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68

Ancora all'Orse più stretto rotare, Se non uscisse fuor del cammin vecchio. Come ciò sia, se il vuoi poter pensare, Dentro raccolto, imagina Sidn Con questo monte in su la terra stare Sì, che amendue hanno un solo orizzòn, 70 E diversi emisperi; onde la strada, Che mal non seppe carreggiar Fetòn, Vedrai come a costui convien che vada 73 Dall'un, quando a colui dall'altro fianco, Se lo intelletto tuo ben chiaro bada.' 'Certo, maestro mio,' diss'io, 'unquan[co, 76 Non vid' io chiaro sì, com'io discerno, Là dove mio ingegno parea manco, Che il mezzo cerchio del moto superno, 79 Che si chiama Equatore in alcun'arte, E che sempre riman tra il sole e il verno, Per la ragion che di', quinci si parte 82 Verso settentrion, quando gli Ebrei Vedevan lui verso la calda parte. Ma, se a te piace, volentier saprei Quanto avemo ad andar; chè il poggio [sale

85

Più che salir non posson gli occhi miei.' Ed elli a me: 'Questa montagna è tale, 88 Che sempre al cominciar di sotto è [grave;

E quanto uom più va su, o men fa male.

91

91

97

Forse

Però, quand'ella ti parrà soave
Tanto, che su andar ti fia leggiero,
Come a seconda giù andar per nave,
Allor sarai al fin d'esto sentiero :
Quivi di riposar l'affanno aspetta !
Più non rispondo, e questo so per vero.'
E com'egli ebbe sua parola detta,
Una voce di presso sonò:
Che di sedere in prima avrai distretta!'
Al suon di lei ciascun di noi si torse, 100
E vedemmo a mancina un gran petrone,
Del qual nè io, nè ei prima s'accorse.
Là ci traemmo; ed ivi eran persone, 103
Che si stavano all'ombra dietro al sasso,
Come uom per negligenza a star si pone.
Ed un di lor, che mi sembiava lasso, 106
Sedeva ed abbracciava le ginocchia,
Tenendo il viso giù tra esse basso.
'O dolce signor mio,' diss'io, adocchia
Colui che mostra sè più negligente, 110
Che se pigrizia fosse sua sirocchia !'
Allor si volse a noi, e puose mente, 112
Movendo il viso pur su per la coscia,
E disse: 'Or va tu su, che se' valente!
Conobbi allor chi era; e quell'angoscia 115
Che m'avacciava un poco ancor la lena,
Non m'impedì l'andare a lui; e poscia
Ch'a lui fui giunto, alzò la testa appe-
[na, 118

Dicendo: Hai ben veduto come il sole
Dall'omero sinistro il carro mena?'
Gli atti suoi pigri e le corte parole 121
Mosson le labbra mie un poco a riso;
Poi cominciai: Belacqua, a me non
[duole

Di te omai; ma dimmi: perchè assiso 124 Quiritta se'? Attendi tu iscorta,

E pur lo modo usato t'hai ripriso?' Ed elli: O frate, andare in su che por[ta? 127

Chè non mi lascerebbe ire a' martiri L'uccel di Dio che siede in su la porta. Prima convien che tanto il ciel m'aggiri Di fuor da essa, quanto fece in vita, 131 Perch'io indugiai al fine i buon sospiri, Se orazione in prima non m'aita, 133 Che surga su di cor che in grazia viva: L'altra che val, che in ciel non è udita?' E già il poeta innanzi mi saliva, 136

E dicea: Vienne omai! Vedi ch'è tocco Meridian dal sole, e dalla riva Cuopre la notte già col piè Morrocco.' 139

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CANTO V.

Io era già da quell'ombre partito,
E seguitava l'orme del mio duca,
Quando diretro a me, drizzando il dito,
Una gridò: 'Ve', che non par che luca, 4
Lo raggio da sinistra a quel di sotto,
E come vivo par che si conduca!'
Gli occhi rivolsi al suon di questo motto, 7
E vidile guardar per maraviglia
Pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.
'Perchè l'animo tuo tanto s'impiglia,' 10
Disse il maestro, che l'andar allenti?
Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
Vien dietro a me, e lascia dir le genti! 13
Sta come torre ferma, che non crolla
Giammai la cima per soffiar de' venti!
Chè sempre l'uomo in cui pensier ram-
[polla 16
Sovra pensier, da sè dilunga il segno,
Perchè la foga l'un dell'altro insolla.'
Che potea io ridir, se non ' Io vegno?' 19
Dissilo, alquanto del color cosperso
Che fa l'uom di perdon talvolta degno.
E intanto per la costa di traverso

