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nova Saffo, che col plettro d'oro

Fai così dolce risonar tua cetra,

Che non è pianta in selva, o in monte pietra, Che non corra al tuo stil dolce e canoro !

Beato a chi del sen dolce e decoro Vostro per grazia udir mai voce impetra, Voce che d' esta oscura valle e tetra Degua non è, ma del celeste coro.

Da ch' entrai al crudo aspro viaggio D'esta selva selvaggia alta d'Amore, Giammai non seppi che si fosse bene

Se non il dì, che tu ne desti saggio Co' dolci accenti tuoi, del tuo valore; Oh dolce modo a sminuir mie pene!

Comp. Lir. IV

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Ben s'allargaro il dì le pure vene, O bel Pegaso, delle tue chiar' onde, Che' buon Vivaldo nacque; ben le sponde Del su' ingegno saldar' tenaci arene;

Ben scinser sopra lui liete e serene L'Iddee quel sen ch'ogni savere infonde Ben li dieder pensier d' alte e profonde Cose e dolci aure per vestirli e amene

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Vedesti unque, Arno, uscir tanto valore Da un così giovin? non, ch'io creda; e raro Fra tener man sì ben lavor si scorge :

Nè chi l'arme sul Tebro, o chi l' amore Sulla Sorga descrisse, incominciaro Mostrar Settembre allor che l' April sorge.

A MESSER ANNIBAL CARO.

Vinse Anniballe, e mal seppe usar poi (Come disse Gisgon) la sua ventura ; Però scacciato dalle patrie mura

Mori, più che a i Romani, in odio a' suoi :

Questo, o caro Annibal, non fia di voi, Che colle streme doti di natura

Vincendo il mondo, tali han di voi cura Grazie, che caro v'han gli Afri e gli Eoi.

Ed i'l provo or, che col bel vostro e rare Stil che se ben son di modestia vinto, mi siete caro:

Mi siete dolce pur,

Con tal, due amici cuor lega, Amor, cinto, Che s'un più ch' altro il ciel fa bello e caro, Più gloria il vincitor non ha che'l vinto .

SERAFINO DA L'AQUILA .

Quando nascesti, Amor? Quando la terra Si rinveste di verde e bel colore.

Di che fosti creato? D' un ardore

Che ciò lascivo in sè rinchiude e serra.

Chi ti produsse a farmi tanta guerra?
Calda speranza e gelido timore.
Ove prima abitasti? In gentil core,
Che sotto al mio valor presto s'atterra

Chi fu la tua nutrice? Giovinezza,
E le sue serve accolte a lei d'intorno,
Leggiadria, Vanità, Pompa, e Bellezza.

Di che ti pasci? D'un guardar adorno: Non può contro di te morte o vecchiezza? No: ch'io rinasco mille volte il giorno.

ANTONIO TEBALDEO.

Ben fosti in Cipro colta nel giardino D'Amor, o in quel di Giove a non lontano, Rosa gentil, che 'n questo nostro piano Si bel fior non si coglie d' alcun spino.

Io ch'era alla mia morte già vicino, Poichè a me ti mandò la bella mano 2 All' odor tuo son fatto in parte sano; Mover non mi potea, ch' ora cammino.

Ma di una cosa prendi maraviglia, Che già pallida secca e smorta sei, Chi dianzi eri sì vaga e sì vermiglia :

Torna a Madonna, e di piangendo a lei, Che sua bellezza al tuo stato somiglia, E che al suo ben proveda e a' martir miei.

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