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Lo suo mortal voler, fa che ne porte
Novelle a nostra Donna e la conforte;
Si ch' ancor faccia al mondo di se dono
Questa anima gentil, di cui io sono

XI.

.

Ahi faulx ris per qe trai haves
Oculos meos? et quid tibi feci,
Che fatto m' hai così spietata fraude?
Jam audissent verba mea Græci :
Sai omn autres dames e vous saves
Che 'ngannator non è degno di laude :
Tu sai ben come gaude

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Miserum ejus cor, qui præsiolatur:
Eu vai sperant, e par de mi non cure ;
Ahi Deu qantes malure

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Atque fortuna ruinosa datur

A colui, ch' aspettando il tempo perde;
Nè già mai tocca di fioretto verde

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Conqueror cor suave de te primo
Che per un matto guardamento d'occhi
Vos non dovris haver perdu la loi :
Ma e' mi piace, ch' al dar delli stocchi
Semper insurgunt contra me de limo;
Don eu soi mort e per la fed quem troi
Fort mi desplax; ahi pover moi "

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Ch' io son punito, ed aggio colpa nulla;
Nec dicit ipsa malum est de isto
Unde querelam sisto;

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Ella sa ben che se 'l mio cor si crulla
A plaser d autre, qe de le amor le set

Il faulx cor grans pen en porteret.

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Ben avrà questa Donna il cuor di ghiaccio,

E tan daspres, qe per ma fed e sors,
Nisi pietatem habuerit servo,

Ben sai l'amors ( seu ie non hai socors)
Che per lei dolorosa morte faccio ;
Neque plus vitam sperando conservo
Veh omni meo nervo "

Sella non fai qe per son sen verai
Io vegna a riveder sua faccia allegra :
Ahi Dio, quanto è integra;

.

Mas eu men dopt, si gran dolor en hai :
Amorem versus me non tantum curat >
Quantum spes in me de ipsa durat
Canson "
vos pogues ir per tot le mond;
Namque locutus sum in lingua triná
Ut gravis mea spina

Si saccia per lo mondo; ogn' uomo il senta :
Forse pietà n' avrà chi mi tormenta.

XII.

Così nel mio parlar voglio esser aspro,
Come è negli atti questa bella pietra,
La quale ognora impetra

Maggior durezza, e più natura cruda
E veste sua persona d' un diaspro;

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Talchè per lui o perch' ella si arretra
Non esce di faretra

Saetta che giammai la colga ignuda:

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Ed ella ancide, e non val ch' uom si chiuda Nè si dilunghi da' colpi mortali ;

Che come avessero ali

Giungono altrui, e spezzan ciascuna arme : Perch' io non sò da lei, nè posso aitarme. Non trovo scudo ch' ella non mi spezzi,

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Così della mia mente tien la cima:

Cotanto del mio mal par, che si prezzi
Quanto legno di mar, che non lieva onda :
Lo peso, che m' affonda,

E tal, che nol potrebbe adeguar rima:
e dispietata lima

Ahi angosciosa

Che sordamente la mia vita scemi ;
Perchè non ti ritemi

Rodermi così il core a scorza a scorza :
Com' io di dire altrui, chi ti dà forza?

Che più mi trema il cor, qualora io penso Di lei in parte, ove altri gli occhi induca Per tema non traluca

Lo mio penser di fuor, sì che si scopra ;
Ch' io non fo della morte che ogni senso

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Colli denti d' Amor già si manduca

Ciò che nel pensier bruca

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La mia vertù, sì che n' allenta l' opra:
El m' ha percosso in terra e stammi sopra
Con quella spada ond' egli uccise Dido
Amore; a cui io grido

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Mercè chiamando ed umilmente il priego:
E quei d'ogni mercè par messo al niego
Egli alza ad or ad or la mano, e sfida
La debole mia vita esto perverso,

Che disteso e riverso

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Mi tiene in terra d' ogni guizzo stanco :
Allor mi surgon nella mente strida ;

El sangue, che è per le vene disperso,

Fuggendo, corre verso

Lo cor, che 'l chiama ; ond io rimango bianco. Egli mi fiere sotto il braccio manco

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Si forte, che 'l dolor nel cor rimbalza :
Allor dich' io; s'egli alza

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Un' altra volia morie m' avrà chiuso
Prima che 'l colpo sia disceso giuso

Così vedess' io lui fender per mezzo
Lo core alla crudele, che 'l mio squatra:
Poi non mi sarebbe atra

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La morte ov' io per sua bellezza corro :
Che tanto da nel sol, quanio nel rezzo
Questa scherana micidiale

Ohimè perchè non latra

,

e latra :

Per me, com' io per lei nel caldo borro ?
Che tosto griderei, io vi soccorro :

E fare'l volentier; siccome quelli
Che ne' biondi capelli,

Ch' Amor per consumarmi increspa, e dora
Metterei mano ,e saziere'mi allora.

S' io avessi le bionde treccie prese,
Che fatte son per me scudiscio ferza;

Pigliandole anzi terza

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Con esse passarei vespro, e le squille :
E non sarei pietoso, nè cortese;
Anzi farei come orso, quando scherza :
Es Amor me ne sferza

Io mi vendicherei di più di mille :

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E' suoi begli occhi onde escon le faville
Che m' infiammano il cor ch' io porto anciso,
Guardarei presso, e fiso

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Per vendicar lo fuggir, che mi face;

E poi le renderei con amor pace.

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Canzon vattene dritto a quella Donna Che m' ha ferito il core, e che m' invola Quello, ond' io ho più gola;

E dálle per lo cor d'una saetta :

Che bello onor s' acquista in far vendetta.

XIII.

Amor, che muovi tua vertù dal cielo
Come 'l sol lo splendore,

Che là si apprende più lo suo valore
Dove più nobiltà suo raggio trova;
E come el fuga oscuritate e gielo,
Così, alto Signore

Tu scacci la viltate altrui del core;
Nè ira contra te fa lunga prova :

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Da te convien che ciascun ben si mova,
Per lo qual si travaglia il mondo tutto :
Senza te è distrutto

Quanto avemo in potenza di ben fare;
Come pintura in tenebrosa parte,
Che non si può mostrare,

Nè dar diletto di color, nè d' arte
Feremi il core sempre la tua luce
Come 'l raggio la stella

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Poichè l'anima mia fu fatta ancella
Della tua podestà primieramente :

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Onde ha vita un pensier, che mi conduce Con sua dolce favella,

A rimirar ciascuna cosa bella

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Con più diletto, quanto è più piacente Per questo mio guardar m' è nella mente Una giovene entrata, che m' ha preso ; Ed hammi in foco_acceso

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Come acqua per chiarezza foco accende :
Perchè nel suo venir li raggi tuoi
Con li quai mi risplende,

Saliron tutti su negli occhi suoi .
Vol. II.

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