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cammino che noi vi tracciammo, e non potete o non sapete aprirvene un nuovo. Tal sia di voi.

Perocché, dissimularlo è vano e pericoloso, l'incerto e timido eclettismo co 'l quale noi andiamo come a tastone per le vie dell'arte è segno di scadimento, è argomento dell' aver noi smarrito il fine. e i modi della grande letteratura. Vero è che il decadimento cominciò ben da piú alto. Ma in tempi a noi vicini una sósta nella ruina ci fu. Due scuole, con intendimenti e forze diverse, o ricongiungendosi alla tradizione antica o credendo d'inaugu rarne una nuova, s'accompagnarono agli ultimi movimenti del secolo scorso ed ai primi di questo. Ora quelle scuole si tacquero, que' maestri l'un dopo l'altro disparvero: rimangono i templi, ma la divinità n'è fuggita. La nuova generazione corre con vana ricerca dall'uno all' altro; e il tempo e le forze disperdonsi, i passi sono incerti e sempre più stanchi, e discordanti e disanimate le voci. Che sarà dunque il futuro? e come ci governeremo al presente? Prima di avventurar congetture, riguardiamo per un poco al passato, massime alle due scuole a cui pur ora accennammo.

II.

Delle quali la prima precedé di poco e s'accompagnò e seguí poi alla rivoluzione dell'89; e, tra l'Alfieri che cantò Parigi sbastigliata e il Niccolini che in Nabucco adombrò Napoleone, ella ebbe poeti i Parini il Monti il Foscolo il Leopardi,

oratore il Giordani, filologo il Perticari, filosofi e statisti il Gioia ed il Romagnosi, storici il Botta e il Colletta. Nata questa scuola dal proprio seno del secolo decimottavo e cresciuta sotto l'ascendente di quella filosofia che fu denominata dagli enciclopedisti, ebbe di tal secolo e di tal dottrina tutti i pregi ed i meriti mal voluti disconoscere dai filosofi di sagrestia e dai liberi pensatori delle riforme, ma ne ebbe anche certi difetti e certe angustie. Fu, quanto poté, banditrice di libertà e di ragione: a molte tirannie fece guerra, perseverante, animosa, superba: rilevò da molti lati la dignità umana giacente sotto i colpi del feudalismo e della superstizione: ma ben ritrasse dai tempi suoi, dai tempi dico della dittatura repubblicana e imperiale, anche in questo, che ella adorò la forza, per diverse guise e sotto diverse forme, ma sempre e anzi tutto la forza, e riconobbe per entro la società umana una fatal necessità dalla quale credé emanare con evoluzioni periodiche il progresso, più tosto che no 'l ravvisasse nel libero e intellettivo procedimento delle generazioni per diritta linea alla giustizia. E del progredimento sociale non oltrepassò il limite in cui sta l'individualismo. Anche dispregiò o meglio disconobbe quello che è prima forza della rivoluzione, il popolo: e non di meno questo per sua innata attitudine accettò in sé l'opera della scuola superba, che ne raddrizzò il sentimento nazionale, gli restituí con la rabbia co 'l dolore con l'ira, per poco non dissi violentemente, la coscienza d'una patria, lo scosse in fine dal torpore in cui la chiesa

e l'impero da ben tre secoli lo mantenevano. Quasi lo stesso operò verso la letteratura e l'arte; a cui rese l'abito la lingua la tradizione nazionale, disconoscendo pur tuttavia il popolo che è d'una lette ratura nazionale grandissima parte, disconoscendolo al segno da negarne l'opera prima ed organica nella formazione e conservazione della lingua. E, come quella che teneva dalla sua origine il solo processo d'analisi, ebbe difetto d' una critica vigorosa e ricreatrice; contenta a riattaccarsi per le norme dell'arte alla bella età della coltura regolare anzi che ai grandi periodi della originale letteratura, abbenché ella restituisse prima il culto di Dante, cui non per tanto sentí fortemente più tosto che lo intendesse. Per ciò stesso corresse soltanto e perfezionò le forme dell'arte, le quali volevansi anche innovare e allargare, e s' indugiò troppo a frangere i ceppi che a quella aveva imposto la tirannia delle accademie nell' anteriore decadimento. Vero è che non tutte le note generali della scuola potrebbero appro priarsi con verità a' singoli scrittori; alcuni de' quali si levano ed altri si abbassano oltre i gradi qui segnati. A ogni modo ella è questa del rinnovamento classico una forte e nobile scuola, e da lei riconosce l'Italia, dopo i tempi del Tasso e del Galileo, le più proprie e nobili glorie letterarie : ella, gran segno di temperamento artistico, ha spedito e sicuro il movimento del pensiero e nervosa e netta la espressione; raccoglie e condensa in un raggio vigoroso la luce della idea, non la oscura né la illanguidisce dissipandola e rifrangendola.

