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Pretermessa una parte della solita descrizione degli stati di Filippo II, che nulla aggiunge d'importante a quanto intorno ad essi viene copiosamente discorso da molti precedenti ambasciatori, ne riportiamo quanto si riferisce al nuovo acquisto di Portogallo, e alla condizione delle Fiandre, seguitando poi integralmente la Relazione sino alla fine.

Il regno di Portogallo, situato nell'ultima parte di Spagna, si divide in due provincie, Portogallo e Algarve, ed è da farne gran conto per esser comodo ed attissimo a tutte le navigazioni, e oggidì è fatto assai più considerabile per esser aggiunto alla corona di Spagna. Apporta questo regno grandissima comodità al re, perchè mediante esso viene ad unire tutta la Spagna, le Indie Orientali con le Occidentali, e a farsi padrone di tutte quelle navigazioni, aprendosi la strada ad imprese assai maggiori e più gloriose. Il clero è onestamente ricco, e vi sono tredici vescovati ed altri benefizj tutti a disposizione del re; ma l'esser esso clero esente d'ogni gravezza, e temendo d'esser fatto soggetto come quello di Castiglia, è stato causa di renderlo tanto contrario al re Cattolico appunto come se fosse stato re Moro; a tal che i confessori e predicatori per zelo di religione movevano il popolo, e si come gli animi de' portoghesi erano malissimo affetti verso gli spagnuoli, così fu facile far tale impressione che non si potrà rimoverla se non in progresso di tempo. Vi sono anco in Portogallo tre ordini di cavalieri come in Spagna (1) con commende assai ricche, e più un ordine proprio di Portogallo

1. Di Avis, San Giacomo e San Michele,

detto di Cristo (1). Le commende sono tutte del re, eccetto quelle che appartengono al duca di Braganza. I signori sono: due duchi, un marchese, e dodici conti, tutti onestamente ricchi ma con poca giurisdizione. Il popolo non è molto, perche fuor di Lisbona il resto è poco abitato, e n'è causa la copia delle genti ch' esce per l'India, delle quali poche ritornano, o sia per la lontananza, o pure perchè facilmente gli uomini s'accomodano al meglio. Fra il popolo si contano i discendenti di ebrei fatti cristiani, de' quali quel regno è pieno, e che diciamo noi Marrani. Questi son molto soggetti all' offizio dell' inquisizione, che li castiga d'ordinario nella roba, e con ragione, perchè nelle mani di questi stan le maggiori ricchezze di Portogallo. E nelle ultime corti che si tennero in quel regno, fu S. M. ricercata che fosse ordinato per decreto che quei tali fossero per sempre esclusi da ogni benefizio ecclesiastico e secolare; e speravan al sicuro d' ottenerlo, perchè costoro fecero la guerra al re Cattolico in Portogallo, servendo con le facoltà e con le persone a don Antonio, C gliela fanno anco ora servendo di spie e con denari. Ma S. M. non volle assentire, sperando con la benignità di poterli ridurre all' obbedienza meglio che con la severità che contro d'essi usavano i re passati di Portogallo; e spera per ventura che questi tali le abbiano a servire in qualche tempo di contrappeso contro la nobiltà, che le è inimicissima. Per ordinario in Portogallo vi è carestia, poichè il paese non produce vivere per tre mesi, ma di Castiglia ne vien somministrata qualche parte, e per via di mare si supplisce alle loro necessità, perchè di Francia, Germania, e sin di Svezia e Danzica, vengono portati frumenti e viveri; ed all'incontro estraggono spezierie e sali, de' quali quel regno abbonda. Vi è anco gran mancamento di denari perchè non hanno miniere; ma ora che vi si tiene tanto presidio, si fabbricano fortezze, e si mandano fuori armate, il denaro corre assai, e il popolo di Lisbona arricchisce. Ma è così male affetto verso i casti

1) Dice questo proprio di Portogallo perché gli altri tre avevano origine comune con quelli di San Jago ed Alcantara di Spagna.

gliani, che non confesserà mai nè questo nè altro benefizio che gliene risulti.

La sicurtà, che può avere S. M. da quel regno, non dipende già dall'animo de' Portoghesi, che son tutti mal intenzionati, ma dal non aver essi capo per guidar un'impresa, nè uomini, nè armi, nè viveri, nè capacità per far riuscir cosa importante. Il clero è mal affetto; ma S. M. se n'è in parte assicurata con aver cacciati molti capi di frati ed altri religiosi, o fattili secretamente affogar nel porto. E Sua Santità, coll' aver conceduta per due anni la legazione al cardinale arciduca nepote di S. M. (1), viene ad averla assicurata affatto, perchè l'autorità ecclesiastica e secolare viene indifferentemente ad esser in mano del re e dipender da esso, с se ne può servir come più gli piace; onde questa legazione viene ad assicurarlo da tutti. La nobiltà di Portogallo pretende tutta d'esser benemerita del re, alcuni perchè, avendo lasciato di seguire le parti di don Antonio e di Braganza, sono andati volontariamente a riconoscer ed obbedir la sua giustizia; altri per esser stati sempre neutrali, e molti per aver seguita la parte di S. M. Gli ambasciatori della quale, nell' interregno, diedero più di 300 cedole firmate di mano del re con diverse promesse a tutti in generale et etiam in particolare, alle quali S. M. ha detto di soddisfare parte con effetti e parte con promesse de' maggiori benefizj; ma non sono già restati contenti, perchè a soddisfare alle voglie e pretensioni loro non sariano bastati tre regni di Portogallo. Il popolo dovrebbe il re in parte averselo concitato favorevole con avervi introdotto la giustizia, la quale ne' tempi passati non è stata mai per loro, poichè la nobiltà teneva tutti per soggetti come schiavi negri. Ma mentre don Antonio avrà vita, non potrà mai lasciar quel popolo di averlo in onore, e il re di non dubitar di qualche alterazione di quel regno, perchè egli è il solo maschio discendente della casa reale di Portogallo, se ben bastardo; ma altre volte i bastardi maschi sono stati an

