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E ciò specialmente quando si vuole introdurre un nuovo dogma, il quale, mentre è chiesto da alconi, forse è contrario alla coscienza dei fedeli, e si presenta a loro come una innovazione. Allora le proteste che sollevano i laici sono altrettanto giuste quanto necessarie, esse sono una prova inevitabile dell'attaccamento alla fede che venne loro trasinessa, ed essi adempiono cosi un loro dovere verso la Chiesa.

L'opposizione poi sollevata nel Concilio stesso da un certo numero di Vescovi contro un' opinione che si dovrebbe procla mare a dogina, prova che in quelle parti della Chiesa che essi rappresentano, questa opinione non è tenuta per vera, non fu considerata come divinamente rivelata, e che nemmeno ora si considera come tale. Ma con ciò si stabilisce anche che a questa dottrina od opinione mancano le tre condizioni essenziali: Î'universalità, la perpetualità, il consenso, e che quindi essa non può essere imposta a tutta la Chiesa come una rivelazione divina.

È per questo che la Chiesa, quando un numero, non privo di una qualche importanza, di Vescovi impugnò un decreto che la maggioranza aveva l'intenzione di proporre o far approvare, giudicò sempre doversi mettere in disparte questo decreto, e non darne la definizione. La vera cattolicità di una dottrina deve essere evidente ed indubitabile; essa non lo è, quando anche una minoranza offre la prova che intere parti della Chiesa non credono e non professano questa dottrina.

È per questo che intorno ad ogni Concilio la questione principale che si fa, fu sempre: « I decreti sono stati approvati da tutti i suoi membri? » Ciò si riscontra già nel primo Concilio Ecumenico di Nicea dove, su 318 Vescovi, da ultimo due soli si rifiutarono ad apporvi la loro firma. A Calcedonia si protrassero così in lungo le deliberazioni, vi si addentrò in sempre nuove discussioni, finché furono rimossi tutti i dubbi che i Vescovi, specialmente illirici e palestini, da principio avevano contro lo scritto di Leone. E prima che l'imperatore Marciano sciogliesse il Sinodo, insistette perché fosse dichiarato, se realmente tutti i Vescovi (ed erano più di 600) concordavano nelle definizioni di fede, ed avendo tutti essi spontaneamente ciò affermato, Papa Leone rese grazie a Dio che il suo scritto era stato, a malgrado di tutti i dubbi e delle incertezze, dall' incontrastabile consenso di tutto l'Episcopato approvato. » Cosi pure nel sesto Concilio Ecumenico i Vescovi alla domanda dell'Imperatore se le deliberazioni dogmatiche erano state accettate con adesione universale, lo confermarono. Lo stesso avvenne nel settimo Concilio nel 787. Inoltre Carlo Magno annunziava ai Vescovi spagnuoli che nel Concilio tenuto a Francoforte nel 794 tutto era succeduto, quatenus Sancta omnium umani'as decerneret, etc.

munis est, quae non solum ad Clericos, verum etiam ad Laicos et ad omnes omnino pertinet Christianos. » Questo passo venne anche inserito nel Decreto di Graziano.

A Trento Papa Pio IV diede ordine ai Legati di non sottoporre a deliberazione quello che non fosse gradito da tutti i Padri. Uno dei teologhi presenti a quel Concilio, Payva de Andrada, racconta che più volte si lasciarono per settimane e mesi sospesi i decreti, perchè alcuni pochi Vescovi erano d'avviso contrario o avevano dei dubbi; e solo quando dopo lunghe e minute discussioni si era riusciti ad ottenere l'unanimità, i decreti venivano pubblicati. Payva cita molti esempi in proposito. E ricordando questa prescrizione di Pio IV, Bossuet osserva che questo era un mezzo eccellente per discernere il vero da ciò che era dubbio.

