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diato e scritto, ora con gran dolore mi avvedo essere stati per molte privi di qualche salutevole effetto i miei ammonimenti. I quali io sperava dovessero riuscire persuasivi, non per virtù del mio ingegno, non perchè io mi arroghi facondia o gravità di parlare; ma perchè, essendo conformi al vero, mi furono sempre dettati dal cuore, innamorato del bene e tutto acceso di sincerissimo amore verso la patria. E poichè fermamente io credo che solo dalle famiglie buone possano uscire uomini atti a dare alla loro nazione dignità e onore, e poichè dalle donne viene la bontà vera delle famiglie, io del presente indignata e assai paurosa dell'avvenire, così vado fra me dicendo: che mai sarà di questi cari fanciulli, che crescono intorno a noi, se nella madre, la quale dovrebbe loro insegnare ad amare Iddio, ad osservare la sua legge, a farsi col senno, con la dottrina, con la virtù meritevoli della stima dei savii, scorgono animo irreligioso, debole contro la forza delle passioni, schiavo della vanità e della moda? Se dall' esempio e dai discorsi di lei impareranno a spregiare le verità, onde i costumi si mantengono buoni, è tollerabile la sventura e si conserva inviolata la libertà?

Giudici severi dei genitori sono i figliuoli: i quali, inconsapevoli quasi dei taciti ed instintivi giudizii loro, vengono da interna forza condotti a venerarli, se buoni, ed a negare loro il dovuto ossequio, dove ne sia riprensibile il vivere ed il

pensare. Chè l' uomo porta innato in sè stesso l'amore del bene, pel quale anche prima, che la ragione sia ammaestrata dalla cognizione del vero e dalla esperienza, ha naturale odio del male. Perciò non si confidino i genitori di avere docili e rispettosi i figliuoli, quando con le opere e con le parole mostrino di non venerare la santità della religione e della morale. Ed è poi certissima cosa che i giovanetti, i quali ricusarono da fanciulli di obbedire al padre e alla madre, non saranno, come dovrebbero, riverenti verso i maestri, nè, fatti uomini, piegheranno innanzi alla legge la loro indomita volontà. Dal che poi nasce il disordine nello Stato ed il turbamento di tutta quanta la comunanza civile. E di ciò a chi si deve imputare la colpa? Più che ad altri, ai parenti ed in modo speciale alle madri. Chè queste sul cominciare della vita possono a loro voglia formare il cuore dei figli, nella mente dei quali,

Siccome in cera impressa da suggello,

rimane scolpita la immagine loro, quando risplendente di luce quasi divina, perchè è ricordo di amorevole senno e di bontà vera, quando offuscata dalla memoria di errori e di mali esempii.

Effetto della religione è di rendere l'uomo contento della speciale condizione di vita che gli è toccata, in quella riconoscendo l'espresso volere di Dio. Ma come egli intende a sottrarsi alla sua

obbedienza, tosto in lui sorge irrefrenabile bramosía di variare stato e fortuna; la quale genera poi la invidia degli altri e la intemperanza dei desiderii. Da ciò accade che alcune donne, in cui dalle seduttrici dottrine dei romanzieri fu pervertito il giudicio, impazienti di tollerare le leggi a noi poste dalla natura, vogliono ora, come esse dicono, emanciparsi, cioè uscire dalla dolcissima quiete del vivere casalingo per poi contendere nelle ambiziose gare con gli uomini, e avere in comune con essi ufficii ed onori. Lagrimevole cecità di menti ingannate! Lascio stare che per condurre ad effetto si nuovo e non ragionevole desiderio bisognerebbe mutare in tutto l'ordine delle leggi civili: ma con sicurezza di parlare secondo il vero affermo, che Dio e la natura non ammettono per possibili i sogni della fantasía loro in materia tanto importante al bene di tutti. Imperocchè i nostri corpi deboli e delicati non reggerebbero alle fatiche virili; ně i nostri intelletti ai severi studii e alle astratte speculazioni: essendochè l'ingegno e l'animo di noi donne hanno tendenze, forze ed affetti diversi per molte parti da quelli dell'uomo. A lui si appartiene la magnanima indignazione, l'instancabile amore del vero, della giustizia, della sapienza, la non curanza dei pericoli e della morte per la difesa della libertà e della patria: a noi la compassione, la mansuetudine, la pazienza, la carità, che ad ogni sventura ha pronte consolazioni. Nė

per ciò abbiamo cagione di lamentarci della natura. Chè per le qualità da lei messe nel nostro cuore, mentre non è mai di conforto priva la vita nostra, possiamo rendere tranquilla e lieta l'altrui. O cara pace della famiglia buona e concorde! o arcana soavità dell'amoroso obbedire, non bastate voi forse a farci contente dello stato, in cui Dio ci pose? Perchè dovremo noi invidiare agli uomini i loro faticosi guadagni, gli onori sovente mal dispensati, le dignità ai migliori spesso contese, quando nell'innocente sorriso dei nostri figli, nella bontà dei loro costumi, nel profitto fatto da essi nei loro studii, nel tenero e riverente amore che hanno per noi, abbiamo alle nostre cure una ricompensa che niun'altra di lei più grande o più bella possiamo su questa terra desiderare? Ed in vero chi è più felice di quella donna, che ha buoni figliuoli e marito buono? E che questi sia tale, da noi dipende. Che se la donna bada con diligenza alla casa, attende a bene educare i figliuoli, se in lei sia mansueta pazienza, dolcezza non mai alterata nei modi e nel favellare, docilità e sommissione, il marito avrà certamente per essa rispetto e amore uguali alle virtù sue.

Da che alcuni dei romanzieri francesi, che sono più in voga, per nostro male, fra noi, hanno dato ai mariti le qualità di stolidi o di tiranni, e dipinto con vivi colori le voluttà di un illegittimo amore, la casa, nostro regno e riposo, è da molte donne

abborrita, quasi prigione: vengono reputate indegne di noi le domestiche occupazioni; e, posta in non cale la buona educazione dei figli, è vagheggiata da esse una libertà, ch'è disfrenata licenza. Onde poi accade che alcune calpestano e violano audacemente le sante leggi della castità coniugale; o perchè non vedono mai l'effetto dei loro strani delirii, stanche di vivere ed incresciose a sè stesse, si danno (infelici!) con empia mano la morte.

Ad impedire che a molte si estenda la corruttela di alcune, fa d'uopo che nelle pubbliche scuole si guardi ai costumi delle maestre, dovendo esse instruire ed anche educare le giovinette. Nè riuscirà buona l'educazione di queste, dove non abbia il principio suo nelle verità della fede. Imperocchè essendo a chiunque abbia letto le storie da prove certissime manifesto, avere il Vangelo sciolto la donna dalla servitù, nella quale era stata per molti secoli, io domando, in qual modo si gran mutamento nella condizione di lei avvenisse. Certo non per volere di principi, nè per decreto di popoli o di ottimati; ma per virtù delle cristiane dottrine. Le quali con l'avere ordinato che santo fosse ed indissolubile il matrimonio, assegnarono alla donna onoratissimo grado nella famiglia: e avendo mostrato evidentemente, essere tutte le umane creature per naturali doti e per nobiltà di origine uguali dinanzi a Dio, indussero l'uomo a rispettare nella moglie e in tutte le donne la naturale ugua

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