22

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76

Che, dietro a' piedi di sì fatta guida, Di mondo in mondo cercar mi si face.' Ed uno incominciò: Ciascun si fida 64 Del beneficio tuo sanza giurarlo, Pur che 'l voler nonpossa non ricida. Ond' io, che solo innanzi agli altri parlo, 67 Ti priego, se mai vedi quel paese Che siede tra Romagna e quel di Carlo, Che tu mi sie de' tuoi prieghi cortese 70 In Fano, sì che ben per me s'adori, Pur ch'io possa purgar le gravi offese. Quindi fu' io; ma li profondi fori, 73 Onde uscì il sangue in sul qual io sedea, Fatti mi furo in grembo agli Antenori, Là dov' io più sicuro esser credea: Quel da Esti il fe' far, che m'avea in ira Assai più là che dritto non volea. Ma s'io fossi fuggito inver la Mira, 79 Quando fui sopraggiunto ad Oriaco, Ancor sarei di là, ove si spira. Corsi al palude, e le cannucce e il braco 82 M'impigliar sì, ch' io caddi; e lì vid' io Delle mie vene farsi in terra laco. Poi disse un altro: Deh, se quel disio 85 Si compia che ti tragge all'alto monte, Con buona pietate aiuta il mio! Io fui di Montefeltro, io son Bonconte: 88 Giovanna o altri non ha di me cura; Per ch'io vo tra costor con bassa fronte.' Ed io a lui: Qual forza, o qual ventura Ti traviò si fuor di Campaldino, Che non si seppe mai tua sepoltura?' Oh! rispuos'egli: 'A più del Casenti [no 94 Traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano, Che sovra l' Ermo nasce in Apennino.

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106

109

Tu te ne porti di costui l'eterno
Per una lagrimetta che 'l mi toglie;
Ma io farò dell'altro altro governo!
Ben sai come nell'aere si raccoglie
Quell'umido vapor che in acqua riede,
Tosto che sale dove il freddo il coglie.
Giunse quel mal voler, che pur mal chiede,
Con lo 'ntelletto, e mosse il fummo e
[il vento 113

Per la virtù che sua natura diede.
Indi la valle, come il dì fu spento, 115
Da Pratomagno al gran giogo coperse
Di nebbia; e il ciel di sopra fece intento
Sì, che il pregno aere in acqua si con-
[verse: 118

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Trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse Nell'Arno, e sciolse al mio petto la croce Ch' io fei di me, quando il dolor mi vin[se: 127 Voltommi per le ripe e per lo fondo; Poi di sua preda mi coperse e cinse.' 'Deh, quando tu sarai tornato al mondo, E riposato della lunga via,' Seguitò il terzo spirito al secondo, 'Ricorditi di me, che son la Pia! Siena mi fe'; disfecemi Maremma : Salsi colui che innanellata, pria Disposando, m'avea con la sua gemma.' 136

CANTO VI.

Quando si parte il giuoco della zara, Colui che perde, si riman dolente, Ripetendo le volte, e tristo impara :

131

133

4

Con l'altro se ne va tutta la gente;
Qual va dinanzi, e qual diretro il prende,
E qual da lato gli si reca a mente:
Ei non s'arresta, e questo e quello in-
[tende; 7

A cui porge la man, più non fa pressa;
E così dalla calca si difende.
Tal era io in quella turba spessa,

10

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Quell'ombre, che pregar pur ch'altri prieSi che s'avacci lor divenir sante, [ghi, Io cominciai: E' par che tu mi nieghi, 28 O luce mia, espresso in alcun testo, Che decreto del cielo orazion pieghi; E questa gente priega pur di questo: 31 Sarebbe dunque loro spene vana,

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43

Non ti fermar, se quella nol ti dice, Che lume fia tra 'l vero e lo 'ntelletto; Non so se intendi; io dico di Beatrice: 46 Tu la vedrai di sopra, in su la vetta Di questo monte, ridere e felice.' Ed io Signore, andiamo a maggior fretta, Chè già non m'affatico come dianzi! 50 E vedi omai che il poggio l'ombra getta.' Noi anderem con questo giorno innan[zi,' 52 Rispuose, quanto più potremo omai; Ma il fatto è d'altra forma che non stanzi.

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Ma lasciavane gir, solo sguardando A guisa di leon quando si posa. Pur Virgilio si trasse a lei, pregando 67 Che ne mostrasse la miglior salita; E quella non rispuose al suo dimando, Ma di nostro paese e della vita 70 C'inchiese; e il dolce duca incominciava: 'Mantova...', e l'ombra, tutta in sè ro[mita,

Surse ver lui del loco ove pria stava, 73 Dicendo: 'O Mantovano, i' son Sordello Della tua terra!; 'e l'un l'altro ab[bracciava.

