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Giaceasi donna languidetta e stanca,
Quasi notturno fior tocco dal Sole,
E tal era a veder, qual parer
suole
Raggio di Sol che poco a poco manca.

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Io l'una e l'altra man gelata e bianca Baciava intanto, e non avea parole, Fatto già pietra che si muove e dole, Sospira, piange, trema, arrossa, imbianca.

E baciando bagnava or questa, or quella, Col fonte di quest' occhi, e coi sospiri L'alabastro asciugava intorno intorno.

Parte quest' alma allor per gir con ella, Sperando di dar fine a miei martiri; Poi tornò meco a far tristo soggiorno.

Questa scolpita in oro amica fede,
Che santo Amor nel tuo bel dito pose,
O prima a me delle terrene cose
Donna, caro mio pregio, alta mercede!

Ben fu da te serbata, e ben si vede
Ch' al comune voler sempre rispose
Dal di che'l ciel nel mio pensier t'ascose
E quanto potè dar, tutto mi diede.

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Ecco ch' io la t'involo, ecco ne spoglio Il freddo avorio che l'ornava, e vesto La mia, più assai che la tua, mano esangue.

Dolce mio furto! finchè vivo, io voglio Che tu stia meco; nè ti sia molesto Ch'or di pianto ti bagni, e poi di sangue !

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In lieto e pien di riverenza aspetto, Con vesta di color bianco e vermiglio, Di doppia luce serenato il ciglio,

Mi viene in sonno il mio dolce diletto:

Io me l'inchino e con cortese affetto
Seco ragiono e seco mi consiglio,
Com' abbia a governarmi in quest' esiglio,
E piango intanto, e la risposta aspetto.

Ella m' ascolta fiso e dice cose

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Veramente celesti, ed io l'apprendo
E serbo ancor nella memoria ascose:

Mi lascia alfine e parte, e va spargendo Per l'aria nel partir viòle e rose;

Io le porgo la man, poi mi riprendo .

ANTON-FRANCESCO RAINIERI.

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Al pianto, a quei sospir vivi e cocenti

Che si rapidamente escono fuori
Sospinti ognor da novi altri maggiori,
Com'è da un'onda un'altra a suon de'venti,

Poni, Alma, fine; e co' soavi accenti Loda lui sol, ricco d' eterni onori,

Ch' or sott'i piè suoi vede i nostri errori,

E vaghe nubi, e forme altre lucenti.

E poi che Dio per sè l'anima bella, Perchè riluca in ciel, dal mondo scelse, Dal mondo che pregiato era per quella;

Specchi ti sien le sue sant' opre eccelse, E di' pur, contra morte invida e fella Chi alzò si nobil pianta, anco la svelse.

Da quel che'n cima a Pindo, o in riva all'onde,
E d'Ippocrene il più pregiato alloro
Che'l Sol vagheggi, ond' orni egli i crin d'oro
E meschi'l bel con l'onorate fronde,

Fu colto il ramuscel felice, donde
Il crin vi cinse d' Aganippe il coro,
CARO! che 'n piuma candida e canoro
Spiegate al ciel sì vaghe ali e sì monde.

Voi solo, voi ne' Toschi accenti chiaro
Cigno maggiore, alto da noi volate,
Io negli stagni augel palustre imparo ;

Ma spero al volo intento, e al suon che fate, Dietro a voi solo, e di mill' altri a paro, Cantando intenerir l'aure beate.

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