Uscicci mai alcuno, o per suo merto, 49 O per altrui, che poi fosse beato? E quei, che intese il mio parlar coperto, Rispuose: 'Io era nuovo in questo stato, 52 Quand' io ci vidi venire un possente, Con segno di vittoria, coronato. Trasseci l'ombra del primo parente, D'Abel suo figlio, e quella di Noè, Di Moisè legista e ubbidente: Abraam patriarca, e David re, Israel con lo padre e co' suoi nati E con Rachele, per cui tanto fe'; Ed altri molti, e feceli beati. 55 58 61 103 E più d'onore ancora assai mi fenno, 100 115 Dall'altra parte, e vidi 'l re Latino Che con Lavina, sua figlia, sedea. Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, 127 Lucrezia, Giulia, Marzia e Corniglia; E solo in parte vidi il Saladino. Poi che innalzai un poco più le ciglia, 130 Vidi il Maestro di color che sanno Seder tra filosofica famiglia. Tutti lo miran, tutti onor gli fanno: 133 Quivi vid' io Socrate e Platone [stanno; Che innanzi agli altri più presso gli Democrito che il mondo a caso pone, 136 Diogenes, Anassagora e Tale, Empedocles, Eraclito e Zenone; 142 E vidi il buono accoglitor del quale, 139 CANTO V. Così discesi dal cerchio primaio Giudica e manda, secondo che avvin [ghia. 7 10 Dico che quando l'anima mal nata 22 25 Tempo si volse, e vedi il grande Achille Che con amore al fine combatteo. Vedi Paris, Tristano '; e più di mille 67 Ombre mostrommi, e nominommi, a dito, Che amor di nostra vita dipartille. Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito 70 Nomar le donne antiche e i cavalieri, Pietà mi giunse, e fui quasi smarrito. Io cominciai: Maestro, volentieri Parlerei a que' due che insieme vanno, E paion sì al vento esser leggieri. Ed egli a me : • Vedrai quando saranno 76 Più presso a noi; e tu allor li prega Per quell' amor che i mena, e quei ver[ranno.' 73 46 Ombre portate dalla detta briga; 49 Perch' io dissi: 'Maestro, chi son quelle Genti, che l'aura nera sì gastiga?' Su la marina dove il Po discende Per aver pace co' seguaci sui. Amor, che al cor gentil ratto s'appren[de, [100 Prese costui della bella persona [fende. Che mi fu tolta; e il modo ancor m'of Amor, che a nullo amato amar perdona, 103 Mi prese del costui piacer sì forte, Che, come vedi, ancor non m'abbandona. Amor condusse noi ad una morte: 106 Caina attende chi vita ci spense. Queste parole da lor ci fur porte. Quand'io intesi quell' anime offense, 109 Chinai 'l viso, e tanto il tenni basso, Fin che il poeta mi disse: Che ponse?' Quand' io rispuosi, cominciai: 'Olasso! 112 Quanti dolci pensier, quanto disio Menò costoro al doloroso passo!' E cominciai: Francesca i tuoi martìri A lagrimar mi fanno tristo e pio. Ma, dimmi, al tempo de' dolci sospiri, 118 Che conosceste i dubbiosi desiri?' Ed ella a me: 'Nessun maggior dolore 121 Che ricordarsi del tempo felice Nella miseria, e ciò sa il tuo dottore. Ma se a conoscer la prima radice 124 Del nostro amor tu hai cotanto affetto, Farò come colui che piange e dice. Noi leggevamo un giorno per diletto 127 Di Lancialotto come amor lo strinse: Soli eravamo e sanza alcun sospetto. Per più fiate gli occhi ci sospinse Quella lettura, e scolorocci il viso; Ma solo un punto fu quel che ci vinse. Ed egli a me: 'La tua città, ch'è piena 49 D'invidia sì, che già trabocca il sacco, Seco mi tenne in la vita serena. Voi, cittadini, mi chiamaste Ciacco: Per la dannosa colpa della gola, Come tu vedi, alla pioggia mi fiacco; Ed io, anima trista, non son sola, Chè tutte queste a simil pena stanno 61 64 Li cittadin della città partita; 70 76 Ed io a lui: Ancor vo' che m'insegni, E che di più parlar mi facci dono. Farinata e il Tegghiaio, che fuor sì de[gni, 79 Jacopo Rusticucci, Arrigo e il Mosca, E gli altri che a ben far puoser gl' in[gegni, Dimmi ove sono e fa ch'io li conosca; 82 Chè gran disio mi stringe di sapere, Se il ciel gli addolcia, o lo inferno gli [attosca. ' E quegli: Ei son tra le anime più nere: 85 Diversa colpa giù li grava al fondo; Se tanto scendi, là i potrai vedere. Ma, quando tu sarai nel dolce mondo, 88 Priegoti che alla mente altrui mi rechi : Più non ti dico, e più non ti rispondo. Gli diritti occhi torse allora in biechi: 91 Guardommi un poco, e poi chinò la testa: Cadde con essa a par degli altri ciechi. E il duca disse a me: 'Più non si desta 94 Di qua dal suon dell' angelica tromba, Quando verrà la nimica podesta; Ciascun rivederà la trista tomba, Ripiglierà sua carne e sua figura, Udirà quel che in eterno rimbomba. ' Si trapassammo per sozza mistura Dell'ombre e della pioggia, a passi lenti, Toccando un poco la vita futura: Per ch'io dissi: 'Maestro, esti tormenti 103 Cresceranno ei dopo la gran sentenza, O fien minori, o saran sì cocenti ? ' Ed egli a me: Ritorna a tua scienza, 106 Che vuol, quanto la cosa è più perfetta, Più senta il bene, e così la doglienza. Tutto che questa gente maladetta 109 97 100 In vera perfezion giammai non vada, Di là, più che di qua, essere aspetta. Noi aggirammo a tondo quella strada, 112 Parlando più assai ch' io non ridico; Venimmo al punto dove si digrada": Quivi trovammo Pluto il gran nimico. 115 CANTO VII. 'Pape Satan, pape Satan aleppe!' 13 22 Caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca, Tal cadde a terra la fiera crudele. Così scendemmo nella quarta lacca, 16 Pigliando più della dolente ripa, Che il mal dell'universo tutto insacca. Ahi giustizia di Dio, tante chi stipa 19 Nuove travaglie e pene, quante io viddi? E perchè nostra colpa sì ne scipa? Come fa l'onda là sovra Cariddi, Che si frange con quella in cui s' intoppa, Così convien che qui la gente riddi. Qui vid' io gente più che altrove troppa, 25 E d'una parte e d'altra, con grand'urli Voltando pesi per forza di poppa: Percotevansi incontro, e poscia pur li 28 Si rivolgea ciascun, voltando aretro, Gridando: 'Perchè tieni?' e 'Perchè [burli?' Così tornavan per lo cerchio tetro, 31 Da ogni mano all' opposito punto, Gridandosi anche loro ontoso metro; Poi si volgea ciascun, quando era giunto 34 Per lo suo mezzo cerchio all'altra giostra. Ed io, che avea lo cor quasi compunto, Dissi: 'Maestro mio, or mi dimostra 37 Che gente è questa, e se tutti fur cherci Questi chercuti alla sinistra nostra.' Ed egli a me: 'Tutti quanti fur guerci 40 Si della mente in la vita primaia, Che con misura nullo spendio ferci. |