Tutti i teologi richiedono in un Concilio come condizione di ecumenicità che in esso abbia regnata completa libertà. Libertà di parola, libertà di votazione. Nessuno, dice Tournely, che domandi di esser ascoltato può venir respinto. Non è solo la costrizione fisica che può rendere invalide e nulle le decisioni d'un Concilio. La libertà, quest'aura vitale d'un vero Concilio, può esser distrutta dalle molteplici forme, con cui si presenta la costrizione morale o colle quali l'uomo volontariamente si lascia assoggettare (per esempio dalle molte specie di simonia), e ciò toglie al Concilio ogni legittimità. Fra le passioni che nei Sinodi dominano, e tolgono libertà ai Concilii, Tournely rammenta il timore, l'ambizione, l'avarizia e la cupidigia."

Allorché ebbe contemporaneamente luogo la grande apostasia di Seleucia e Rimini, allorchè 600 Vescovi rinnegarono e abbandonarono la comune credenza, fu « la debolezza dell'ingegno e il timore di un lungo viaggio che li vinse (partim imbecillitate ingenii, parlim tœlio peregrinationis ecicti, Sulp. Sever., II, 43).

Il semplice fatto d'una per quanto si voglia numerosa assemblea di Vescovi è ben lungi dall'essere una prova della vera ecumenicità d'un Concilio; ovvero, come si esprimono i teologi, per esempio Tournely, il Concilio può essere per la sua convocazione Ecumenico; ma se poi lo sia per il modo con cui è stato tenuto e fiui, non è cosa che possa decidere il Concilio stesso, nè che egli stesso possa farne testimonianza: intorno a ciò occorre la decisione e conferma di una autorita che è superiore ad ogni Concilio, vale a dire la testimonianza della Chiesa intera. Ai Concilii come tali non è stato promesso nulla ed anche nelle parole del Signore che comunemente si citano, dei due o tre l'importante sta nell'essere radunati in suo nome e ciò

'Defensio fidei Tridentinae, f. 17: « Cum quindecim fere aut viginti dubitare se aiebant, ne vero quicquam praeter Conciliorum vetustum morem concluderetur, horum paucorum dubitatio plurimorum impetum retardavit, atque effecit, ut res in aliam sessionem dilata, omnium fere calculis tandem definiretur. ❤ - Vedasi ivi per maggiori particolari. Si vede che a Trento dominava la convinzione che tutto doveva esser trattato e deciso, seguendo i modi osservati negli antichi Concilii o per lo meno che si dovevano conservare le forme più importanti. 2 De Ecclesia, I, 384.

include, come ammettono tutti i teologi, diverse condizioni enumerate, per esempio, da Tournely. Alla Chiesa sono state fatte le promesse, ed essa deve prima di tutto convincersi, o avere la certezza, che nel Concilio non ebbero preponderanza la costrizione fisica o morale, il timore, le passioni, arti seduttrici cose simili a quelle che a Rimini e anche altrove ebbero influenza che insomma nel Concilio vi sia stata verà libertà. In questo senso parlando di un Concilio Ecumenico Bossuet dice: I Vescovi del medesimo devono essere tanti e di cosi diversi paesi e il consenso degli altri così evidente, che sia chiaramente manifesto che nel medesimo non si è fatto altro che apportarvi il sentimento di tutto il mondo. Se invece risultasse che non solo nel Concilio non si è riunita l'opinione di tutto l'orbe cattolico, ma che invece sono state prese a maggioranza deliberazioni che stavano in opposizione con quello che si crede da una ragguardevole parte della Chiesa, allora nel mondo cattolico si farebbero certamente le seguenti domande: Hanno i nostri Vescovi esattamente attestato quello che si crede nelle loro diocesi? e se non lo hanno fatto, erano essi veramente liberi? Oppure, come mai le loro deposizioni non furono prese in considerazione? perchè furono vinti dalla maggioranza? Dalle risposte che saranno date a queste interrogazioni dipenderanno i futuri eventi della Chiesa. E' per questo in tutta la Chiesa si considerò sempre la massima pubblicità come cosa necessaria ad un Concilio; poichè sta sommamente a cuore all'intera Cristianità non solo il sapere quello che nel Concilio fu deliberato, ma eziandio il sapere come fu deliberato.

