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NOTE.

Pag. 151. (1) Erodoto, lib. 5, cap. 4. Strabone, lib. 14, edit. Casaub. pag. 519. Mela, lib, 2. cap. 2. Antologia greca, ed. H. Steph. p. 16. Coricio sofista, Orat. fan. in Procop. gaz. cap. 35, ap. Fabric. Bibl. Graec. ed vet. vol. 8, p. 859.

Pag. 164. (2) Con lutto che Atlante il più delle volte sia detto sostenere il cielo, vedesi nondimeno nel primo libro dell' Odissea, vers. 52 e seguenti, e nel Prometeo d'Eschilo, v. 347 e seguenti, che dagli antichi si fingeva eziandio che egli sostenes se la terra.

109.

Pag. 165. (3) Plinio, lib. 7, cap. 52. Diogene Laerzio, lib. 1, segm. Apollonio, Hist. commentit, cap. 1. Varrone, de Ling. lat. lib. 7. Plutarco, an seni gerenda sit respub. opp. ed. Francof. 1620, tom. 2, p. 784. Tertulliano, de Anima cap. 44. Pausania, lib. 1. cap. 10, ed. Kuhn. p. 35. Appendice vaticana dei Proverbi, centur. 3, proverb. 97. Suida, voc. Επιμενίδης. Luciano, Timon. opp. ed. Amstel. 1687, tom. 1, pag. 69.

Pag. 165. (4) Apollonio, Hist. commentit, cap. 3. Plinio, lib. 7, cap. 52. Tertulliano de Anima cap. 44. Luciano, Encom. Muse. opp. tom. 2, pag. 376. Origene, contra Cels. lib. 3, cap. 32.

Pag. 170. (5) In proposito di quest'uso, il quale è comune a molti popoli barbari, di trasfigurare a forza le teste; è notabile un luogo d' Ippocrate, de Aere, Aquis et Locis, opp. ed. Mercurial. class. 1, pag. 29, sopra una nazione del Ponto, detta dei Macrocefali, cioè Teslelunghe; i quali ebbero per usanza di costringere le teste dei bambini in maniera, che elle riuscissero più lunghe che si potesse: e trascurata poi questa pratica, nondimeno i loro bambini nascevano colla testa lunga perchè, dice Ippocrate, cosi erano i genitori,

:

Pag. 176. (6) Vedi il Vert-vert del Gresset.

Pag. 183. (7) Sus vero quid habel praeter escam? cui quidem, ne putisceret, animam ipsam, prò sale, datam dicit esse Chrysippus. Cicerone, dr Nat. Deor. lib. 2, cap. 64.

Pag. 185. (8) Citta favolosa, delta altrimenti El-Dorado, la quale immaginarono gli Spagnuoli, e la credettero essere nell'America meridionale, tra il fiume dell' Orenoco e quel delle Amazzoni. Vedi i geografi.

Pag. 198. (9) Vedi nelle gazzette tedesche del mese di marzo del 1824 le scoperte attribuite al sig. Gruithuisen.

Pag. 198. (10) Vedi Macrobio, Saturnal. lib. 3, cap. 8. Tertulliano, Apo

LEOPARDI.

1.

27

loget. cap. 15. Era onorala la luna anche sotto nome maschile, cioè del dio Luno. Sparziano, Caracall. cap. G et 7. Ed anche oggi nelle lingue teutoniche il nome della luna è del genere del maschio.

Pag. 198. (11) Menandro reltorico, lib. 1, cap. 15. in Rhetor. gracc. veter. A. Manut. vol. 1, pag. 604. Meursio, ad Lycophron. Alexandr. opp. ed. Lamii, vol. 5, col. 951.

Pag. 199. (12) Ateneo, lib. 2, ed. Casaub. pag. 57.

Pag. 199. (13) Antonio di Ulloa. Vedi Carli, Lettere Americane, par. 4, lett. 7, opp. Milano 1784, tom. 14, pag. 313 e seguente; e le Memor. encicloped. dell' anno 1781, compilate dalla Società letterar. di Bologna, pag. G c seguente.

Pag. 199. (14) That the moon is mode of green cheese. Si dice in proverbio di quelli che danno ad intendere cose incredibili.

Pag. 199. (15) Vedi gli astronomi dove parlano di quella luce, delta opaca o cenerognola, che si vede nella parte oscura del disco lunare al tempo della luna

nuova.

cap.

Pag. 205. (16) Plinio, lib. 46, cap. 30; lib. 2, cap. 55. Svetonio, Tiber. 69.

