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Levommi il mio pensier in parte ov' era Quella ch'io cerco, e non ritrovo in terra; Ivi fra lor, che 'l terzo cerchio serra,

La rividi più bella, e meno altera.

Per man mi prese, e disse: in questa sfera Sarai ancor meco, se'l desir non erra; I' son colei, che ti diè tanta guerra, E compie' mia giornata innanzi sera.

Mio ben non cape in intelletto umano : Te solo aspetto, e quel, che tanto amasti, E laggiuso è rimaso, il mio bel velo.

Deh, perchè tacque, ed allargò la mano? Ch'al suon de' detti sì pietosi e casti, Poco mancò ch'io non rimasi in cielo.

Comp. Lir. IV

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Amor, che meco al buon tempo si stavi Fra queste rive a' pensier nostri amiche E, per saldar le ragion nostre antiche, Meco e col fiume ragionando andavi:

Fior, frondi,erbe,ombre, antri,onde,aure soavi,
Valli chiuse, alti colli, e piagge apriche
Porto de l'amorose mie fatiche,
Delle fortune mie tante e sì gravi !

O vaghi abitator de' verdi boschi
O Ninfe, e voi che'l fresco erboso fondo
Del liquido cristallo alberga e pasce;

I miei dì fur sì chiari, or son sì foschi, Come morte, che 'l fa. Così nel mondo Sua ventura ha ciascun dal dì che nasce.

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Zeffiro torna, e'l bel tempo rimena E i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia. E garrir Progne, e pianger Filomena, E primavera candida e vermiglia:

Ridono i parti, e 'l ciel si rasserena; Giove s'allegra di mirar sua figlia; L'aria, e l'acqua, e la terra è d' amor piena; Ogni animal d'amar si riconsiglia .

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Ma per me lasso! tornano i più gravi Sospiri, che del cor profondo tragge Quella ch' al ciel se ne portò le chiavi ;

E cantar augelletti, e fiorir piagge, E 'n belle donne oneste atti soavi Sono un deserto, e fere aspre e selvagge.

Tranquillo porto avea mostrato Amore A la mia lunga e torbida tempesta, Fra gli anni dell'età matura e onesta, Che i vizj spoglia, e virtù veste e onore :

Già traluceva a' begli occhi'l mio core,
E l'alta fede non più lor molesta.
Ahi, Morte ria, come a schiantar se' presta
Il frutto di molt' anni in sì poche ore!

Pur vivendo veniasi, ove deposto
In quelle caste orecchie avrei parlando
De' miei dolci pensier l'antica soma;

Ed ella avrebbe a me forse risposto
Qualche santa parola sospirando,
Cangiati i volti e l'una e l'altra coma.

Sento l'aura mia antica, e i dolci colli Veggio apparir, onde il bet lume nacque Che tenne gli occhi miei, mentr'al ciel piacque, Bramosi e lieti; or li tien tristi e molli.

O caduche speranze! o pensier folli! Vedove l'erbe e torbide son l' acque ; E voto e freddo il nido in ch' ella giacque, Nel qual io vivo, e morto giacer volli:

Sperando al fin dalle soavi piante, E da'begli occhi suoi, che'l cor m'hann' arso, Riposo alcun de le fatiche tante .

Ho servito a Signor crudele e scarso; Ch' arsi, quanto il mio foco ebbi davante; Or vo piangendo il suo cenere sparso,

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