Contro alla scuola del rinnovamento classico, e dalla opposizione alla filosofia e letteratura del secolo passato che s'incominciò per sentimento nazionale in Germania e per odio alla rivoluzione in Francia e che quindi con le ristaurazioni del 1815 invase l'Europa, insorse la scuola che in poesia fu denominata dei romantici e in filosofia e in politica de' nuovi cattolici e de' nuovi guelfi: la scuola della quale è poeta maggiore Alessandro Manzoni a cui seguono il Grossi ed il Pellico, della quale è critico pure il Manzoni e un illustre vivente, sono storici il Balbo il Troya e anche un vivente illustre, filosofi il Gioberti e il Rosmini. Principio e fondamento a cotesta scuola è la fede: cosí nella filosofia propriamente detta ella ritorna ai Santi Padri, nella filosofia storica e civile parimente ai Santi Padri e al concetto in speciale di Agostino e del Bossuet; in poesia e ritornò al medio evo e intese a ritrarre il reale, ma presto divagò dal reale, presto precipitò al misticismo e al sentimentalismo, depravazioni dell' intelligenza e dell' affetto che ben convengono insieme. Noi, tenendoci stretti a toccare dell' opera sua in materia di lettere, vogliamo anzi tutto mettere in rilievo i meriti ch' ella ha, e non di poco momento, verso l'Italia. E confessiam volentieri che nella critica, in primo luogo, più tosto impostaci nei tempi di decadimento che propria nostra, quanto ristretta nelle idee altr' e tanto falsa nell' applicazione, bisogno di un rinnovamento vi era. E la scuola della fede e della tradizione cotesto rinnovamento lo fece, per una di quelle contraddizioni non rare

nelle parti cosí politiche come letterarie, con l'istrumento del libero esame, e al pensiero rese piú franco e più spedito l' andamento nell' arte. In secondo luogo. ella riconobbe prima potestà nella lingua essere il popolo, e indagò e studiò con insistenza, lodevole quand' anche non felice né dotta, i vestigi della let teratura del popolo, e al popolo rese la parte che gli spettava nella letteratura piú culta. Ed anche nella storia, avvezza da lungo tempo a registrare solo i trionfi e le catastrofi dei potenti, furono le condizioni del popolo nei varii secoli messe in chiaro e sottilmente disaminate dagli eruditi di questa scuola; il che forse le torna a maggior lode che non l'attribuirle intieramente il risorgimento della critica storica, che non sarebbe, parmi, vero all'in tutto. Del resto, non ostante i suoi meriti incontrastabili, questa scuola nell' arte propriamente detta. segna, a parer mio, un nuovo decadimento. Ed in fatti, se l'oscurarsi e l'illanguidir della luce dell'idea, se l'introduzione dell' elemento femminino (con che intendo la prevalenza del sentimento diffuso su l'affetto raccolto, della eccitabilità imaginosa e coloratrice su la scultrice fantasia), se il lusso della descrizione e della metafora vaporosa, se la sostituzione d'una prolissità concettosa alla maschia semplicità, se la liquidità sonora della versificazione sono argomenti di decadimento, è pur forza confessare che questa scuola non ebbe pari all' ardimento dei concetti la facoltà dell' esecuzione. Di che forse è da riferire la causa a questo, che il suo principio filosofico e politico era fuori del secolo.

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