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Io non so terminare la stampa di questo mio lavoro, senza sdebitarmi verso coloro che mi vi aiutarono, di quella gratitudine che non-professata mi peserebbe, e professata mi è dolcissima. Lasciando innominati e chi mi diè pace da poter lavorare, e chi mi diè cuore all'opera, molto più ardua tra noi, del pubblicare; io debbo l'ultima spinta a questo lavoro tentato già in più guise a una poesia di Silvio Pellico; debbo, anch' io come tanti, conforti ed aiuti continui d' erudizione a Costanzo Gazzera; una revisione feconda di correzioni a Carlo Boncompagni, aiuti e correzioni nella revisione delle prove al prof. Valauri, e debbo l'effettuazione della stampa al Pomba, solo fra parecchi librai stampatori od editori a cui fu offerta, che abbia voluto torsene il carico.

Del resto, se mi si conceda ridurre a mia piccolezza le parole d'un grande: «io domanderei

un favore che temo non mi sia conceduto; quello che non si giudichi dopo un momento di lettura, d'un lavoro di parecchi anni; che s'approvi o condanni il libro intiero, e non su alcune frasi. Se incontrerò qualche approvazione, la dovrò principalmente alla maestà del mio assunto. Al veder quanto ne fu scritto in Italia, in Francia, in Germania e in Inghilterra io ho ammirati parecchi; ma non ho perduto il cuore per ciò ». A chi mi dicesse che son rimasto inferiore al magnifico assunto, consentirei tanto più volentieri, che so d'esser rimasto inferiore al mio stesso disegno. A chi mi accennasse miglioramenti o correzioni, sarò grato; ma me ne varrò più probabilmente per li fatti che non per le opinioni, le quali difficile è mutare quando sono sincere ed invecchiate. Ed a chi giudicasse non valer fatica di correzioni questa mia vita di Dante, risponderei: deh facciasene un' altra ma facciasi; chè non sarebbe onor patrio si ritardasse altrimenti, o ci si facesse dagli stranieri. Il divulgar la vita de proprii grandi, è dovere oramai d'ogni letteratura.

25 aprile 1859.

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LIBRO I.

DANTE IN PATRIA

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Se Dante non fosse stato altro che poeta o letterato, io lascerei l'assunto di scriverne a tanti, meglio di me esercitati nell'arte diviña della poesia, o in quella così ardua della critica. Ma Dante è gran parte della storia d'Italia; quella storia a cui ho dedicati i miei studi, che ho tentata in più guise, ma che non ispero guari di poter compiere oramai. Quindi è che non avendo potuto o saputo ritrarre la vita di tutta la nazione italiana, tento ritrarre quella almeno dell'Italiano che più di niun altro raccolse

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