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e proprie, con ciò dimostrando non pure di essere della lingua nostra perito, ma di avere eziandio lucidità e aggiustatezza nel concepire e mente in tutte le sue operazioni bene ordinata.

Conciossiachè è da notare che la deformità dello stile, se il più delle volte nella ignoranza del vero significato dei vocaboli ha il suo principio, nasce altresi dalla oscurità delle idee dall' essere queste confusamente, senza la debita connessione tra loro, entrate nell' intelletto. Quindi io penso che per assuefare i giovani a rettamente formare i loro giudizii e a collegare tra sẻ nell'ordine razionale le idee, a bene distribuire la materia, di cui debbono nei loro scritti trattare, sia d'uopo che sino dal cominciare dei loro studii in continuo esercizio vengano dal maestro tenute le facoltà di riflettere e di ragionare. Il che non potrà mai farsi dove quelli siano, come ora sono, costretti di attendere a molte cose e troppo tra sẻ diverse: onde loro mancando il tempo per raccogliere in sè stessa la mente, per curare la bontà dello stile, per dipingere con proprietà affetti veri, scrivono a caso, non hanno fantasía vigorosa, non pongono fondamento sicuro ai loro giudizii, nẻ sanno distinguere il bello dal suo contrario. E per non essere stati avvezzi a pensare assennatamente e perchè la fantasía loro rimase oppressa dalla congerie di tanti male ordinati studii, se fatti uomini vogliono diventare scrittori, o prendono ser

vilmente dagli altri concetti e invenzioni, o per essere in essi confuse e oscure le idee, il discorso loro quando non giunge al segno prefisso, quando con offesa della bellezza e della verità l'oltrepassa; onde si può ad essi applicare il detto di Orazio: Amphora capit

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Institui: currente rota cur urceus exit?

Io stimo di non ingannarmi, affermando, che il leggere nella giovinezza con attenzione pochi eccellenti libri sia di profitto maggiore, che il leggerne molti e non tutti buoni. E quantunque per la lettura di molti libri la memoria si faccia ricca di svariatissime cognizioni, il danno che ne viene all' ingegno supera, a mio giudizio, l'utilità. Imperocchè in quelle moltiplici e troppo affrettate letture certa è la corruttela del gusto, diventando questo sempre migliore per la cura che l'uomo pone in considerare le qualità di ottimi, anzi di perfetti esemplari. In oltre la differenza che ẻ necessariamente nelle credenze, nei giudizii, nelle opinioni dei varii scrittori, i libri dei quali sono nelle mani dei giovani, genera nei loro intelletti dubbio, perplessità, confusione; sicchè quelli perdono a poco a poco la fede nelle verità religiose, nelle metafisiche, nelle morali. Sovente accade eziandio, che per avere letto molto credono essi di sapere molto; dal che negli animi loro nasce l'orgoglio e la presunzione: onde reputandosi giả sapienti a venti anni non sopportano la fatica dei

gravi e pazienti studii, ed hanno superbamente in dispregio il senno dei vecchi. Quindi i più di essi, scrivendo senza proprietà e senza grazia, seguono le passioni nel giudicare e stampano libri, che sono lagrimevole testimonio della decadenza dei nostri studii. Che se poi spinti dall'ambizione imprendono a maneggiare cose di Stato, fanno all' universale patire gli effetti dell' arrogante ignoranza loro. Quindi per carità della nostra patria, per pietà e per amore di tanti giovani, i quali inconsapevoli ed innocenti vengono spesse volte tratti all' errore da chi avrebbe l'obbligo di condurli alla verità, io dico liberamente, doversi mutare in meglio il modo del pubblico insegnamento, ritirandolo a que' principii che tanti salutevoli effetti portarono in altri tempi, ed ampliandolo solo in alcune scienze speciali. Perciò affermo che, se intenderemo più che a coltivare la memoria nei giovanetti, a dare conveniente esercizio alle altre facoltà intellettive; se in essi sarà al vero bello educata la fantasía, e avvezzandoli per tempo a comporre sia loro mostrato evidentemente in quali parti e per quali cagioni gli scritti loro sono da riprendere o da lodare, dall'ordine rinnovato o piuttosto tornato all'antico dei nostri studii in breve raccoglieremo copiosi frutti. Chè non è diversa da quella, che fu in antico, la qualità dell'ingegno italiano. Vive in esso la naturale virtù, che già di sè fece tutto il mondo civile meravigliare. Ma come la

FERRUCCI, Lezioni. — I.

b

sanità del corpo anche ne' più gagliardi vien meno, dove siano essi costretti a menare la vita in mezzo ad uliginose pianure, vicino a larghe paludi, in aere basso e maligno; così le menti vanno perdendo di giorno in giorno l' ingenita gagliardía, se vengano per molti anni oppresse dall' incomportabile peso di studii, troppo per indole ed importanza tra sè disformi, o senza l'ordine conveniente distribuiti, sicchè il nutrimento, che loro viene dispensato, in luogo di farle robuste e sane corrompe in esse, quasi lento veleno, il senso del bello.

Non ignoro che, consigliando di ricondurre gli studii ai principii antichi, sarò anch' io posta nel numero dei pedanti, nome ora dato a chiunque venera i classici e cerca di seguitarne l'esempio, non servilmente, ma come all'ingegno d'uomo libero si conviene. Io però dico: questi, che sono ora chiamati pedanti, mancano forse di sapienza e di forti studii? Guardate alle opere loro. Non scrissero e non scrivono con dottrina, con senno, con gravità, con uno stile o lodevole per italiana semplicità ed efficacia, o mirabile per leggiadría, per nobiltà, per vivezza il Cesari, il Giordani, il Leopardi, e non pochi altri, dai quali fu mantenuta e si mantiene inviolata tuttora la dignità delle nostre lettere? Pure essi studiarono tutti, ed assiduamente, nei classici e vollero adoperare non già la lingua volgare e plebea, ma quella che aulica

e cortigiana fu detta dall' Alighieri. Che possono contrapporre alle loro nobili prose, ai loro eleganti versi i novatori moderni? Lo dica chi, avendo sano giudicio, tiene per fermo che la bontà degli studii dee misurarsi non da certi principii astratti, ma dagli effetti prodotti sull' animo e sull' ingegno dello scrittore. Perciò a questi nuovi maestri, che vanno insegnando, la lingua del popolo bastare a significare tutti i concetti, le regole inceppare l' ingegno, essere vecchiume quei libri che ci danno esempii e precetti allo scrivere ed al comporre, potremo noi domandare: che avete voi fatto della nostra letteratura? Essa era libera, e voi la faceste serva dei forestieri: aveva essa ingenita venustà, e voi le deste il parlare e i modi del volgo; a lei, nobilissima veramente in ogni sua parte, perchè in ogni sua parte rappresentava l'indole ed il sentire della nazione italiana, voi toglieste la grazia e il decoro che prima aveva, travestendola quando alla usanza francese, quando alla nordica o all' orientale, secondo vuole la bizzarría della moda; e lei vergine disdegnosa d'ogni eccessivo ornamento, con orpelli, con belletti, con lisci avete guastato in guisa da farla parere diversa in tutto da quella, ch' era nel tempo, in cui per l'universale consenso di tutti i savii fu reputata la bellissima fra le nuove letterature. Poichè noi, a ragione, stimiamo essere nostra grande felicità l' avere recuperato la dignità di nazione, deh! sforziamoci di recuperare

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