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L Comitato della Croce Rossa viene a chiedervi l'elemosina della bellezza, della grazia, dell' arte, per

l'aiuto fraterno a sofferenze fraterne.

Dinanzi a tanta gentilezza degli animi vostri sarebbe un peccato di giudizio e di gusto aggiunger parole per confortarvi e lodarvi del fare la bella elemosina. Ma con questa elemosina voi fate anche, nel concetto dei più una dimostrazione, se non politica, italiana (bene!). Mi permettete e mi perdonate, o signore e signori, d'interpretare il sentimento della vostra dimostrazione? Chi lo ha detto a me? La patria. Sarò breve. Non sono argomenti né tempi questi da frasi.

Del recare la bandiera della patria nella regione naturalmente e storicamente più difficile dell' Africa, non fu concorde il parere degli italiani: chi ha l'onore di parlarvi dissentí a suo tempo altamente.

Fin dove ancora spingere o dove fermare essa bandiera, non si ha da discutere quando si ha da combattere. Perocché, che la bandiera della patria non debbasi dopo dieci anni di prova abbassare e ritirare dinanzi al nemico, di questo siamo d'accordo tutti; non è vero, italiani? (Si! sí!).

Il popolo, e intendo di quello che noi ordini dirigenti chiamiamo talvolta nel nostro buon umore popolino, il popolo pare d'accordo. Esso vede i suoi figliuoli dell' esercito farsi avanti in prima fila per chiedere l'elezione o per affrettare la sorte di marcia in verso l' Africa, e se ne compiace. Un solo disertore, e non del popolino, per migliaia di volontari non voluti (applausi). Intanto il popolo i marcianti accompagna con tenerezza paterna, con plauso civile, con memore e con presago entusiasmo; e da loro poi arrivati riceve parole sublimi d' eroica semplicità, onde l'epistolario africano dei soldati ri marrà la piú vera poesia di questo decadente fine di secolo. Il popolo lascia gridare Viva Menelik ai giovinetti borghesi che pigliano indigestioni di tossici dottrinari alle Università ed alle Academie (applausi fragorosi): esso ai figliuoli che gli na scono mette nome Galliano e Toselli, perocché il popolo, me ne sa male pe' i sofisti, ama l'eroismo e se ne intende. Mentre parecchi signori, che si spacciano per rappresentare più direttamente gli ordini dirigenti, con la scusa del nervosismo (un vocabolo co 'l quale certa pedanteria pseudo-scientifica dissimula la diseducazione della volontà umana infiacchita e pervertita dagli abiti d'una cultura far

raginosa e contradditoria) sono lasciati ciarlare e scrivere più che non si convenga in frangente di guerra; il popolo, dico, con la tranquilla fermezza degli avi, quasi l'atavismo del senato di Roma e di Venezia fermenti più nel sangue plebeo che nelle esauste vene dei parlanti e scriventi, sostenta il fiotto delle tristi notizie e aspetta prossima la vendetta di Alagi e Makallé (applausi); nomi eternamente memorabili nei fasti dell' esercito italiano.

Perocché, passando al secondo oggetto e affrettando al fine delle mie parole, questo esercito, da diecine d'anni esposto, come corpo vile, alle esperienze d'ogni inquisizione; assillato, accaneggiato, torturato, con ipocrite proteste d'amore, un po' da tutti e un po' da per tutto; abituatosi a essere il soffridolori (non so come nobilmente tradurre il termine francese) del malumore dei partiti; questo esercito in Africa ha dimostrato e dimostra, e prima e ora, esser egli la parte piú sana, piú educata e piú resistente della nazione e che in lui la patria può secura affidarsi e tutto da lui ripromettersi. Diciamo gloria, o signori, con reverenza di dolore, con devozione di gratitudine, con pietà d'ammirazione, all' anima di Pietro Toselli (bene!); il quale compiuto fino all' ultimo ogni officio di capitano e soldato, non potendo reggere più, volge la fronte e il petto. contro l'Africa da ogni parte irruente, e cade; e cadono con lui gli ascari fedeli che non vogliono sopravvivere al bianco signore: tanto può e vale gentilezza italiana (applausi). Diciamo gloria a Giuseppe Galliano e a' compagni, serenamente pronti,

dopo tanta e vittoriosa resistenza contro tanti, a libare l'ultimo vino alla morte e alla patria, se comando superiore non li arrestava (applausi).

E voi, signore e signorine, datemi vi prego, il permesso, datemi l'ordine, di mandar significando i vostri saluti e i plausi, i vostri sorrisi e le vostre lacrime, ai nostri fratelli d'Africa, ed augurare e raccomandar loro anche da parte vostra, che vincano. Non è questo, o signori, il sentimento di voi tutti e d'Italia?

1 marzo 1896.

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I centenari, da quello di Dante in poi, se n'è fatti e se ne fa troppi nel nostro paese: ma bisogna pur compatirla, questa povera Italia: pagana e cattolica nell' ossa, ell' ha bisogno di aver tuttavia delle feste e delle processioni; o di arvali e di santi, o di filosofi e di miscredenti, o di vergini e martiri o di poeti, è lo stesso. E un po' insieme di tutto questo si direbbe apparire, chi ben consideri, Giacomo Leopardi; il cui centenario si festeggierà in Recanati nel giugno del 1898. All' Italia, che, su 'l risorgere, pativa, eroica aspettante, le ultime battiture dei tempi, il Piceno, ne' due massimi ingegni che mai producesse, Gioacchino Rossini e Giacomo Leopardi, diè anche i due massimi tipi della diversa attitudine e potenzialità, storia e destinazione di nostra gente; l'artista felicissimo

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