(1 L'arciduca Alberto era stato fatto cardinaie il 4 marzo 1577. Lo vedremo poi nel 98 deporre la porpora per sposar l'infanta Isabella, che gli portava in dote le Fiandre.

teposti alle donne legittime nella successione alla corona. E esso don Antonio è dotato di quelle virtù popolari che son proprie ed attissime ad acquistar la volontà di tutti, che sono l'umanità, l'affabilità e la liberalità; e queste virtù sono veramente sue proprie (1).

Per la difesa del regno, il re ha fabbricato due fortezze, l'una alla bocca del porto di Lisbona, dove sono alcune secche che fan canale; questa soleva essere una torre, e S. M. l'ha fatta cingere di baluardi, e per la parte di mare è assai forte, ma da terra è battuta da un colle che le sta vicino. L'altra fortezza è all'entrata del porto di Setubal, posta in un alto che non guarda il porto nè batte la terra. È quello un porto bellissimo caricatore di sali; la fortezza è in forma di cinque punte in cambio di cinque baluardi ; è molto picciola, come è anco quella di Lisbona, si che in tempo de' maggiori bisogni 200 fanti basteranno a guardar ciascuna di esse. L'ingegnero è stato il Fratina milanese assai favorito da S. M., e che ha guadagnato la sua grazia con due mezzi, la prestezza e il risparmio. Io non le ho vedute. Per compita sicurtà di quel regno saria necessario quello che men conviene a S. M., ch'essa vi si fermasse alquanti anni per provar con la presenza di guadagnar gli animi di quei popoli, ma questo sarebbe abbandonar quasi gli altri suoi stati, come la M. S. mi disse un giorno in Portogallo.

L'entrate del regno ascendono ad un milione in circa, ma si trovano quasi tutte impegnate per debiti contratti dal re don Sebastiano, onde al presente S. M. ne cava poco. Ha ben ella speso grandemente in quella guerra, e nell'impresa della Terzera, ed ha lasciato in Lisbona un deposito di un milione per occorrenze che d'improvviso potessero nascere, oltra di che ha speso finora in fabbriche di fortezze, presidj, armate per guardar quelle coste, e ministri, intorno a un milione l'anno. Dicono ben alcuni che in breve S. M. potrà accrescerc molto quelle entrate, poichè i popoli non sono punto aggravati se non del dazio di 25 per cento delle robe

1 Don Antonio di Crato, dopo aver dovuto abbandonar le Terzeire nel 1583. paro in Inghilterra ed in Francia, dove inori nel 1595.

forestiere che entrano nel regno. Il qual dazio se ben è pagato da' forestieri, viene però a particolar maleficio dei sudditi ; ma S. M. lo manterrà per provvedere alla difesa di quel regno senza tanto suo interesse. E il pretesto saria giusto, se ben contrario ai privilegi di quel regno giurati da S. M. nelle corti; ma essa pretende goder del beneficio dei regni conquistati, e per tale tiene questo, e così vuol che si dica, più tosto che ereditato, perchè così se le accresce l'autorità e la gloria, mentre all'incontro le scemeria l'una e l'altra.

Gli spagnuoli non hanno avuto molto per bene che sia mancata la propria linea de' re di Portogallo, perchè quello era un rifugio in occasione di bandi e contumacie loro, onde converranno ora ritirarsi in Francia per lo più; e dicono che meglio sarebbe stato conservar quel regno, che era per sè stesso debole e quasi soggetto, che impadronirsene, massime che S. M. difficilmente potrà esser padrona della volontà dei sudditi, e non si sarebbe essa concitato l'odio degli altri principi cristiani per aver accresciuto tanto il suo impero. Ma dovendo quel regno cader in altri per mancamento di re proprio, non poteva S. M. far di meno di non se ne impadronire, avendovi massimamente tanta ragione per consanguineità e per confine. Considerano ancora che il re avventurò molto nella guerra navale seguita nel 1582 all'isola di San Michele, perchè è stato miracolo che 28 navi abbiano combattute e fugate 60 francesi, benchè se non si prendeva la nave capitana con lo Strozzi e quegli altri principali (1), non si sarebbe manco contata per vittoria; la quale poi sarebbe stata segnalatissima se don Antonio non si fusse fuggito la quinta volta; e in questo del fuggire pare che consista la sua fortuna. Ma se avesse Dio permesso che le 28 navi fossero state le prese, e le 60 le vincitrici, come poteva esser facilmente, e i francesi si fossero voltati a Portogallo, l'avriano ritrovato molto

(1, Filippo figlio del maresciallo Piero Strozzi comandava la flotta francese allestita sotto specie di venturieri, ma in effetto coi sussidj di Caterina de' Medici, in aiuto di don Antonio. Ferito mortalmente e caduto in mano dell' ammiraglio spagnuolo Santa Croce, costui lo fece a dirittura gettare in mare, e parte impiccare c parte decapitare tutti gli altri francesi che avevan preso parte alla spedizione. Ciò fu a' 26 di luglio del 1582.

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