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ma elli si tacciono per la povertà delloro parlare, et ciò richiere aiuto ».

Si paragoni questa traduzione coll' originale:'

Après ce que maistres Brunez Latins ot complie la seconde partie de son livre, en quoi il demonstre assez bonement quels hom doit estre en moralité, et comment il doit vivre honestement et governer soi et sa maisnie et ses choses selonc la science de ethique et de iconomique, dont il fist mention, là où il devisa les membres de philosophie, et que il ot dit quel chose deront la loi et gaste la cité, il li fu avis que tout ce fust oevre coupée, se il ne deist de la tierce science, ce est politique, qui enseigne comment on doit governer la cité; car citez n'est autre chose qu'une gent assemblée por vivre à une loi et à un governeor. Tulles dit que la plus haute science de cité governer si est rectorique, ce est à dire science dou parler; car se parleure ne fust, citez ne fust ne nus establissemens de justise ne de humaine compaignie; et ja soit ce que parleure soit donée à touz homes, Catons dit que sapience est donée à po; por ce di que parleures sont de III manieres: car li un sont garni de grant sens et de bone parleure, et ce est la flor dou monde; li autre sont vuit de bone parleure et de sens, et ce est la très granz mescheance; li autre sont voidié de sens, mais il

1 Ediz. Chabaille, pag. 467.

sont trop bien parlant, et se est grandisme peril; li autre sont plain de sens, mais il se taisent por la povreté de lor parleure, et si requirent aide ».

Chi ora si facesse a paragonare il testo italiano riferito con quello per esempio dell' altro codice Magliabechiano II, 48, pur trovandolo in grandissima parte conforme, scoprirebbe qua e là certe varianti, le quali potrebbero dare indizio non tanto di un copista, quanto di un traduttore diverso.

Certo la grave questione non può essere risoluta se non da chi abbia agio di esaminare tutti i manoscritti italiani del Tesoro, non escluso quello di Raimondo da Bergamo, scritto nel dialetto del suo paese. A noi basti qui di averla fuggevolmente accennata.

CAPITOLO VI

TRADUZIONI DAL LATINO

OPERE MORALI ED ASCETICHE

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Tra i primi saggi di prosa italiana, oltre le traduzioni dal francese, troviamo ancora non poche traduzioni dal latino. Una tra le più antiche di queste sembra essere il Libro di Cato. Sono noti a tutti i distici latini che, attribuiti a Dionigi Catone, ebbero nell' età di mezzo così ampia diffusione. Sarebbe fuori del nostro assunto il ricercare qui chi sia veramente l'autore di quell'opera.1 Questi distici furono tradotti in italiano poco dopo, probabilmente, la meta del secolo XII. In un codice della casa Trivulzio, scoperto da Michele Vannucci, e giudicato da lui di scrittura del principio del XIV secolo, si con

I V. Tiraboschi, Storia della Lett. Ital., I. Che l'autore vivesse ai tempi pagani ci sembra che lo dicano chiaro questi due distici: Mitte archana Det celumque inquirere quid sit,

Cum sis mortalis, quae sunt mortalia cura.

Linque metum leti, nam stultum est tempore in omni,

Dum mortem metuis, amittis gaudia vite.

tiene una traduzione dei distici Catoniani, la quale porta impressi i caratteri di una antichità molto remota, specialmente in certe forme di lingua, quali sarebbero, ad esempio, est ed este per è, ammaesterabbo per ammaestrerò ed altre. La traduzione è quasi sempre letterale ed abbastanza fedele. Il testo latino comincia così: « Cum animadverterem quam plurimos homines graviter errare in via morum, succurrendum opinioni eorum et consulendum fore existimavi, maxime ut gloriose viverent et honorem contingerent. Nunc te, fili karissime, docebo quo pacto mores tui animi componas. Igitur mea precepta ita legito ut intelligas; legere enim et non intelligere est negligere ». Ed ecco la traduzione italiana corrispondente: « Conciossiacosa ch'io Cato pensasse nell'animo mio, vidi molti uomini gravemente

1 V. Libro di Cato o Tre Volgarizzamenti del Libro di Catone de' Costumi, Milano, Stella, 1829. Sarebbe stato mio debito parlare del codice Magliabechiano mandato dal Follini al Vannucci (ivi, pag. 16). Ma per quante ricerche sieno state fatte, non si è potuto rinvenire quel manoscritto. Forse il numero indicato dal Vannucci, p. VIII, 49, era quello che il Follini intendeva di dare al codice nella sua illustrazione; e non avendolo poi dato, esso è rimasto sepolto chi sa in quale Classe. Novella prova del bisogno urgente che c'è di por le mani nei Manoscritti della Nazionale, per ordinarli una volta in modo che le ricerche degli studiosi possano essere sodisfatte.

2 A proposito di abbo, mi sia permessa un'osservazione estranea al mio argomento. È stato detto che non si trovano esempi di aggio per ho in prosa toscana. Io posso additare un tale esempio nel cod. Magliab. II, 1, 82, carta 2r, ultimo verso del capitolo, dov'è una traduzione del Tesoro di B. Latini. Anche i. Conti di Antichi Cavalieri hanno aggio; ma io non sono sicuro che essi non abbiano qualche cosa appartenente a dialetti non toscani.

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