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Le tue marine, e poi ti guarda in seno, S'alcuna parte in te di pace gode! Che val, perchè ti racconciasse il freno 88 Giustiniano, se la sella è vota? Sanz'esso fora la vergogna meno. Ahi, gente che dovresti esser devota, 91 E lasciar seder Cesare in la sella, Se bene intendi ciò che Dio ti nota, Guarda come esta fiera è fatta fella, 94 Per non esser corretta dagli sproni, Poi che ponesti mano alla predella! O Alberto Tedesco, che abbandoni Costei ch'è fatta indomita e selvaggia, E dovresti inforcar li suoi arcioni, Giusto giudicio dalle stelle caggia 100 Sopra il tuo sangue, e sia nuovo ed [aperto,

97

Tal che il tuo successor temenza n'aggia! Chè avete tu e il tuo padre sofferto, 103 Per cupidigia di costà distretti, Che il giardin dello imperio sia diserto.

Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cu-
[ra; 107
Color già tristi, e questi con sospetti!
Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura 109
De' tuoi gentili, e cura lor magagne;
E vedrai Santafior com'è sicura !
Vieni a veder la tua Roma che piagne, 112
Vedova e sola, e di e notte chiama:
'Cesare mio, perchè non m'accompa-
[gne?'
Vieni a veder la gente quanto s'ama! 115
E se nulla di noi pietà ti move,
A vergognarti vien della tua fama!
E, se licito m'è, o sommo Giove
Che fosti in terra per noi crocifisso,
Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
O è preparazion, che nello abisso 121
Del tuo consiglio fai, per alcun bene
In tutto dall'accorger nostro scisso?
Chè le città d'Italia tutte piene

118

124

Son di tiranni, ed un Marcel diventa Ogni villan che parteggiando viene. Fiorenza mia, ben puoi esser contenta 127 Di questa digression che non ti tocca, Mercè del popol tuo che si argomenta! Molti han giustizia in cuor, ma tardi scocca, Per non venir sanza consiglio all'arco; Ma il popol tuo l'ha in sommo della [bocca ! Molti rifiutan lo comune incarco; 133 Ma il popol tuo sollicito risponde Sanza chiamare, e grida: Io mi sob[barco !' Or ti fa lieta, chè tu hai ben onde: 136 Tu ricca, tu con pace, tu con senno' S' io dico ver, l'effetto nol nasconde. Atene e Lacedemona, che fenno 139 L'antiche leggi, e furon sì civili, Fecero al viver bene un picciol cenno Verso di te, che fai tanto sottili Provvedimenti, ch'a mezzo novembre Non giugne quel che tu d'ottobre fili! Quante volte, del tempo che rimembre, Legge, moneta, officio e costume 146 Hai tu mutato, e rinnovato membre! E se ben ti ricordi e vedi lume, 148 Vedrai te simigliante a quella inferma, Che non può trovar posa in su le piume, Ma con dar volta suo dolore scherma. 151

142

CANTO VII.

Poscia che l'accoglienze oneste e liete
Furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse: Voi, chi

[siete?'

10

'Anzi che a questo monte fosser volte 4
L'anime degne di salire a Dio,
Fur l'ossa mie per Ottavian sepolte.
Io son Virgilio; e per null'altro rio 7
Lo ciel perdei, che per non aver fè.'
Così rispuose allora il duca mio.
Qual è colui che cosa innanzi sè
Subita vede, ond'ei si maraviglia,
Che crede e non, dicendo: Ella è....
[Non è.... ;
Tal parve quegli; e poi chinò le ciglia,
Ed umilmente ritornò ver lui,
Ed abbracciòl là 've il minor s'appiglia,
'O gloria de' Latin,' disse, ' per cui 16
Mostrò ciò che potea la lingua nostra,
O pregio eterno del loco ond'io fui,
Qual merito o qual grazia mi ti mostra?
S'io son d'udir le tue parole degno, 20
Dimmi se vien d'inferno, e di qual
[chiostra.'

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55

Che la notturna tenebra, ad ir suso: Quella col non poder la voglia intriga. Ben si poria con lei tornare in giuso 58 E passeggiar la costa intorno errando, Mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso.' Allora il mio signor, quasi ammirando, 61 'Menane,' disse, adunque là 've dici Che aver si può diletto dimorando.' Poco allungiati c'eravam di lici, 64 Quand' io m' accorsi che il monte era [scemo, A guisa che i vallon li sceman quici. 'Colà,' disse quell'ombra, 'n' anderemo, Dove la costa face di sè grembo; E là il novo giorno attenderemo.' [bo, 70 Tra erto e piano era un sentiero schemChe ne condusse in fianco della lacca, Là ove più che a mezzo muore il lembo. Oro ed argento fine, cocco e biacca, 73 Indico legno lucido e sereno,

68

79

Fresco smeraldo in l'ora che si fiacca, Dall'erba e dalli fior, dentro a quel seno Posti, ciascun saria di color vinto 77 Come dal suo maggior è vinto il meno. Non avea pur natura ivi dipinto, Ma di soavità di mille odori Vi facea uno incognito e 'ndistinto. 'Salve, Regina,' in sul verde e in su' fiori, Quindi seder cantando anime vidi, 83 Che per la valle non parean di fori. 'Prima che il poco sole omai s' annidi,' Cominciò il Mantovan che ci avea vol

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