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DOMENICO CANCOGNI

METRICA BARBARA

Estratto dai Numeri 9 e 10 del Giornale La Stella di Sardegna periodico
settimanale che si pubblica a Sassari

SASSARI

Tipografia Azuni di Lodovico Manca

1885.

Ital 8420.82.15

KAEVARD COLLEGE LIBRARY H. NELSON GAY

RISORGIMENTO COLLECTION

COOLIDGE FUND

1931

излуиции

a un po' di tempo in qua la vecchia questione della metrica barbara pare sonnacchi; anzi, per dir meglio, mi pare che dorma addirittura; e non saprei se coloro che per i primi scesero in lizza tacciano ora perchè, trascinati dal nostro pargoleggiare, temono di annoiare chi legge, o se non sieno eglino piuttosto fermati al momento da severi studi su questo proposito, dalla sana voglia d'uscire una buona volta in campo l'un contro l'altro armati di ferro, di saette. Se dovessi giudicare da ciò che due di essi han detto su pei giornali, sarei obbligato a tenere più per la seconda che per la prima delle mie supposizioni; in quanto che uno (e questi è il Bonghi) ci ha promesso che scriverà di metrica un giorno, e ci ha fatto sapere che ha raccolte parecchie osservazioni, talune fra queste ben singolari; l'altro (il Chiarini) avendoci fatto intendere che dovrà venire un momento in cui ci sorbiremo un certo suo scritto di metrica, è da ritenere che mantenga la promessa, e che il lavoro, misurato dalla sua prefazione alle odi barbare del Carducci, da ciò ch' ei chiama argutamente grande scorpacciata, sia o divenga tale da toglierci da ogni confusione.

Mentre si aspetta le osservazioni del primo che saran senza dubbio saggie, perchè saggio n'è il raccoglitore, e ci culliamo nella speranza che voglia il secondo metter da parte quel suo modestissimo precetto, da lui rammentato in fatto di metrica barbara, cioè che non dee l'asino cascar la seconda volta dove è cascato la prima, sia lecito intanto a me d'uscire dal mio povero guscio e di dir la mia.

Dopo quello che è stato scritto in questi ultimi anni, sarebbe certo opera più che vana se, schierando avanti al lettore tutto l'esercito de' piedi coi quali camminavano i nostri nonni latini su per l'erta del Parnaso, mostrassi ancora una volta quanto fossero lontani dal segno, cui ora si mira, gli innovatori metrici del cinquecento con le loro molteplici Poetiche; sarebbe, a mio avviso, un voler rompere non solo i timpani, ma anche le scatole al prossimo, ove io, brancolando tra le dipodie trocaiche, dattiliche, fra i giambi, i coriambi e gli anapesti, mi ingegnassi di dimostrare, più largamente di quel che non siasi fatto sin qui, quanto mal si adattino alle parole di nostra lingua le quantità latine, e come sarebbe perciò tisibile chi ne volesse seguir pur oggi le leggi nel verseggiare italiano. Bisogna assolutamente convenire col Varchi che il volere

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nella lingua volgare far versi alla latina, cioè, per spiegarmi meglio, senza tener conto del nostro accento grammaticale, è davvero la stessa cosa che il voler fare che i piedi suonino e le mani ballino.

Ma allora, se è così, si domanderà forse ancora dal Bonghi ai moderni novatori, se le regole di monsignor Minturno e de' suoi contemporanei non sono da voialtri seguite, su che si fonda la vostra imitazione? E se non intendete d'imitare nè il Tolomei, nè la sua scuola, su che si basa, di grazia, la struttura del vostro verso?

Siffatte domande, me lo lasci però dire francamente quell' eletto ingegno, non eran troppo in armonia con la ragione cinque anni fa, ne lo sarebbero oggi, dopo un'esposizione diffusa ed ordinata, quale è stata quella fatta dal Chiarini nella rammentata prefazione, e degli intendimenti del Carducci e delle norme da lui seguite nelle sue odi. Un debito solo han da compiere tuttora gli innovatori metrici, ed è quello di dimostrare in lungo ed in largo in che consistano le norme della metrica barbara, inquantochè non pare che valga a convertire i miscredenti cristiani ciò che n'è stato scritto sin qui, continuandosi da essi loro a gridare ancora alle stoltezze di questo dissotterrato paganesimo. E non sarà quindi cosa fuori proposito l' incominciare a provare qualche cosa, il fare capire intanto all'onor. Bonghi che non è casuale, com'ei pensa, l'incontro dell'armonia nel verso barbaro, che la prosodia non vi è osservata a caso, a capriccio, ad orecchio, ma si secondo leggi fisse, determinate.

Se la fatica, che per questo mi son presa, mi darà poi il diritto di ripetere le parole di Marco Lombardo

<< Ed io te ne sarò or vera spia »

mi sarà essa molto più cara che non quella d'andarealla caccia della demagogia (mi direbbe lo scrittore del Ça ira) per mezzo le boscaglie de' versi altrui. Ma non usciamo di carreggiata; lasciamo tali ricordi nelle pagine di quel libro, e che ognuno canti nel tono che meglio gli piace e il ça ira e la marsigliese e la carmagnola; lasciamo Marat tra le sue visioni, i suoi fantasmi rivoluzicnari, quantunque pur troppo sieno essi scesi dalle nubi sul suolo di Francia, o egregio Prof. Carducci, ed abbiano riempito sin anco un ricovero di disgraziate, la Salpêtrière, di singhiozzi, di grida e di sangue; ma mettiamo da parte questo e torniamo a noi, a riabbracciare i barbari, che dopo tutto son nostri fratelli.

Molosso ringhia, o antichi versi italici, ch'io co 'l batter del dito seguo e richiamo i numeri

vostri dispersi . .

È noto che il verso latino, letto come noi lo leggiamo, cioè non secondo l'arsi e la tesi, l'accento ritmico, ma secondo quello grammaticale, dà luogo in italiano, tenendo conto a un tempo della pausa o cesura che dir si voglia, a varie combinazioni metriche, a una certa varietà di versi che altro non sono se non se gli usati quinari, senari, settenari, ottonari, novenari, decasillabi, ed endecasillabi. Ciò considerato non scorgo mezzo più breve e più adatto al fine propostomi di quello di presentare, come appunto faccio in due tavole, le combinazioni che offre il verso latino ne' metri adoperati dal Carducci, potendosi così rilevare pur anche quale e quanta sia la corrispondenza tra esse e quelle che si hanno nelle odi barbare (edizione Zanichelli 1878 e 1882).

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