Susurravano ancora Dal tocco di tua destra, o sfortunato Del tedio che n' affoga. Oh te beato, Ma tua vita era allor con gli astri e il mare, Ligure ardita prole, Quand' olire alle colonne, ed oltre ai liti, Cui strider l' onde all' attuffar del sole Parve udir su la sera (2), agl' infiniti Che nasce allor ch' ai nostri è giunto al fondo; Ignota immensa terra al tuo viaggio Fu gloria, e del ritorno Ai rischi. Ahi ahi, ma conosciuto il mondo D'ignoti abitatori, o del diurno E figurato è il mondo in breve carta; O caro immaginar; da te s' apparta E il conforto peri de' nostri affanni. Canlor vago dell' arme e degli amori, Nova speme d' Italia. O torri, o celle, O giardini, o palagi! a voi pensando, La mente mia. Di vanità, di belle Si componea i'umana vita: in bando Li cacciammo: or che resta? or poi che il verde È spogliato alle cose? II certo e solo Veder che lutto è vano altro che il duolo. O Torquato, o Torquato, a noi i'eccelsa A te, non altro, preparava il cielo. Non valse a consolarti o a sciorre il gelo Livor privato e de' tiranni. Amore, Inabitata piaggia. Al tardo onore (4) Chi nostro mal conobbe, e non ghirlanda. Torna torna fra noi, sorgi dal muto E sconsolato avello, Se d'angoscia sei vago, o miserando Se, fuor che di se stesso, altri non cura? Chi stolto non direbbe il tuo mortale Affanno anche oggidì, se il grande e il raro Ha nome di follia; Né livor più, ma ben di lui più dura La noncuranza avviene ai sommi? o quale, Da te fino a quest' ora uom non è sorto, O sventurato ingegno, Pari all'italo nome, altro ch' un solo, Venne nel petto; onde privato, inerme, E questo vano campo all' ire inferme Trasse la vita intera, E morte Io scampò dal veder peggio. Da mediocrità: sceso il sapiente E salita è la turba a un sol confine, Che il mondo agguaglia. O scopritor famoso, Segui; risveglia i morti, Poi che dormono i vivi; arma le spente IV. NELLE NOZZE DELLA SORELLA PAOLINA. Poi che del patrio nido I silenzi lasciando, e le beate Larve e l'antico error, celeste dono, Ch' abbella agli occhi tuoi quest' ermo lido, Te nella polve della vita e il suono Tragge il destin; l' obbrobriosa etate Che il duro cielo a noi prescrisse impara, Sorella mia, che in gravi E luttuosi tempi V infelice famiglia all' infelice Italia accrescerai. Di forti esempi Al tuo sangue provvedi. Aure soavi All' umana virtude, Nè pura in gracil petto alma si chiude. Figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso Acquista oggi chi nasce il moto e il senso. Che di fortuna amici Non crescano i tuoi figli, e non di vile Timor gioco o di speme: onde felici Sarete detti nell' età futura: Poiché (nefando stile Di schiatta ignava e finta) Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta. La patria aspetta; e non in danno e scorno E il forte adopra e pensa; e quanto il giorno Io chieggo a voi. La santa Fiamma di gioventù dunque si spegne E di nervi e di polpe Scemo il valor natio, son vostre colpe? Ad atti egregi è sprone Amor, chi ben l' estima, e d'alto affetto O verginette, a voi Chi de' perigli è schivo, e quei che indegno È della patria e che sue brame e suoi Volgari affetti in basso loco pose, Odio mova e disdegno; Se nel femmineo core D' uomini ardea, non di fanciulle, amore. V' incresca esser nomate. I danni e il pianto La stirpe vostra, e quel che pregia e cole La vergognosa età, condanni e sprezzi; Cresca alla patria, e gli alti gesti, e quanto Agli avi suoi deggia la terra impari. |