1

Quaeres quibus conditionibus promisit Christus se Conciliis adfuturum? Resp. Ista generali: Si in nomine suo congregata fuerint; hoc est servata suffragiorum libertate; invocato coelesti auxi'io; adibita humana industria et diligentia in conquirenda veritate. —— Deus scilicet, qui omnia suaviter disponit ac moderalur, via supernaturali aperta et manifesta non adest Conciliis, sed occulta Spiritus subministratione. (Deus) permittit, Episcopos omnibus humanae infirmitatis periculis subiacere et aliquando succumbere: neque enim unquam promisit, se a Conciliis eiusmodi pericula certo semper propulsaturum; sed hoc unum, se iis semper adfuturum, qui in suo nomine congregarentur. Congregari autem in suo nomine censentur, quoties eas observant Leges et conditiones, quas vo uit observari. (Tourr.ely, Praelectiones theologicae de Deo et divinis attributis 1, 165.) Tournely spiega ancor più chiaramente questo pensiero nelle sue Praelectiones theologicae de Ecclesia Christi, 1, 384: (Drus) Episcopos permittit omnibus humanae infirmitatis periculis obnoxios esse, metus scilicet, ambitionis, avaritiae, cupiditatis, etc. »

2. Et que les autres consentent si évidemment à leur assemblée, qu'il sera clair qu'on n'y ait fait qu'apporter le sentiment de toute la terre. (Histoire des variations, I. 15, n. 1000.) Ed è perciò che Papa Gelasio vuole che le deliberazioni di una bene gesta synodus non solo siano state prese secondo la scrittura e la tradizione, e secondo le prescrizioni ecclesiastiche, ma che siano anche accettate da tutta la Chiesa: quam cuneta recepit ecclesia. (Epist. 13, in Labbé, Concil., IV, 1200 e 1203.) E Nicole, contro i Calvinisti, osserva : Ils ont une marque évidente que le Concile qui se di Universel doit être reçu pour tel, dans l'acceptation qu'en fait l'Église. Prétendus Réformés convaincus de schisme, II, 7, pag. 289.) La Chiesa conferma i Concilii (non di loro autorità nello stesso modo che essa coi suoi canoni biblici conferma i singoli libri della Bibbia, mentre naturalmente l'autorità dei medesimi non deriva dalla Chiesa. Anche qui essa è testis, non auctor fidei.

Da questo come dipende da ultimo tutto, come lo dimostrano gli anni memorabili del 359, 449, 754, ec. In quanto al silenzio forzatamente imposto non si sarebbe mai dovuto citare il Concilio di Trento, perché in primo luogo il silenzio fu in quel Concilio semplicemente raccomandato, e in secondo luogo questa esortazione non si riferiva che alla divulgazione delle proposte che si facevano, perchè esse in quei tempi potevano nei paesi lontani esser tenute per veri decreti; cosa che al giorno d'oggi nelle presenti condizioni del giornalismo sarebbe del tutto impossibile.

Il 9 marzo 1870.

G. DOELLINGER.

(Estratto dalla Allgemeine Zeitung, dell'44 marzu 4870.)

Documento XVIII.

PIUS EPISCOPUS

SERVUS SERVORUM DEI

SACRO APPROBANTE CONCILIO

AD PERPETUAM REI MEMORIAM.

