Sayfadaki görseller
PDF
ePub

le ceneri al vento, se la storia di tutti i tempi non c'insegnasse, le passioni falsare i giudizii umani, ed essere gli onori spesso negati a chi più n'è degno. Finchè dura la nostra lingua, sarà lodata la soavità dello stile, la grazia, la leggiadría, la nobiltà delle immagini nel Petrarca: ma finchè l' uomo avrà sentimento e gusto del bello, finchè s'inchinerà alla memoria dei pochi, che furono grandi come uomini e come scrittori, non potrà ricordare il nome di Dante senza gridare tra riverente e meravigliato:

Onorate l'altissimo poeta.

330

LEZIONE DECIMAPRIMA.

SOMMARIO.

Comparazione tra le poesie di Dante e quelle del Petrarca. - Pregi di questo. Dei Petrarchisti e degl' imitatori. Si tocca dell' artifi

cioso nel passionato. - Della semplicità dello stile dei classici, e
quindi di alcuni vizii, in cui cadono spesso i poeti moderni. —- Come
il Leopardi ritraesse nei versi suoi la greca schiettezza.
minano le bellezze poetiche del Petrarca.

Si esa

Della verità che deve 1 Si notano altre

[ocr errors]

essere nello stile, negli affetti e in tutta la vita.
lodevoli qualità del Petrarca, nè si tace de' suoi difetti. Come
ne' Trionfi non sia la varietà d'immagini e di concetti che ammi-
riamo in Dante. - Delle sue canzoni politiche.

Spesso dai fianchi d'una montagna scaturiscono due sorgenti. L'una di ricca vena sgorga copiosa di acque freschissime e cristalline. Si precipita spumeggiante di rupe in rupe ed ivi tra i sassi rimbalza e freme: quindi, ruinandosi al basso con gran fragore, si mette a traverso i distesi piani; si attorce in mille serpeggiamenti, e poscia raccolta in fiume larghissimo e maestoso feconda i campi e trasporta nel suo rapido corso pesanti navi. L'altra quietamente zampilla, e giù dalla china discende in piccole cascatelle: uscita quindi all'aperto ai piedi del monte, vi forma un lago lucido e trasparente, sulle rive del quale verdeggiano liete piante e fioriti arbusti. Queste due immagini mi sorsero nella fantasía ripensando alle qualità poetiche del Petrarca e dell' Alighieri. Ebbe questi ingegno si forte e si impetuoso, che quanti ostacoli gli si paravano incontro superò a un tratto, quasi torrente che investe,

svelle, travolve ne' suoi vortici i massi, su cui si abbatte: e simile a una riviera, la quale riceve dentro il suo letto quante acque si distendono in chiare fonti dalle vicine colline, accolse nella sua mente tutto il sapere dei tempi suoi. Il Petrarca, di meno gagliarda immaginativa e d'intelligenza assai meno vasta, non poetizzò, come l'altro, tutti gli affetti del cuore umano e tutte le forze dell' universo; non trasvolò col pensiero nell'infinito. La sua Musa si stette in angusto campo; ma in quello aggirossi liberamente, e vi seppe scoprire tante bellezze, quante niuno vi aveva giammai vedute. Cantando d'amore accordò col soggetto sentenze e stile e se non molto ampliò la nativa lingua, la rese più melodiosa, più amabile, più gentile. Egli amò vivamente, e quindi i suoi versi ritraggono il vero: alcune volte però con l'eccesso dell'arte guastò l'affetto, il quale in Dante è più passionato: soave e tenero è nel Petrarca; diversità derivata dalla tempra diversa dei loro ingegni e in parte dalla fortuna. Chè le sventure negli uomini generosi fanno più vivo il sentire, e la solitudine a questo dà gagliardía. Il cuore di Dante segui Beatrice nel cielo; a lei pensava nel tessere il suo poema: di lei cantava cantando del primo Amore. Quindi possiamo affermare che un solo affetto domino tutta quanta l'anima sua, ed a tutti gli altri détte colore: mentre il Petrarca in molti e diversi stette diviso, ed uomo di corte servi all'ambizione; e forse oltre a quello che a filosofo ed a poeta si convenisse cercò la gloria. Ma quantunque nella vastità del sog getto, nella ricchezza delle immagini e della lingua, nella gravità ed efficacia delle sentenze Dante lo vinca,

siccome vince tutti i poeti moderni, pure a lui si com-
pete la lode della eleganza, della verità nell' affetto,
della semplicità, della grazia, dell'armonia. Del che sa-
remo convinti pigliando in esame alcune delle sue
rime. Pieno di dolce melanconía è questo sonetto:
Solo e pensoso i più deserti campi

Vo misurando a passi tardi e lenti;
E gli occhi porto per fuggire intenti,
Dove vestigio uman l'arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
Dal manifesto accorger delle genti;
Perchè negli atti d'allegrezza spenti
Di fuor si legge com' io dentro avvampi:
Sì ch' io mi credo omai che monti e piagge
E fiumi e selve sappian di che tempre
Sia la mia vita ch'è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie nè sì selvagge

Cercar non so, ch' Amor non venga sempre
Ragionando con meco, ed io con lui.

(Sonetto XXII.)

È in questi versi espresso con forme poetiche un sentimento comune a quanti son presi da qualche forte passione. Chè quando l'animo nostro è commosso gagliardamente, quasi da involontaria forza siamo portati a cercare i luoghi solinghi: ma non perciò la battaglia del cuore ha tregua; essa diventa tanto più fiera, quanto la fantasía, non distratta dalle immagini impresse in lei dalle cose esterne, più in una sola fissa rimane e di lei si pasce. Quanto allo stile, diremo che l'aggiunto di lento dato al passo tardo è soverchio, perocchè non accresce nè varia l'idea dal primo significata. Spesso il Petrarca accumula molti epiteti, stemperando per tal maniera il concetto, il quale per questo entra poco

1

scolpito nella mente de'leggitori. Gl'imitatori di lui, tratti da cieca venerazione, o forse per ricoprire con l'abbondanza delle parole la povertà della loro immaginativa, posero anch'essi molti aggiunti d'intorno a una stessa idea: e mentre quegli lo fece con quel giudicio ch'è proprio dei sommi ingegni, essi non serbarono in questo alcuna misura: sicchè al loro stile manco l'efficacia, ed a ragione n'ebbero il nome di parolai. I Petrarchisti furono gli Arcadi del secolo XVI: sterili e scoloriti verseggiatori, cantavan d'amore senza sentirlo, e si argomentavano di eguagliare il loro modello, perchè davano al verso molle cadenza, e di suoni armoniosi lo componevano.

Qui parmi opportuno di ricordare, non essere buona la imitazione dei classici, quando sia fatta in modo servile. Come il paesista osservando nella natura. il compartimento si delle ombre, si della luce, l'orrido delle boscaglie e dei monti, il vario discorrere delle acque, il verde de' prati, e il digradarsi delle colline impara a ritrarre, secondo vuole, il vero ideale, gli aspetti diversi della campagna; così lo scrittore deve notare nei classici la maniera, con cui da quelli sono dipinte cose e passioni. Ponga mente alla proprietà delle voci usate da essi; vi studii l'arte di congiungere insieme le varie idee, di avvivarle con le figure, di porle quando in iscorcio, quando in rilievo, e di fare intendere al leggitore assai più di quello che dicono le parole. Ma quanto allo stile non isperi di averlo evidente, se vuole dagli altri in tutto pigliarlo. Esso dee conformarsi coll' indole propria dello scrittore; deve essere come il riflesso di tutta l'anima sua. Quindi vo

« ÖncekiDevam »