Pag. 208. (17) Voglio recare qui un luogo poco piacevole veramente c poco gentile per la materia, ma pure molto curioso da leggere, per quella tal forma di dire naturalissima, che l'autore usa. Questi è un Pietro di Cieza, spagnuolo, vissuto al tempo delle prime scoperte e conquiste fatte da'suoi nazionali in America, nella quale militò, e stettevi diciassette anni. Della sua veracità e fede nelle narrative sì può vedere la prima nota del Robertson al sesto libro della Storia d'America. Riduco le parole all'ortografìa moderna. « La segunda vez que volvimos por aquellos valles, cuando la ciudad de Antiocha fué poblada en las sierras que están por encima dellos, oi decir, que los señores ó caciques destos valles de Nore buscaban por las tierras de sus enemigos todas lar mugeres que podian; las guales traidas á sus casas, usaban con ellas como con las suyas propriasj y si se empreñaban dellos, los hijos que nacían los criaban con mucho regalo, hasta que habían doce ó trece años; y desta edad, estando bien gordos, los comían con gran sabor, sin mirar que eran su substancia y carne propria: y desta manera tenien mugeres para solamente engendrar hijos en ellas para después comer; pecado mayor que todos los que ellos hacen. Y haceme tener por cierto lo que digo, ver lo que paso con el licenciado Juan de Vadillo (que en este año está en Espana; y si le preguntan lo que digo dirá ser verdad): y es, que la primera vez que entraron Christianos españoles en estos valles, que fuimos yo y mis compañeros, vino de paz un señorete, que había por nombre Nabonuco, y traía consigo tres mugeres; y viniendo la noche, las dos dellas se echaron à la larga encima de un tapete ó estera, y la otra atravesada para servir de almohada; y el Indio se echo encima de los cuerpos dellas, muy tendido; y tomó de la mano otra muger hermosa, que quedaba atrás con otra gente suya, que luego vino. Y como el licenciado Juan de Vadillo le viese de aquella suerte, preguntóle que para qué había traido aquella muger que tenia de la mano: y mirandolo al rostro el Indio, respondió mansamente, qur para comerlaj y que si él no hubiera venido, lo hubiera yá hecho. Vadillo. oido esto, mostrando espantarse, le dijo: ¿ pues como, siendo tu muger, la has de comer? El cacique, alzando la voz, tornò á responder diciendo: mira

ό

mira; y aun al hijo que pariere tengo tambien de comer, Esto que he dicho, paso en el valle de Nore; y en èl de Guaca, que es èl que dije quedar atras, oi decir a este licenciado Vadillo algunas vezes, como supo por dicho de algunos Indios viejos, por las lenguas que traiamos, que cuando los naturales dèl iban á la guerra, a los Indios que prendian en ella, hacìan sus esclavos; a los quales casaban con sus parientas y vecinas; y los hijos que habian en ellas oquellos esclavos, los comian: y que despues que los mismos esclavos eran muy viejos, y sin potencìa para engendrar, los comian tambien á ellos. Y á la verdad, como estos Indios no tenian fè, ni conoscian al demonio, que tales pecados les hacia hacer, cuan malo y perverso era; no me espanto dello: porque hacer esto, mas lo tenian ellos por valentia, que por pecado." Parte primera de la Chronica del Péru hecha por Pedro de Cieza, cap. 12, ed. de Anvers 1554, hoja 30 y siguiente.

Pag. 208. (18) « Le nombre des indigènes indèpendans qui habitent les deux Amèriques decroìt annuellement. On en comple encore environ 500,00U au nord et à l'ouest des Etats-Unis, et 400,000 au sud des rèpubliques de Rio de la Piata et du Chili. C'est moins aux guerres qu'ils ont à soutenir contre les gouvernemens amèricains, qu a leur funeste passion pour les liqueurs Jortes et aux combats d'extermination qu'ils se livrent entr'eux, que l on doit attribuer leur dècroissement rapide. Ils portent à un tei point ces deux exces, que l'on peut prèdire, avec certitude, qu'avant un siècle ils auront completement disparu de cette partie du globe. L'ouvrage de M. Schoolcraft (intitolato, Travels in the central portions of the Mississipi volley; pubblicato a New-York, l'anno 1825) est plein de dètails curieux sur ces propriètaires primitifs du Nouveau-Monde; il devra étre d'autant plus recherchè, que c'est, pour ainsi dire, l'histoire de la derniere pèriode d'existence d'un peuple qui va s'éteindye." Revue Encyclopédique, tom. 28, novembre 1825, pag. 444.

Pag. 213. (19) Questo fatto è vero.

Pag. 214. (20) Famose voci di Archimede, quando egli ebbe trovato la via di conoscere il furto fatto dall'artefice nel fabbricare la corona votiva del re Ge

rone.

