43 49 Assai la voce lor chiaro l'abbaia, 55 64 Oltre la difension de' senni umani: Per che una gente impera ed altra lan[gue, 82 Seguendo lo giudizio di costei, Che è occulto, come in erba l' angue. Vostro saper non ha contasto a lei : 85 Questa provvede, giudica, e persegue Suo regno, come il loro gli altri Dei. Le sue permutazion non hanno triegue: 88 Necessità la fa esser veloce ; Si spesso vien chi vicenda consegue. Quest'è colei, ch'è tanto posta in croce 91 Pur da color che le dovrien dar lode, Dandole biasmo a torto e mala voce. 94 Ma ella s'è beata, e ciò non ode; Ed anco vo' che tu per certo credi 127 Grand'arco tra la ripa secca e il mezzo, Con gli occhi volti a chi del fango ingozza: Venimmo al piè d'una torre al dassez[zo. 130 19 Che si corresse via per l'aere snella, Com'io vidi una nave piccioletta Venir per l'acqua verso noi in quella, 16 Sotto il governo d'un sol galeoto Che gridava: 'Or se' giunta, anima fella?' 'Flegias, Flegias, tu gridi a voto,' Disse lo mio signore, 'a questa volta! Più non ci avrai, che sol passando il [loto. ' Quale colui che grande inganno ascolta 22 Che gli sia fatto, e poi se ne rammarca, Fecesi Flegias nell'ira accolta. Lo duca mio discese nella barca, 25 E poi mi fece entrare appresso lui; E sol quand' io fui dentro, parve carca. Tosto che il duca ed io nel legno fui, 28 Secando se ne va l'antica prora Dell'acqua più che non suol con altrui. Mentre noi corravam la morta gora, 31 Dinanzi mi si fe' un pien di fango, E disse: Chi se' tu che vieni anzi ora?' Ed io a lui: 'S'io vegno, non rimango; 34 Ma tu chi se', che sei sì fatto brutto?' Rispuose: 'Vedi che son un che piangó. ' Ed io a lui: 'Con piangere e con lutto, 37 Spirito maladetto, ti rimani, Ch'io ti conosco, ancor sie lordo tutto. ' Allora stese al legno ambo le mani; 40 Per che il maestro accorto lo sospinse, Dicendo: 'Via costà con gli altri cani!' Lo collo poi con le braccia mi cinse, 43 Baciommi il volto, e disse: Alma sde[gnosa, 52 Benedetta colei che in te s'incinse! Quei fu al mondo persona orgogliosa; 46 Bontà non è che sua memoria fregi : Così s'è l'ombra sua qui furiosa. Quanti si tengon or lassù gran regi, 49 Che qui staranno come porci in brago, Di sè lasciando orribili dispregi !' Ed io: Maestro, molto sarei vago Di vederlo attuffare in questa broda, Prima che noi uscissimo del lago.' Ed egli a me: Avanti che la proda 55 Ti si lasci veder, tu sarai sazio: Di tal disio converrà che tu goda. ' Dopo ciò poco io vidi quello strazio Far di costui alle fangose genti, Che Iddio ancor ne lodo e ne ringra 58 [zio. Tutti gridavano: A Filippo Argenti!' 61 E'l fiorentino spirito bizzarro In sè medesmo si volvea co'denti. Quivi il lasciammo, chè più non ne nar[ro; 64 Ma nelle orecchie mi percosse un duolo, Per ch' io avanti intento l'occhio sbarro. Lo buon maestro disse: 'Omai, figliuolo, 67 S' appressa la città che ha nome Dite, Co' gravi cittadin, col grande stuolo.' Ed io Maestro, già le sue meschite 70 Là entro certo nella valle cerno Vermiglie, come se di foco uscite Fossero.' Ed ei mi disse: 'Il foco eter[no 73 Ch' entro le affoca, le dimostra rosse, Come tu vedi in questo basso inferno. ' Noi pur giugnemmo dentro all' alte fosse 76 Che vallan quella terra sconsolata: Le mura mi parean che ferro fosse.. Non senza prima far grande aggirata, 79 Venimmo in parte, dove il nocchier forte 'Uscite!' ci gridò: Qui è l'entrata.' Io vidi più di mille in su le porte 82 Da' ciel piovuti, che stizzosamente Dicean: Chi è costui che sanza morte Va per lo regno della morta gente?' 