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Tra facondi scrittor ministro eletto
A ravvivar di Clio l'estinta lampa,
A te gli strali altisonanti all'etra
Dalla Tosca faretra

Spingo, con quell'ardor ch' entro m'avvampa,
De' volgari cantor fuor dalla plebe,
Ora Sorga mirando, or Dirce e Tebe.

Invoco te, che con sì chiara luce L'ordin spiegasti e le fortune e i fati De' secoli passati,

E l'opre antiche e l' aureo lor costume

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Che cara all' alma riverenza induce.

Vedi larghi sgorgar fecondi rivi

Da puri fonti Argivi,

Lieti a mischiarsi col Toscano fiume

Nel corso unito sì, non più straniero :
Mira spiegar le Muse amici vanni
Sovra i dotti Britanni,

Fidate guide in non comun sentiero,
E de' lor sacri ingegni in nobil suolo
Drizzar sublime ed instancabil volo.

Ma qual sorger si vede Ombra sdegnosa Sull' afflitta sua Patria, oppressa e doma Da dura indegna soma

E dall'urto d'idee sfrenate e nove,

Con sua schiera immortal, trista e pensosa!
Piange LORENZO l'abbattuto soglio,
E spento il santo orgoglio

Sulla fucina affumicata, dove

(Non sazio ancor ) lo Dio dell'armi insano D'oro e di ferro a fabbricar già venne La consolar (a) bipenne,

Rotto lo scettro ; onde, al voler profano Del popol vincitor, Gange ed Egitto Fremendo udir' lo spaventoso editto.

L'odo da quella sua lira celeste
Note svegliar della dolcezza antica
Con diletta fatica,

E, a te volgendo il maestoso volto
Grate corde temprar non più funeste :

O mio leggiadro (ei grida ) almo sostegno, O del Mediceo regno,

Per te dal nero obblio mai sempre tolto,
Facondo difensor! fremeva indarno

Ne' Fièsolani chiostri il suon dell'armi
Tra rotti bronzi e marmi,

Astro sorgesti inaspettato all' Arno;
E già pel bujo lo chiaror discerno,
E delle Tosche glorie il germe eterno

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Accesi mira in sì raggiante torma Questi miei Genj alle bell' arti intenti Ed a' tuoi vaghi accenti;

Nella spogliata loro antica reggia

(a) Allude al Consolato di Bonaparte.

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Per te la lor virtù non fia che dorma,
(Per poco invan folgoreggiata a terra
Con si barbara guerra),

Ma risvegliata al ciel sorger si veggia.
L'alma, che il divo suo principio vide,
Ricchezze, dignità, cose mortali,

Beni caduchi e frali,

Non sprezza, no, ma lascia al mondo, e ride;
Altre palme aspettando in alto siede,
E di cetre immortal luce richiede.

Braman da te novelli onori e rari
Nel Vaticano lor l'elette Muse
Di lieta speme infuse,

E d'alti ingegni il concistorio antico,
Di grazia e di saper esempi chiari,
E' d'artefici illustri il coro ardente;
Vago, dolce, e possente

Sorride Raffaello in viso amico;

E la divina e fiera Ombra superba (a)
Segna di novo sua terribil via,
E giù dall' alto invia

Lampi, che forse a sè tua patria serba ;
Rischiara dunque alla mia Flora (b) il ciglio,
E del Padre l'onor rendi al gran Figlio,. (c).

(a) Michel-Angelo Buonaroti.

(b) Noue antico di Firenze.

(c) Accennando la tanto aspettata e bramata sup storia di Leon X.

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Da' gioghi Ascrei l'aura soave spira Risvegliatrice di sovrani ingegni

D'antica gloria degni:

Già lo splendor di Bergamo (a) t'invio, ( Nè a celebrarlo inv an forse altri aspira) A cui ne' cori eterni Apollo accorse,

E tanto onor gli porse

Che l'entrata maggior di Pindo aprìo.
Vedo co i due (b) gran Toschi 'l Savonese, (c)
E di Ferrara e di Sorrento (d) i lumi,
E lungo i noti fiumi

L'arpa aurata temprar sento il Pavese (e);
Par che ciascun s' accordi, e offrirti s'oda
Di facondia e di grazia augusta loda.

Vedi (ma non temer) in sè ravvolta, Già dell'arti la cuna, or fossa e tomba, Mentre fiammeggia e piomba

Anche sul cener suo straniero brando,
L'Italia oppressa, abbandonata, incolta;
Vedi con piume abbiette i cigni afflitti,
Desolati, trafitti,

E le sacre sorelle or messe in bando ;
Ma qui si posi il duol: l'alma contrada
Di morte non vedrà l'ultima sera,

(a) Tiraboschi. (b) Dante e Petrarca.

(c) Chiabrera.

(e) Alessandro Guidi.

(d) Ariosto e Tasso.

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Canzone a Guglielmo Roscoe

(Ben so la voce è vera )

Le stelle e l'aureo sol l'eterea strada

Apron di novo e d'atre nubi a scorno

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Non mai tramonterà d'Italia il giorno,, .

Qui tacque l'Ombra, e al suo sparir scoperse
Da nube accesa un bel raggiante Quadro
Di pennello leggiadro;

Di marmo e di diamante alta colonna
Con Tosche imprese e lettre ivi s'offerse,
E presso quella ergendo a braccio ignudo
Lancia, tridente, e scudo,

Sorgeva altera e maestosa Donna,

Ch'ora il suolo guardava ed ora il mare; E scolte di sua man su base eterna, (Sì che il mondo le scerna, )

Vi si leggeva in note ardenti e chiare, DELL'ITALIA AL SOSTEGNO! e udiasi intanto Or di Marte fragor, di Febo or canto.

Canzon, se mai quell' onorata riva
Vedi del fiume a te non caro indarno,
Salutala nel nome in cui ti fidi:
Sei di straniera cetra ardito suono

Ma pur d'amor sei dono ;

E se negletta giaci e ignota all' Arno,
T'è forse assai che del Tamigi ai lidi
Alzasti prima i trionfali gridi.

Londra, Marzo 1803.

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