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E la Beatrice celeste, di cui, come abbiamo veduto, c'è l'affermazione nella parte che intercede tra la visione finale e la storia della Donna pietosa, la Beatrice celeste fa naturalmenle chiamare avversario della ragione quello studio filosofico significato nei capitoli precedenti.' Sicuro. Lo afferma lo stesso D'Ancona, che nelle elucubrazioni filosofiche il suo pensiero si sviava.2 « La musa ispiratrice della sua mente » era Beatrice. Chi poteva sentirlo più di Dante stesso? E Beatrice, divenuta nel suo pensiero l'Idea Divina, aveva ben diritto di far parere avversaria della ragione ogni contemplazione diversa del suo intelletto.

3

Del resto, che meraviglia può fare il sentire chiamare la Filosofia avversaria della ragione, se altrove il poeta dice che in lei errò? Nè davvero il sonetto Parole mie, che per lo mondo siete si presta a sofisticarci sopra: è chiaro e lampante:

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A dir per quella donna, in cui errai:

Voi che, intendendo, il terzo ciel movete.

La donna dunque, in cui errò, è quella, per la quale scrisse la prima canzone del Convito: Che sarebbe questa, per caso, una seconda menzogna di Dante? Tutta una menzogna anche la canzone e il Trattato, dov'è commentata?

1 Ved. le buone osservazioni che fa in proposito il RENIER,

pag. 186 segg.

2 Op. cit., pag. LII.

3 Ivi.

op. cit.,

CAPITOLO XI

RIME CHE SI RICOLLEGANO ALLA VITA NUOVA

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Se anche Dante non ci avesse detto ch'egli non inserì nella Vita Nuova tutte le rime che in qualche modo si ricollegano ad essa, 1 basterebbe a farci accorti di ciò l'esame del suo Canzoniere. Ivi infatti noi troviamo sparsamente varie poesie, che ci si fanno subito riconoscere come attinenti a quel periodo poetico, del quale l'Alighieri volle tésser la storia nelle due prime parti della Vita Nuova.

Di tal numero è il sonetto: Guido, vorrei che tu e Lapo ed io. Se il Lapo che vi si nomina è, come pare probabile, il Gianni, 2 noi avremmo in questo verso una preziosa testimonianza della fratellanza artistica tra esso, Dante e il Caval

1 Ved. in fine del cap. 5.

2 Il Witte (Anmerkungen zu den übrigen Gedichten, II, 177) crede che si tratti di Lapo degli Uberti; ma la ragione ch'egli porta, fondandosi sul Nannucci, che Lapo Gianni fiori nel 1250, è destituita d'ogni prova. Noi crediamo che anche il Lapo ricordato da Dante nel Volg. El. (I, 13) con Guido, con Cino, e con sè stesso, sia il Gianni e non l'Uberti.

canti, la quale affermerebbe sempre meglio l'intima unione che esiste tra i poeti del nuovo stile, e quindi la necessità d' interpetrare tutte in un dato senso le loro rime d'amore. Nè a questa interpetrazione fa ostacolo il sonetto, del quale ora ci occupiamo. In esso il poeta si abbandona ad un sogno, al divino sogno di trovarsi nell' immenso oceano con due degli amici più vicini al suo cuore e colle donne loro: soli, divisi dal mondo, a ragionar sempre d'amore! Ma come questo è un sogno, come è un desiderio non realizzabile l'esser messi per incantamento

....

in un vascel ch' ad ogni vento

Per mare andasse a voler vostro e mio,

così è pure un sogno della fantasia che le tre donne ideali si accompagnassero ai tre innamorati poeti. È la visione d'un momento, è l'anelare dello spirito di Dante all' oggettivazione di quella realtà interiore che lo esalta e lo affatica, che gli fa desiderare il saluto, dal qual poi resta inebriato.1 Che se Dante ricorda anche le donne di Lapo e di Guido, ciò conferma appunto ch'esse erano della stessa natura di Beatrice. Ma, scrive il Carducci 2«< il nominare che qui fa Dante la donna amata così famigliarmente col suo diminutivo e vezzeggiativo e col titolo di conversazione Monna,

1 Cap. 3 della Vita Nuova.

2 Vita Nuova, ediz. D'Ancona, pag. 105.

come del resto fece anche nel Parad. vII, 14, parmi una fra le tante prove, e non delle meno efficaci, per chi prende le cose nella loro realtà e pel loro verso, contro quelli che negano la personalità della Beatrice, contro quelli che sostengono la sua pura e sola essenza di mito o di allegoria ». A me invece non pare, prima, perchè io credo Beatrice una profonda realtà, ma solamente interiore, e quindi non vedo come egli, quasi ad accarezzarla, a idoleggiarla, a tentare di tradursela per un istante in realtà esteriore, non potesse chiamarla anche Monna Bice. Poi, perchè appunto, se Dante chiama Bice la Beatrice del Paradiso, che è la scienza divina, può chiamar Bice anche la donna della sua mente, la fanciulla umana, non indiata, non posta ancora nel cielo, dove

si facea corona

Riflettendo da sè gli eterni rai.1

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Un'obiezione del Dionisi merita pure risposta. Citate le parole della Vita Nuova relative al serventese, ei soggiunge: « Or dovrassi egli credere che fra tante vere femmine. fiorentine la sola Bice fosse una larva immaginaria, sotto di cui si stasse alcuna scienza nascosta, e che Dante

1 Parad., xxxIII, 71-72.

2 Preparazione istorica e critica alla nuova ediz. di Dante Ali ghieri, II, 45. Ved. anche Anedd., II, 43.

3 Cap. 6.

pur volesse condurla seco a diporto, come nel sonetto egli dice? Imperciocchè se tale è da giudicarsi costei, ci converrà dire, che cose fantastiche d'arti e scienze pur fossero le amanti di Guido e di Lapo, e tutto pur quel catalogo di belle donne ». Io invidio davvero il canonico Gian-Jacopo Dionisi s'egli riusciva a decifrare quello che Dante racconta a proposito delle sessanta donne fiorentine. Di una cosa specialmente mi sarebbe stato carissimo essere da lui chiarito, cioè del perchè Dante dica che componendo il serventese, maravigliosamente addivenne che Beatrice non sofferse di stare che sul numero nove. Chiaro parrebbe che, se in quel catalogo Beatrice era la nona, ciò volesse dire che il poeta aveva voluto metterla lì e non in altro luogo. Or come dunque entra qui il miracolo? Non lo sappiamo. Ma dalle parole dell' Alighieri dobbiamo però arguire che questo racconto non va preso proprio proprio alla lettera. Tutta la storia del nove nella Vita Nuova è oscurissima; noi non riusciamo a penetrarne le recondite ragioni; e rientra in quella storia anche ciò che è detto del serventese: «e non n' avrei fatto menzione, se non per dire ecc. ». Di fronte a tale difficoltà, è quasi puerile il domandarsi se « la sola Bice fosse una larva immaginaria ». O non potrebbero essere state « larve immaginarie» tutte le sessanta donne? O l'aver mescolato una larva, due larve, tre larve a donne reali, non potrebbe

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