85 E il savio mio maestro fece segno Di voler lor parlar segretamente. Allor chiusero un poco il gran' disdegno, 88 E disser: Vien tu solo, e quei sen vada, Che si ardito entrò per questo regno. Sol si ritorni per la folle strada; Provi, se sa; chè tu qui rimarrai, Che gli hai scorta sì buia contrada. Pensa, lettor, se io mi sconfortai Nel suon delle parole maladette; Chè non credetti ritornarci mai. 'O caro duca mio, che più di sette 91 94 97 Volte m'hai sicurtà renduta, e tratto D'alto periglio che incontro mi stette, Non mi lasciar', diss' io, 'così disfatto; 100 E se'l passar più oltre c'è negato, Ritroviam l'orme nostre insieme ratto.' E quel signor, che lì m' avea menato, 103 Mi disse: 'Non temer, chè il nostro [passo Non ci può tôrre alcun : da Tal n'è dato ! Ma qui m'attendi, e lo spirito lasso 106 Conforta e ciba di speranza buona, Ch'io non ti lascerò nel mondo basso.' Così sen va, e quivi m'abbandona 109 Lo dolce padre, ed io rimango in forse; Chè sì e no nel capo mi tenzona. Udir non pote' quello ch'a lor porse; 112 D'ogni baldanza, e dicea ne' sospiri : Quell'è il più basso loco e il più oscuro, 28 E il più lontan dal ciel che tutto gira: Ben so il cammin; però ti fa sicuro. Questa palude che il gran puzzo spira, 31 Cinge d'intorno la città dolente, 40 U'non potemo entrare omai sanz'ira.' Ed altro disse, ma non l'ho a mente; 34 Però che l'occhio m'avea tutto tratto Ver l'alta torre alla cima rovente, Dove in un punto furon dritte ratto 37 Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminine aveano ed atto, E con idre verdissime eran cinte; Serpentelli e ceraste avean per crine, Onde le fiere tempie erano avvinte. E quei, che ben conobbe le meschine 43 Della regina dell'eterno pianto, 'Guarda', mi disse, 'le feroci Erine. Questa è Megera, dal sinistro canto; 46 Quella che piange dal destro, è Aletto; Tesifone è nel mezzo'; e tacque a tanto. Con l'unghie si fendea ciascuna il pet[to; 49 Batteansi a palme; e gridavan sì alto, Ch'io mi strinsi al poeta per sospetto. 'Venga Medusa! Sì il farem di smalto.' 52 Gridavan tutte, riguardando in giuso: 'Mal non vengiammo in Teseo l'assalto. 'Volgiti indietro, e tieni il viso chiuso; 55 Chè se il Gorgon si mostra, e tu il ve[dessi, Nulla sarebbe di tornar mai suso.' Così disse il maestro; ed egli stessi 58 Mi volse, e non si tenne alle mie mani, Che con le sue ancor non mi chiudessi. O voi ch'avete gl'intelletti sani, Mirate la dottrina che s'asconde Sotto il velame degli versi strani! E già venìa su per le torbid'onde 61 64 82 Vid' io più di mille anime distrutte 79 E volsimi al maestro; e quei fe' segno 91 94 97 A cui non può il fin mai esser mozzo, E che più volte v' ha cresciuta doglia? Che giova nelle fata dar di cozzo? Cerbero vostro, se ben vi ricorda, Ne porta ancor pelato il mento e il gozzo. ' Poi si rivolse per la strada lorda, 100 E non fe' motto a noi; ma fe' sembiante D'uomo, cui altra cura stringa e morda, Che quella di colui che gli è davante; 103 E noi movemmo i piedi inver la terra, Sicuri appresso le parole sante. Dentro v'entrammo sanza alcuna guer[ra; 106 115 Ed io, ch'avea di riguardar disio La condizion che tal fortezza serra, Com'io fui dentro, l'occhio intorno in[vio; 109 E veggio ad ogni man grande campagna, Piena di duolo e di tormento rio. Si com'ad Arli, ove Rodano stagna, 112 Si com'a Pola presso del Quarnaro, Che Italia chiude e suoi termini bagna, Fanno i