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B.COM.
LIBERMA

SEPTEMBER 1928

17636

DELLA LETTERATURA

ITALIAN A.

CAPITOLO VIII.

Decadenza della Letteratura italiana nel secolo XVII. Secentisti (*).

GL avvenimenti che sconvolgono la sorte delle nazioni, sono più rapidi della vita degl' individui; e un popolo può perdere tutto ciò che formava il suo carattere, la sua energia e la sua gloria, senza che le nobili passioni, destitute d'ogni incentivo, sieno ancor tutte estinte nell' universalità de' cittadini. Quelli che nella lor prima giovinezza ricevettero da favorevoli circostanze i germi felici del talento e del genio, non li soffocheranno certamente, sebbene le pubbliche calamità spoglino la loro patria della sua indipendenza, o spengano nel popolo l'amore di ciò che merita stima. Non di rado si sono veduti alcuni uomini salire alla cima della gloria letteraria, nell' epoca stessa che la decadenza di tutte le

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noto che gl'Italiani chiamano il millesecento, O a dirittura il secento, il secolo XVII ; e secentisti, gli scrit tori di quel secolo.

istituzioni politiche sembrava che dovesse alienar gli animi dalla gloria, e inspirar lcro avversione a qualunque sviluppo dell' intelletto. Ond'è che, ad onta delle funeste rivoluzioni che cominciarono in Italia verso gli ultimi anni del secolo XV, il secolo seguente produsse a un tratto un numero assai maggiore d'uomini insigni, di quel che prodotto avesse per avventura presso niuna nazione un eguale periodo di tempo. Se le pubbliche sciagure avessero avuto un termine; se l'Italia, dopo cinquant'anni di guerra, fosse ritornata pressappoco nello stato in che si trovava sul finire del secolo XV, la tradizione di tutte le belle arti e di tutti i generi di coltura intellettuale sarebbe stata mantenuta da quei grandi uomini ; a malgrado de' disastri e dell' oppressione d'un mezzo secolo, ella sarebbe risorta vigorosamente dalla sua abbiezione, e appena si sarebbe scorto un voto nell' istoria dello spirito umano. Ma le calamità del principio del secolo XVI riuscirono ancor meno funeste alla letteratura, che il riposo di morte ond'ella fu seguìta. Un'oppressione universale, sistematica e regolare, succedette alle violenze della guerra'; e l'Italia esausta ed avvilita non produsse più, per ben centocinquant'anni, che freddi ed infelici copisti, i quali si strascinarono senza inspirazione sulle pedate de' loro precessori, o degli spiriti falsi e affettati che presero il gonfio pel sublime, le antitesi per l'eloquenza, e i giuochi

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di parole e gli scambietti per lo splendore e la vaghezza del dire. Si fu quello il regno del cattivo gusto che s' industriava di nascondere la sterilità; e durò dall' imprigionamento del Tasso (1580) fino al tempo che il Metastasio pervenne alla maturità del suo ingegno (1730).

I regni di Carlo V e di Filippo II sembrano essere l'epoca più luminosa dello spirito umano nella carriera delle lettere e delle arti; e nondimeno fur il periodo funesto in cui s'incatenò, per così dire, l'intelletto, e il genio, arrestato nel suo cammino da limiti prefissi, nè potendo più avanzarsi, si sóllecitò di tornarsene addietro. Que' monarchi raccolsero i frutti delle fatiche de' loro antecessori, ma non seminarono il terreno alla lor volta; ed essen. dosi la messe umana fatta aspettare un mezzo secolo, ogni provincia sopra cui stendevasi il loro dominio, diventò sterile dopo questo termine. Non sarebbe cosa facile a far conoscere in poche parole il governo sospettoso e insieme indolente de' tre Filippi di Spagna (Filippo II, III e IV), i quali signoreggiarono quasi una metà dell' Italia, il Milanese, il Napoletano, la Sicilia e la Sardegna, e che esercitarono un' autorità pressochè assoluta sopra gli Stati del Papa, e sopra quelli dei Duchi d'Italia, che avevano implorata la lcro protezione. Enormi contribuzioni, inegualmente e assurdamente ripartite, aveano rovinato il commercio, desolate

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