fatto che è fuori di ogni dubbio, un altro dobbiamo ammetterne, cioè, che mentre la Francia ha dal secolo Ix in poi una serie non interrotta di documenti scritti, che le servono a tener dietro ai progressi della sua lingua, l'Italia non può parlare di vera lingua italiana fino a tempi assai posteriori. Il periodo che chiameremmo preistorico

1 Sono ad ogni modo importantissimi a leggere i capitoli x-XIV della Difesa di Dante, e accanto ad essi i Dubbi sulla verità delle dottrine Perticariane, del conte Galvani.

della nostra lingua, dura quando già la Francia ha una ricca letteratura, la quale si svolgerà rapidamente, toccherà il colmo della sua perfezione e comincerà già a decadere, quando noi saremo appena ai principii dell'arte nostra. E pure chi potrebbe negare che anco in Italia non si parlasse una lingua nuova fino forse dal secolo VIII e IX? Le prove non fanno difetto. Basta gettare gli occhi sulle carte di quei tempi, basta fermarsi un momento sugli esempi copiosi raccolti nelle Antichità Italiane del Muratori, ne' Documenti Lucchesi, nel Codice Diplomatico del Brunetti, nella Memoria del Barsocchini, in cento altri libri.1 Nel 700, per es., scrivevasi: De uno latere corre via publica (MUR., A. Ital.). Cui de uno latere decorre via publica (Docum. Lucch.). In via publica, et per ipsam viam ascendente in suso (MUR., A. Ital.). Locus qui vocatur Palagiolo . abeat in simul casa Magnacioli (Docum. Lucch.). De suprascripto casale Palatiolo (BRUNETTI). In fondo Veterana Casale, qui vocatur Granariolo (Docum. Lucch.). Uno capo tene in vinea de filio qm. Lopardi (BRUNETTI). Et per singulos annos gustare eorum dava in ipsa casa (Docum. Lucch.).

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E nel 900: Per singulos annos reddere debeamus vobis una turta, duo focacie bone, uno pullo et animale, valente dinari septe (Docum. Lucch.). Vendo tibi una casa mea massaricia, quem habeo in loco Pulinio, ubi resede Ouriprandulo massario meo (Docum. Lucch.). Decimus de Villa quae vocatur Casale grande (MUR., A. Ital.).

1 Ved. anche le due belle lezioni del Fauriel, Formation de l'italien, in Dante et les orig., ecc.

Se così si scriveva, chi vorrebbe credere che si parlasse latino? E se non si parlava latino, quale altra lingua potevasi parlare fuori dell'italiano, di un italiano latineggiante, che non era ancora per certo la lingua nuova, e non era più neppure l'antica? Questo italiano che si parlò dal settimo secolo, probabilmente, fino all' undecimo o duodecimo, era, se così possiamo esprimerci, una lingua novella sotto spoglie vecchie, cioè conservava tanto del latino ne' vocaboli da non potersi chiamare ancora italiano; ed aveva già tanto dell'italiano nella sintassi e ne' vocaboli stessi, da non poterlo più chiamare latino. Saremmo quasi tentati di dire che la strana lingua de' Giuramenti durò per noi molti secoli, modificandosi lentamente, così lentamente che il periodo di formazione abbraccia quasi seicento anni. Ed ecco la lingua dell'uso comune, la lingua volgare parlata nel secolo VIII, IX e x, della quale non possono certo darci un'immagine esatta i documenti scritti, ma che pure da quei documenti possiamo indurre quale fosse.

Gonzone, un italiano stimato per la sua dottrina, è chiamato nel 960 in Germania da Ot

1 Le forme della declinazione latina erano affatto dimenticate fino dai secoli vii e vIII, e giustamente scrive il Fauriel (op. cit., II, 415), chè fino da questi secoli « tout autorise à penser que il existait à cet égard, en Italie, une sorte de convention grammaticale consacrée par l'usage général, convention en vertu de laquelle on depouillait les noms latins des désinences qui en marquaient les cas, pour les réduire autant que possible à une terminaison uniforme et constante ».

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