sepolcri tutto il loco varo; Così facevan quivi d'ogni parte, Salvo che il modo v'era più amaro; Chè tra gli avelli fiamme erano sparte, 118 Per le quali eran sì del tutto accesi, Che ferro più non chiede verun'arte. Tutti gli lor coperchi eran sospesi, 121 E fuor n' uscivan sì duri lamenti, Che ben parean di miseri e d'offesi. Ed io: 'Maestro, quai son quelle genti 124 Che seppellite dentro da quell'arche Si fan sentir con gli sospir dolenti?' Ed egli a me: 'Qui son gli eresiarche 127 Co'lor seguaci, d'ogni setta, e molto Più che non credi, son le tombe carche. 7 Tra il muro della terra e li martiri, Lo mio maestro, ed io dopo le spalle. 'O virtù somma, che per gli empi giri 4 Mi volvi,' cominciai, com'a te piace, Parlami, e sodisfammi a' miei desiri. La gente, che per li sepolcri giace, Potrebbesi veder? Già son levati Tutti i coperchi, e nessun guardia facc.' E quelli a me: 'Tutti saran serrati, 10 Quando di Josafàt qui torneranno Coi corpi che lassù hanno lasciati. Suo cimitero da questa parte hanno Con Epicuro tutti i suoi seguaci, Che l'anima col corpo morta fanno. Però alla dimanda che mi faci 13 16 Quinc'entro satisfatto sarà tosto, Ed al disio ancor che tu mi taci.' Ed io Buon duca, non tegno riposto 19 A te mio cor, se non per dicer poco, E tu m'hai non pur mo a ciò disposto.' 'O Tosco, che per la città del foco : 22 25 28 31 Vivo ten vai così parlando onesto, Piacciati di restare in questo loco. La tua loquela ti fa manifesto Di quella nobil patria natio, Alla qual forse fui troppo molesto.' Subitamente questo suono uscìo D'una dell'arche; però m'accostai, Temendo, un poco più al duca mio. Ed ei mi disse: Volgiti che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto: Dalla cintola in su tutto il vedrai. ' I'avea già 'l mio viso nel suo fitto; 34 Ed ei s'ergea col petto e colla fronte, Come avesse lo inferno in gran dispitto. E l'animose man del duca e pronte 37 Mi pinser tra le sepolture a lui, Dicendo: Le parole tue sien conte.' Com'io al piè della sua tomba fui, Guardommi un poco, e poi quasi sdegnoso Mi dimandò: Chi fur gli maggior tui?' Io, ch'era d' ubbidir desideroso, 43 Non gliel celai, ma tutti gliel' apersi ; Ond'ei levò le ciglia un poco in soso. 40 46 52 55 Poi disse: Fieramente furo avversi 61 67 La faccia della donna che qui regge, Che tu saprai quanto quell'arte pesa. E, se tu mai nel dolce mondo regge, 82 Dimmi, perchè quel popolo è sì empio Incontro a' miei in ciascuna sua legge?' Ond' io a lui: Lo strazio e il grande scem[pio, 85 Che fece l'Arbia colorata in rosso, Tali orazion fa far nel nostro tempio. ' Poi ch'ebbe sospirato e 'l capo mosso, 88 'A ciò non fui io sol,' disse, nè certo Sanza cagion con gli altri sarei mosso ; Ma fu'io solo là dove sofferto 91 Fu por ciascuno di tôr via Fiorenza, Colui che la difese a viso aperto. ' 'Deh, se riposi mai vostra semenza,' 94 Prega' io lui, solvetemi quel nodo, Che qui ha inviluppata mia sentenza, E' par che voi veggiate, se ben odo, 97 [porta, เ 121 124 Mi disse: Perchè sei tu sì smarrito ?' Ed io gli sodisfeci al suo dimando. 'La mente tua conservi quel ch' udito 127 Hai contra te;' mi comandò quel saggio: Ed ora attendi qui!' e drizzò 'l dito. Quando sarai dinanzi al dolce raggio 130 Di quella il cui bell'occhio tutto vede, Da lei saprai di tua vita il viaggio.' Appresso volse a man sinistra il piede : 133 Lasciammo il muro, e gimmo inver lo [mezzo Per un sentier ch' ad una valle fiede, Che infin lassù facea spiacer suo lezzo. 136 |