Dei Filius et generis humani Redemptor Dominus noster Jesus Christus, ad Patrem coelestem rediturus, cum Ecclesia sua in terris militante, omnibus diebus usque ad consummationem saeculi futurum se esse promisit. Quare dilectae sponsae praesto esse, adsistere docenti, operanti benedicere, periclitanti opem ferre nullo unquam tempore destitit. Haec vero salutaris eius providentia, cum ex aliis beneficiis innumeris continenter apparuit, tum iis manifestissime comperta est fructibus, qui orbi christiano e Conciliis Ecumenicis ac nominatim e Tridentino, iniquis licet temporibus celebrato, amplissimi provenerunt. Hinc enim sanctissima religionis dogmata pressius definita uberiusque exposita, errores damnati atque cohibiti; hinc ecclesiastica disciplina restituta firmiusque sancita, promotum in Clero scientiae et pietatis studium, parata adolescentibus ad sacram militiam educandis collegia, christiani denique populi mores et accuratiore fidelium eruditione et frequentiore sacramentorum usu instaurati. Hinc praeterea arctior membrorum cum visibili Capite communio, universoque Corpori Christi mystico additus vigor; hinc religiosae multiplicatae familiae, aliaque christianae pietatis instituta; hinc ille etiam assiduus et usque ad sanguinis effusionem constans ardor in Christi regno late per orbem propagando.

Verumtamen haec aliaque insignia emolumenta, quae per

E

ultimam maxime oecumenicam Synodum divina clementia Ecclesiae largita est, dum grato, quo par est, animo recolimus; acerbum compescere haud possumus dolorem ob mala gravissima, inde potissimum orta, quod eiusdem sacrosanctae Synodi apud permultos vel auctoritas contempla, vel sapientissima neglecta fuere decreta.

Nemo enim ignorat, haereses, quas Tridentini Patres proscripserunt, num reiecto divino Ecclesiae magisterio, res ad religionem spectantes privati cuiusvis iudicio permitterentur, in sectas paullatim dissolutas esse multiplices, quibus inter se dissentientibus et concertantibus, omnis tandem in Christum fides apud non paucos labefactata est. Itaque ipsa sacra Biblia, quae antea chistianae doctrinae unicus fons et iudex asserebantur, iam non pro divinis haberi, imo mythicis commentis accenseri coeperunt.

Tum nata est et late nimis per orbem vagata illa rationalismi seu naturalismi doctrina, quae religioni christianae utpote supernaturali instituto per omnia adversans, summo studio molitur, ut Christo, qui solus Dominus et Salvator noster, est a mentibus humanis, a vita et moribus populorum excluso, merae quod vocant rationis vel naturae regnum stabiliatur. Relicta autem proiectaque christiana religione, negato vero Deo et Christo eius, prolapsa tandem est multorum mens in pantheismi, materialismi, atheismi barathrum, ut iam ipsam rationalem naturam, omnemque iusti rectique normam negantes, ima humanae societatis fundamenta diruere connitantur.

Hac porro impietate circumquaque grassante, infeliciter contigit, ut plures etiam catholicae Ecclesiae filiis a via verae pietatis aberrarent, in iisque, diminutis paullatim veritatibus, sensus catholicus attenuaretur. Variis enim ac peregrinis doctrinis abducti, naturam et gratiam, scientiam humanam et fidem divinam perperam commiscentes, genuinum sensum dogmatum, quem tenet ac docet Sancta Mater Ecclesia, depravare, integritatemque et sinceritatem fidei in periculum adducere comperiuntur.

Quibus omnibus perspectis, fieri qui potest, ut non commoveantur intima Ecclesiae viscera? Quemadmodum enim Deus vult omnes homines salvos fieri, et ad agnitionem veritatis venire; quemadmodum Christus venit, ut salvum faceret, quod perierat, et filios Dei, qui erant dispersi, congregaret in unum, ita Ecclesia, a Deo populorum mater et magistra constituta : omnibus debitricem se novit, ac lapsos erigere, labantes sustinere, revertentes amplecti, confirmare bonos et ad meliora provehere parata semper et intenta est. Quapropter nullo tempore a Dei veritate, quae sanat omnia, testanda et praedicanda quiescere potest, sibi dictum esse non ignorans: Spiritus meus, qui est in te, et verba mea, quae posui in ore tuo, non recedent de ore tuo amodo et usque in sempiternum. 1

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