Pag. 2l4 (21) I desiderosi di quest' arte potranno in effetto, non so se apprenderla, ma studiarla certamente in diversi libri, non meno moderni che antichi: come, per modo di esempio, nelle Lezioni dell'arte di prolungare la vita umana scritte ai nostri tempi in tedesco dal signor Hufeland, state anco volgarizzate e stanipate in Italia. Nuova maniera di adulazione fu quella di un Tommaso Giannotti medico da Ravenna, detto per soprannome il filologo, e stato famoso a' suoi tempi; il quale nell'anno 1550 scrisse a Giulio terzo, assunto in quello slesso anno al pontificato, un libro de vita hominis ultra CXX annos protrahenda, molto a proposito dei Papi, come quelli che quando incominciano a regnare, sogliono essere di eia grande. Sarebbe libro da ridere, se non fosse oscurissimo. Dice il medico, averlo scritto a fine principalmente di prolungare la vita al nuovo Pontefice, necessaria al mondo; confortato anche à scriverlo da due Cardinali, desiderosi oltremodo dello stesso effetto. Nella dedicatoria, vives igitur, dice, beatissime pater, ni fallor, diutissime. E nel corpo dell' opera, avendo cercato in un capitolo intero cur Pontificum supremorum nullus ad Petri annos pervenerit, ne intitola un altro in questo modo: Julius III papa videbit annos Petri et ultra; huius libri, prò longaeva hominis vita ac Christianae

Ma il Papa mori cinque anni il medico prova che se egli per caso

religionis commodo, immensa utilitate. appresso, in eta di sessantasette. Quanto a se, non passera o non tocchera il centoventesimo anno dell' età sua, non sarà sua colpa, i suoi precelti non si dovranno disprezzare per questo. Si conchiude il libro con una ricetta intitolata, lulii III vitae longaevae ac semper sanae consiliam.

Pag. 216. (22) Vedi Luciano, Dial. Menip. et Chiron. opp. tom. 1, pag. 514.

Pag. 216. (23) Pindaro, Pyth. od. 10, v. 46 et seqq. Strabone, lib. 15, p. 710 et seqq. Mela, lib. 3, cap. 5. Plinio, lib. 4, cap. 12 in fine. Pag. 217. (24) Plinio, lib. 6, cap. 30; lib. 7, cap. 2. Arriano, Indic.

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Pag. 219. (25) Lettres philosophiques, let. 11.
Pag. 219. (26) Snida voc. Aɛuz

pépa.

Pag. 221. (27) Ebbe Torquato Tasso, nel tempo dell'infermità della sua mente, un'opinione simile a quella famosa di Socrate; cioè credette vedere di tratto in tratlo uno spirito buono ed amico, e avere con esso lui molli e lunghi ragionamenti. Così leggiamo nella vita del Tasso descritta dal Manso: il quale si trovò presente a uno di questi o colloqui o soliloqui che noi li vogliamo chia

mare.

Pag. 223. (28) Apollonio, Hist. commentit. cap. 46. Cicerone, de Divinai, lib. 1, cap. 30; lib. 2, cap. 58. Plinio, lib. 18, cap. 12. Plutarco, Convival. Quaestion. lib. 8, quaest. 10, opp. tom. 2, p. 734. Dioscoride, de Materia Medica lib. 2, cap.

127.

Pag. 224. (29) Meursio, Exercitat. critic. par. 2, lib. 2, cap. 19, opp. vol. 5, col. 662.

Pag. 230. (30) Camoens, Lusìad. canto 5.

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Pag. 234. (31) Seneca, Naturai. Quaestion. lib. 6, cap. 2.

Pag. 241. (32) Pausania, lib. 2, cap. 20, pag. 157.

Pag. 243. (33) lib. 1, ed. di Milano 1803, vol. 1, pag. 19.

Pag. 255. (34) Montesquieu, Fragment sur le Gout: de la sensibilitè.

Pag. 269. (35) Povera e nuda vai, filosofia. Petrarca, parte 4, son. A. La gola e 'l sonno.

pag.

Pag. 269. (36) De Senect. cap. 23.

Pag. 270. (37) Appresso a Stobeo, ed. Gesner. Tigur. 1559, serm. 96, 529.

Pag. 271. (38) Somn. Scip. cap. 7.

Pag. 276. (39) Vedi, tra gli altri, circa queste famose mummie, che in linguaggio scientifico si direbbero preparazioni anatomiche, il Footenelle, Éloge de mons. Ruysch.

Pag. 277. (40) Lo studio del Ruysch fu visitato due volte dallo Caar Pietro primo: il quale poi, comperato, lo fece condurre a Pietroburgo.

Pag. 278. (41) Il mezzo usato dal Ruysch a conservare i cadaveri, furono le iniezioni di una certa materia composta da esso, la quale faceva effètti maravigliosi.

Pag. 282. (42) De Senect. cap. 7.

Pag. 291. (43) Oeconom. cap. 20, § 23.

Pag. 299. (44) Cap. 6.

Pag. 306. (45) Lib. 1, segm. 69.

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