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zioni della Chiesa una gran parte dei vescovi del Concilio è stata nominata dal Papa e perciò non è il prodotto di alcuna qualsiasi espressione d'opinione dei loro amministrati; se si calcola il numero dei vescovi in partibus che sono tutti ligii della Curia, quello dei vicarii apostolici che sono dipendenti dalla Propaganda fide, dei generali d' Ordine che sono milizia tutta papale, e quasi distaccata dalle diocesi; oltre a questo, se infine si pensi che la metà di tutti costoro era ospite del Papa, compresi anche quelli che per la dignità e lo stato loro sarebbero chiamati ad una maggiore indipendenza, come alcuni dei cardinali francesi; se tuttociò si prenda a considerare, si comprenderà facilmente il perchè si sia risvegliata una così gran diffidenza nell' opposizione, e perchè tutto quel che concerne il Regolamento incontrava fra gli opponenti una maggior contrarietà che le stesse proposi zioni non avrebbero dovuto. A ciò si aggiungeva un'al tra considerazione che non è di picciol momento, e che non cooperò poco a mantenere negli animi questo sentimento d'irritazione e di sospetto. Tutto quel che riguardava l'ordinamento del Concilio fu pure regolato in quello di Trento nella seconda Sessione, in una specie di Regolamento che stabiliva tutto il modo di condotta da tenersi in quello, ma questo come un semplice decreto fu sottomesso in via ordinaria al placet dei Padri, discusso e sanzionato dall' intiera Assemblea. L'atto corrispondente a quello è stato invece nel Concilio Vaticano una Bolla papale, per la quale tutto il Regolamento del Concilio si è stabilito a priori, senza discussione, senza veruna intromissione

dell'Assemblea, ma per solo fatto dell' autorità del Papa.

12. Tutte queste cose insieme furono cagione che le opinioni dell' opposizione cominciassero a concretarsi ed a fissarsi sopra alcuni punti principali: e quindi come mezzo di provvedere al pericolo che sovrastava loro dal vantaggio numerico della maggioranza, si fermarono sopra la necessità dell'unanimità per qualsivoglia dichiarazione dogmatica, massima che sostennero fino all' ultimo. E cosi alcuni dei vescovi, e i più accorti, furono di parere che si dovesse subito e dal bel principio chiedere la modificazione del Regolamento, senza di che ogni resistenza diverrebbe impossibile, e sarebbe vinta prima di nascere. I vescovi tedeschi si dimostrarono i più uniti e i più risoluti in questo disegno. Fecero due indirizzi al Papa, dei quali uno per la riforma dell' intiero Regolamento venne firmato da ventotto vescovi, l'altro per alcune parziali modificazioni fu pure firmato da molti di loro. I Francesi, benchè in picciol numero, fecero anch'essi un indirizzo a questo scopo. Gl' indirizzi non produssero verun effetto, e non ottennero risposta. Forse fu errore degli opponenti di non avere più oltre insistito, e di non essere stati abbastanza uniti e fermi fin da principio in quel soggetto, chè ciò avrebbe rispar miato loro grandi difficoltà per l'avvenire.

13. Il malcontento prodotto dalla poca idoneità dell' aula, dalle nomine delle Commissioni e principalmente dal Regolamento, non avendo ricevuta veruna soddisfazione dalla parte di chi dirigeva nel Concilio la somma delle cose, ebbe per effetto di accre

scere l'opposizione di alcuni degl' incerti e irresoluti, e perciò di rafforzarla; quindi ne avvenne che alla prima occasione, dove potè farlo legalmente, si manifesto abbastanza formidabile.

14. Era stato distribuito il primo lo schema De fide, ed era già venuto in discussione nelle ultime congregazioni di dicembre. Esso conteneva una specie di decreto dogmatico contro tutti gli errori moderni e, se si vuole, anche antichi, tutti insieme. Venivano in quello condannati il materialismo, il panteismo, ed ogni sorta di sistemi filosofici, in tanti capi, nei quali incominciando dalla creazione del mondo fino a quel che ne accade ai nostri giorni, viene esposta e confermata tutta la dottrina cattolica. Se ne attribuisce la compilazione ai Gesuiti e particolarmente al Padre Franzelin, professore di teologia nel Collegio Romano.

15. È chiaro che sopra tutte quelle materie in massima non poteva sorgere dubbio in un'Assemblea cattolica, e quelle dichiarazioni non possono risguardare se non coloro che sono fuori della Chiesa Cattolica e forse anche del Cristianesimo: ma appunto su questo nacque la discussione. Un' Assemblea cattolica, dicevano molti, è radunata per giudicare sopra coloro che la riconoscono e in qualche modo ne dipendono: coloro che sono affatto fuori della Chiesa s'intendono già condannati implicitamente e di per se stessi. Tanto varrebbe per il Concilio condannare il Buddismo o I' Islamismo. Quanto a quel che riguarda i sistemi e le opinioni filosofiche, aggiungevano essi, la Chiesa Cattolica può opporre la propria filosofia alla razionale, opporre il Rosmini ai filosofi tedeschi; è un

combattere sopra lo stesso terreno; ma condannare non è discutere. Ora si può condannare chi in qualche modo ci ascolta o dipende da noi, ma con coloro, con i quali non vi ha nessun legame comune, si discute o si tace. Ogni condanna che non ha sanzione è inutile, e perciò nuoce anzichè giovare alla dignità di chi la dà. Questi erano i principali argomenti degli oppositori contro il primo schema. Oltre a ciò, in molte cose si trovò da ridire e prima di tutto nel titolo che portava in fronte lo schema, cioè: Pius Episcopus, etc., invece di Sacrosancta Synodus, etc., come si era usato nei principali Concilii e segnatamente in quello di Trento. Di ciò ragioneremo più a lungo più tardi, quando ci avverrà di parlare più particolarmente di questo schema: ma fin da quando esso apparve sorsero dalla parte dell'opposizione le più vive obiezioni contro un titolo che conteneva in sè lo scioglimento della questione, la quale divideva il Concilio, prima che fosse discussa. Inoltre la intera forma, con cui lo schema è compilato, dispiacque all'Assemblea ; forma minuta, gretta, astiosa, e tale da rendere la materia tutt' altro che facile ed accettevole alle orecchie ed agl'intelletti del decimonono secolo. Convien figurarsi l'impressione prodotta dalle elucubrazioni malinconiche dei Padri della Civiltà Cattolica e di pochi teologi poco addimesticati colla conoscenza del mondo sopra tutta quella parte di vescovi che, o perchè forniti d'ogni coltura, o perchè involti nel gran movimento del mondo moderno, se non partecipano ad esso, hanno almeno il concetto. della sua vastità e della grandezza dei bisogni e delle questioni che porta con sè. Tutte queste cose furono

causa, tanto l'opposizione aveva voglia di manifestarsi, che lo schema invece di essere promulgato nella seconda Sessione, come si era stabilito, fosse invece. rinviato per intiero alla Congregazione per la fede, a cui apparteneva, acciocchè lo riformasse.

16. Questa discussione occupò sei congregazioni. Quella del 28 dicembre fu la prima, nella quale se ne trattasse, e fu insieme la più notabile, perchè in essa parlarono con molta lode l'arcivescovo di Vienna, l'arcivescovo di San Luigi, e quello di Nisibi. Parlarono anche l'arcivescovo di Sorrento, quello di Smirne e quel di Malta, e finalmente con molto effetto l'arcivescovo di Halifax, tutti unanimemente contro la proposta per le ragioni sopra addotte. Prosegui la stessa discussione il giorno 30, nel quale parlarono lo Strossmayer, il Genouhilhac, il Caixal y Astrade ed un vescovo greco rumeno. Si continuó il 3 gennaio; ma da quel giorno, forse per la simpatia che il pubblico fin dalla Congregazione precedente aveva cominciato a dimostrare per gli oratori, si proibi la pubblicazione dei loro nomi nel Giornale ufficiale, come si era praticato fino allora. La stessa materia si trattò senza interruzione il 4, l'8 e il 10 gennaio, nel qual giorno si pose termine alla discussione, e lo schema fu rinviato.

17. A questo fatto si riconobbe con certezza che l'opposizione, alla quale finora si era stentato a credere, aveva realmente acquistata importanza, e che la bisogna non sarebbe andata così facilmente come già annunziava la Civiltà Cattolica. Infatti, per quanto dovesse ancora reputarsi prematuro ogni giudizio sul risultato finale, era però già innegabile che le vaghe

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